Il SI’ èIENO DI CRISTO

«Gesù Cristo non fu “sì” e “no”, ma in Lui vi fu il “sì”» (2Cor 1,19). Dopo l’esordio che sottolinea la comunicazione vicendevole e sottolinea il vincolo indistruttibile ed una comunione inscindibile che lo unisce ai Corinti, Paolo fa un’apologia appellandosi alla sua coscienza per salvaguardare l’autorevolezza con la quale si è comportato con loro. La serietà è stata sempre coerenza, senza dare adito a fraintendimenti dal momento che quanto ha deciso non dipende dalla carne, cioè dalla sua volontà umana, ma dal progetto di Dio. Appellandosi alla fedeltà di Dio, Egli difende la sua parola nella sua chiarezza e nel fine ultimo del bene, evitando il “sì” o il “no”, salvaguardando la verità ed evitando qualsiasi forma di menzogna. Fa pertanto riferimento a Gesù Cristo la cui identità ed il cui linguaggio non furono “sì” e “no”, ma solamente “sì”. L’oggetto della predicazione sua e di Timoteo rispecchia proprio questa chiarezza della verità, proprio come Gesù Cristo che è il “sì” al Padre ed alle promesse da Lui fatte al popolo santo nel corso della sua storia. Come Cristo ha compiuto il volere del Padre divenendo Egli stesso un “sì” perenne, così anche Paolo ora diventa un «amen», cioè un «così sia» nel compimento della sua missione di apostolo per dare gloria a Dio. E con Lui anche la comunità cristiana. Questi concetti di alto profilo teologico e relative esperienze si ripercuotono anche oggi nei cristiani e nelle comunità, dove la coerenza è talora fluttuante ed accomodante al partito più conveniente, nascondendo un “no” e menzogne velate dietro apparenti verità. P. Angelo Sardone

L’arcangelo Raffaele

«Coloro che commettono il peccato e l’ingiustizia sono nemici di se stessi» (Tb 12,10). Terminate le feste nuziali, Tobi raccomanda al figlio Tobia di ricompensare in maniera adeguata il compagno di viaggio, donandogli la metà dei beni riportati dalla Media. Essi sono ignari che si tratti di un angelo e non di un accompagnatore comune. Ci pensa lo stesso Raffaele a dichiarare la sua entità chiamandoli tutti e due in disparte e parlando loro apertamente. È uno dei sette angeli che stanno sempre al cospetto del Signore e sono pronti ad ogni suo cenno. Il suo insegnamento è molto eloquente. Li invita a benedire Dio, a fare conoscere a tutti le opere di Dio e a ringraziarlo, a fare sempre il bene per avere la garanzia di non essere colpiti dal male, a pregare con il digiuno, l’elemosina e la giustizia. Coloro che fanno l’elemosina, infatti, hanno lunga vita perché questo gesto di carità salva dalla morte e purifica dal peccato. L’attestato della preghiera comune di Tobia e Sara è presentato a Dio proprio dagli Angeli, valenti intercessori, come l’azione del seppellire i morti da parte di Tobi. L’amore per se stessi porta ad evitare di compiere il male e l’ingiustizia perché questi atti nuocciono al bene personale e comunitario. La presenza degli angeli nella vita dei cristiani deve essere ben compresa ed accolta. Oggi sembra prevalere una mania pericolosa di devozionismo verso gli angeli, attestata da comportamenti pseudo-religiosi che si intersecano facilmente con devozione e superstizione, richiesta di grazie e vita in peccato, tradendo la vera identità e funzione di questi spiriti celesti che sono accanto all’uomo non per loro iniziativa ma per volontà di Dio che tutto volge al bene. P. Angelo Sardone

L’intervento di Dio sempre nelle cose umane

«Benedetto Dio! Benedetto il suo santo Nome! Benedetti tutti i suoi Angeli santi» (Tb 11,14). Celebrate felicemente le nozze e ripreso il denaro dal creditore del padre, Tobia e Sara unitamente all’angelo Raffaele ed al cane che li aveva accompagnati lungo tutto il viaggio, si incamminano per Ninive. Con grande gioia la madre di Tobia corre loro incontro piangendo e li abbraccia. Una volta in casa, seguendo le indicazioni dell’Angelo, Tobia soffia sugli occhi spenti di suo padre, vi spalma il fiele del pesce e distacca con le mani come delle scaglie bianche dai margini degli occhi. Tobi finalmente vede il figlio, gli si getta al collo piangendo e prorompe in un cantico di benedizione. Nella comune gioia è contagiato anche Tobia che inneggia con tutta la voce che aveva ed informa il padre della buona riuscita del viaggio e della sposa Sara. Questa ennesima preghiera manifesta ed esemplifica la devozione giudaica e sottolinea come la vita che pratica le virtù è salvaguardata anche dinanzi alle sventure ed è consigliata a chi vuole vivere per questo sentiero. L’uomo giusto che soffre le persecuzioni e le ingiustizie viene premiato da Dio. Il senso vivo della famiglia viene qui esaltato insieme con la nozione alta del matrimonio, l’invito a riconoscere la provvidenza divina che corre in aiuto ad ogni necessità e la vicinanza di Dio sempre attento e compassionevole. La bellezza delle parole di benedizione sulle labbra contrasta, soprattutto oggi, con la facilità con la quale si bestemmia il Nome di Dio o si usa un linguaggio scurrile e volgare che fiorisce sulle labbra di tanti, piccoli e grandi, in nome della modernità che tante volte è autentica stupidità. P. Angelo Sardone

Novena a S. Antonio di Padova, celeste rogazionista

Domani 4 giugno comincia la Novena in onore di S. Antonio di Padova. Sono lieto di condividere giornalmente lo schema di preghiera attingendo dagli Scritti di S. Annibale M. Di Francia, autentico apostolo antoniano. Spero che il sussidio sia facilmente condiviso con altri contatti, nell’intento di sviluppare una crescente devozione verso il “Santo di tutto il mondo”. P. Angelo Sardone

Le nozze di Sara e Tobia

«Sorella, àlzati! Preghiamo e domandiamo al Signore nostro che ci dia grazia e salvezza» (Tb 8,4). La storia drammatica di Sara figlia di Raguele si risolve positivamente con l’intervento del Signore. L’angelo Raffaele era stato da Lui inviato per farsi compagno di Tobia nel viaggio verso la Media dove andare a riscuotere un beneficio del padre Tobi. Il Signore gli riserva un beneficio molto più grande, la mano di Sara, figlia di un suo parente, vessata dal demonio, che sarà richiesta in moglie e sarà liberata proprio attraverso la mediazione di Raffaele. Raguele gliela concede in moglie dopo averlo avvertito della sorte   capitata ai sette mariti che aveva avuto e cioè la loro morte il giorno stesso del matrimonio. Viene steso un regolare atto di matrimonio e preparata la camera nuziale non senza la viva preoccupazione ed il pianto da parte della madre di lei. Ricordandosi di quanto gli aveva detto Raffaele, Tobia estrae dal suo sacco il fegato ed il cuore del pesce che lungo il viaggio avevano pescato e che l’angelo gli aveva fatto conservare perché facendo suffumigi davanti ad una persona invasata dal demonio avrebbe procurato la cessazione delle vessazioni, e li pone sulla brace dell’incenso. In quel momento cessarono le vessazioni diaboliche. Insieme poi pregarono con un canto di benedizione e di lode al Signore, consapevoli di usare della misericordia di Dio per poter giungere felicemente alla vecchiaia. La dichiarazione di Tobia di prendere in sposa Sara senza lussuria ma con purità di intenzione e la preghiera ricca di riferimenti biblici, ha ispirato la benedizione liturgica degli sposi cristiani nel rito del matrimonio. P. Angelo Sardone