Gioacchino ed Anna, i genitori di Maria di Nazaret

«Per sempre rimarrà la loro discendenza e la loro gloria non sarà offuscata» (Sir 44, 13). Il Libro del Siracide, o Ecclesiastico, detto così perché in uso nella Chiesa primitiva, contiene l’Elogio degli Antenati ricordati e celebrati in ben sette capitoli, a firma di un saggio di Gerusalemme. Esso passa in rassegna gli eroi dell’Antico Israele da Enoch fino a Neemia. Il catalogo non contiene i nomi di Gioacchino ed Anna, che secondo la Tradizione sono i genitori di Maria di Nazaret, i nonni materni di Gesù. Di essi invece riferisce uno scritto apocrifo del II secolo, il Protoevangelo di Giacomo. I secoli successivi recepirono questa informazione. S. Giovanni Damasceno (VII-VIII secolo) parla di loro come di una “felice coppia”, conosciuti dal frutto del loro seno, la Vergine Maria cui ogni creatura è debitrice per il dono di Gesù. Ad essi si può applicare il passaggio che elogia la loro discendenza ed altrettanta gloria che continua ancora oggi. Erano ricchi e devoti ma non avevano figli. La loro storia si muove analogamente a quella di Elisabetta e Zaccaria: il Signore mediante un Angelo preannunzia a ciascuno di loro il concepimento e la nascita di un figlio, cioè Maria. Quando Ella ebbe l’età di tre anni, memori della promessa fatta al Signore nella richiesta del dono di un figlio, la presentarono al Tempio e l’affidarono ai sacerdoti, al servizio del tempio stesso. Di Gioacchino non si sa niente. Anna è ricordata in altri scritti apocrifi successivi, e morì all’età di ottant’anni. Il loro culto si diffuse prima in Oriente e poi in Occidente. Sono l’icona dei nonni cristiani. S. Anna è invocata nei parti difficili, contro la sterilità coniugale ed è protettrice delle partorienti. Auguri a tutti coloro che portano i loro nomi. P. Angelo Sardone

I venti pani d’orzo del profeta Eliseo

«Dallo da mangiare alla gente. Dice il Signore: Ne mangeranno e ne faranno avanzare» (2Re 4,43). Lo Spirito del Signore come fu operante in Elia continuò ad esserlo con Eliseo che aveva ricevuto il suo mantello ed i due terzi del suo spirito profetico. Il ciclo del suo ministero è raccontato nel secondo Libro dei Re che lo presenta come un taumaturgo. In particolare sono riportati alcuni miracoli a lui attribuiti, uno dei quali è la moltiplicazione dei pani e del farro, una sorta di anticipazione della moltiplicazione dei pani ad opera di Gesù. Eliseo si trova in Galgala dove imperversa una terribile carestia. Un individuo giunto da vicino gli offre venti pani d’orzo e del farro. Il profeta immediatamente gli ordina di darli da mangiare alla gente, un centinaio circa. Dinanzi alla naturale titubanza del benefattore dato il numero esiguo dei pani ed il rilevante numero dei bisognosi, Eliseo insiste perché lo faccia, sicuro che, secondo la parola del Signore tutti ne mangeranno, anzi ne avanzeranno. E così avviene puntualmente. L’evento è la prefigurazione di quanto Gesù compirà prima con le due moltiplicazioni dei pani e poi con l’istituzione dell’Eucaristia con la quale ogni giorno si moltiplica il nutrimento santo del pane del cielo. Da sempre il Signore provvede di cibo materiale e spirituale tutti coloro che si affidano a Lui e che attraverso la Chiesa che fa l’Eucaristia e da essa è nutrita, prolunga per i secoli il grande miracolo della transustanziazione e del nutrimento celeste. Senza questo cibo non si può vivere. P. Angelo Sardone

Il santo taumaturgo del Libano

«Non vendere l’anima al mercato del mondo, è troppo preziosa. Il suo prezzo è il sangue di Cristo» (S. Charbel). Si celebra oggi la memoria di San Charbel Makhlouf (1828-1898), al Battesimo, Youssef (Giuseppe), eremita, taumaturgo, membro dell’Ordine Libanese Maronita. Fa parte del gruppo dei 4 santi maroniti insieme con S. Nimatullah, Santa Rafqa e il beato Stefano. Preghiera, penitenza, silenzio e nascondimento hanno contraddistinto la sua vita uniti ad un fervente amore alla Vergine Maria. Di lui si narra che non sapendo della disposizione del suo Superiore di non accendere la lanterna della camera in segno di povertà, aveva chiesto al servo della casa di mettere olio per poter restare in preghiera. Quest’ultimo invece aveva versato acqua. La lampada si accese comunque con grande imbarazzo del Superiore che gli chiese scusa e del servitore che aveva inteso prendersi gioco di lui. La morte lo colse dopo atroci sofferenze. Il suo sepolcro è stata una cattedra di insegnamento e un luogo di guarigioni inspiegabili legati al trasudamento di sangue ed acqua. Il corpo riesumato, fu trovato intatto e morbido e si mantenne tale fino alla beatificazione nel 1965. Viene considerato il “Padre Pio del Libano”. Non resta nulla di scritto: tutto ciò che si conosce è frutto di ricordo e trasmissione orale. Lo scorso anno l’arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini ha affidato all’intercessione del santo maronita l’Ospedale in Fiera di Milano, attrezzato per fronteggiare la pandemia del Covid 19. La diffusione del culto ed il continuo ricorso a Lui, attesta la bellezza della sua figura e l’efficacia della sua intercessione. P. Angelo Sardone

Santa Brigida, compatrona di Europa

«La vita che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20). La lettera di S. Paolo alle diverse comunità della Galazia, provincia romana dell’odierna Turchia centrale, contiene chiarimenti circa l’autenticità del suo annuncio, la centralità di Cristo e l’identità della libertà cristiana. Tutto questo a fronte di distorti insegnamenti di alcuni missionari circa l’incompletezza del messaggio di Paolo e l’affermazione che la salvezza esigeva il rispetto della Legge di Mosè. Da essa si evince la vera identità della fede cristiana e l’impegno pastorale dell’Apostolo per la crescita tra i cristiani. Le espressioni da toni fortemente biografici e personali attestano con vigore e passione la verità della fede in Cristo morto e risorto che ha stravolto la sua vita e lo ha reso testimone ed annunciatore. Brigida di Svezia (1303-1373), la santa compatrona dell’Europa, la cui festa oggi celebriamo, esprime nella sua vita e nella sua opera i presupposti paolini, con una esistenza complessa e varia nella molteplice espressione vocazionale di moglie già a 14 anni, madre di 8 figli, vedova, religiosa, mistica, fondatrice di un ordine monastico e depositaria di rivelazioni ricevute da Gesù Cristo. La Chiesa “ha accolto l’autenticità complessiva della sua esperienza interiore” (S. Giovanni Paolo II), l’amore per la pace e la ricorda come esempio di una santità dalla poliedrica sfaccettatura in campo religioso e sociale. Le orazioni di S. Brigida sulla passione di Gesù, unitamente alle rivelazioni, pur non essendo oggetto di fede, sono tuttora praticate da numerosi fedeli con buoni frutti spirituali. P. Angelo Sardone

L’apostola degli apostoli

«Voglio cercare l’amore dell’anima mia. L’ho cercato, ma non l’ho trovato» (Ct 3,2). La sezione sapienziale della Bibbia contiene un libretto di appena 8 capitoli denominato “Cantico dei cantici”. È il cantico per eccellenza, attribuito a Salomone, un poema che canta l’amore reciproco di un uomo, l’amato, ed una donna, l’amata che si perdono, si cercano, si trovano. Celebra l’amore fedele sugellato dal matrimonio. È evidente l’interpretazione allegorica laddove viene rappresentato e cantato l’amore di Dio per il suo popolo, analogo a quello tra uno sposo e la sua sposa, molto simile a quello descritto da alcuni profeti. Molti esegeti ritengono che l’allegoria si possa riferire al matrimonio di Cristo con la Chiesa o all’unione mistica dell’anima con Dio. Proprio per questo il Cantico nel corso del tempo è stato preso d’assalto, studiato e citato dai mistici. In questa chiave di lettura si inquadra la festa di S. Maria Maddalena, definita da S. Tommaso d’Aquino “apostola degli apostoli”. Originaria di Magdala (donde il soprannome di Maddalena), viene presentata dall’evangelista Luca come colei dalla quale furono scacciati 7 demoni (Lc 8,2). Per alcuni equivoci ed una certa tradizione è stata ritenuta una prostituta di Galilea, riportabile all’anonima peccatrice che aveva cosparso di olio profumato i piedi di Gesù o a Maria di Betania che aveva compiuto analogo gesto. Fedele discepola di Cristo, rimane sotto la croce insieme con Maria ed ha il privilegio di essere la prima ad incontrare Gesù risorto, ad essere chiamata per nome e ricevere il compito di comunicare l’evento agli Apostoli. In lei, “santa della misericordia”, è rappresentata la “maternità della fede”. Auguri a chi porta questo nome. P. Angelo Sardone

La manna nel deserto, cibo del cielo

«Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi» (Es 16,4). Passato il Mar Rosso il popolo d’Israele sotto la guida ed il comando di Mosè si avvia verso il deserto. Lascia alle spalle la schiavitù ed i soldati del faraone annegati nel mare tornato ai suoi livelli. Abbandonata una situazione incresciosa che durava da centinaia di anni, gli Ebrei vanno incontro ad altre situazioni non meno difficili. La prima delle quali è la mancanza di acqua e di pane. Ciò dà adito ad un ritornello che sarà costante fino al raggiungimento della terra promessa: la mormorazione unita alla contestazione. Un intervento prodigioso causato da Mosè che getta un legno che il Signore stesso gli indica nelle acque amare, fa sì che queste diventino dolci e dissetino. La questione del pane è seria. Ci pensa ancora una volta il Signore con un intervento speciale della sua Provvidenza, in risposta alla feroce mormorazione della comunità contro Mosè ed Aronne. Era come uno strato di rugiada, simile a brina, dolce e bianca che cadeva e si conservata durante la notte. Venne chiamata “manna”, rapportabile al termine egiziano “mennu”, che significa cibo. La gente si chiedeva: “Man hu? Cos’è?”. Come attesta il libro dei Numeri, si macinava e polverizzava come la farina per fare delle focacce e poteva essere bollita. Fu questo l’elemento principale dell’alimentazione nell’esodo. La razione di cibo era doppia il giorno prima del sabato, il giorno del riposo. La manna è la prefigurazione del dono dell’Eucaristia, il pane della vita, preannunziato da Gesù e donato prima della sua passione al nuovo popolo di Israele, la Chiesa. P. Angelo Sardone

Il passaggio del Mar Rosso

«Mosè stese la mano sul mare; le acque si divisero» (Es 14,21). Il passaggio del Mar Rosso è un evento straordinario che il Signore opera per attuare la liberazione definitiva del popolo d’Israele dall’Egitto. La morte dei primogeniti aveva convinto il Faraone a lasciare andare gli Ebrei e liberarsi di loro, vista la tragedia che si era abbattuta sul suo popolo, colpendo direttamente anche la sua famiglia. Ma come le altre volte si pentì e cercò di correre ai ripari inviando il suo esercito con carri e cavalieri. Intanto per ordine del Signore, Mosè levò il suo bastone sulle acque del Mar Rosso ed esse si aprirono con un argine come un muro a destra e sinistra rendendo asciutto e percorribile il terreno.  Gli Israeliti lo passaronomentrei cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri furono travolti dalle acque del mare che si ricomposero al comando di Mosè. Non ne scampò neppure uno. Gli studiosi affermano che non è possibile determinare il luogo ed il modo di questo grande avvenimento che ai testimoni apparve come un intervento prodigioso di Jahwé e rientra nella fede del popolo come un punto fondamentale. Probabilmente non si tratta del golfo di Suez ma del cosiddetto “mare dei giunchi” uno dei laghi presso il mar Mediterraneo sulla costa settentrionale dell’istmo di Suez. Il battesimo cristiano si pone in analogia con questo dato biblico e significa il passaggio dalla situazione di peccato alla grazia, attraverso l’acqua che è sinonimo di liberazione e salvezza. P. Angelo Sardone

Preparativi per la Pasqua

«Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne» (Es 12,14). La liturgia della Parola giornaliera spesso non riporta la lettura sistematica del testo sacro. Lo scopo è quello di proporre avvenimenti e tematiche di grande senso in un quadro compiuto. Dopo essere apparso a Mosè, Jahwé gli ingiunge di tornare in Egitto, di parlare agli anziani, di comunicare loro il fatto nuovo della rivelazione del suo nome e di cominciare a pianificare l’esodo dall’Egitto. Mosè obbedisce: da Madian ritorna in Egitto, si presenta al faraone insieme con suo fratello Aronne, il suo profeta, ma risultano inutili le richieste di lasciar partire il popolo. Anzi l’ira del faraone si fa più dura e si moltiplicano le angherie contro gli Ebrei. Interviene il Signore con le cosiddette piaghe d’Egitto nel tentativo di persuadere il faraone ad acconsentire alla richiesta. Non valgono le straordinarie gesta di Mosè: dall’acqua cambiata in sangue, dalle rane alle zanzare, dai mosconi alla mortalità del bestiame, dalle ulcere alla grandine, dalle cavallette alle tenebre. L’ultima piaga sarà la morte dei primogeniti di Egitto, elemento determinante che convincerà il faraone a lascarli andare. Nel frattempo Jahwé dà istruzioni ben precise sulla celebrazione della Pasqua che segnerà l’evento della liberazione. Secondo l‘etimologia più probabile del termine “pasqua”, Jahwé salta le case degli Ebrei i cui stipiti sono sporcati dal sangue dell’agnello. Tutto prepara la Pasqua di Gesù di Nazaret che, vero agnello, si offre al Padre ed il rito rimane per sempre come memoriale, cioè riattualizzazione. P. Angelo Sardone

Il ristoro degli Apostoli

«Gesù vide una grande folla, ebbe compassione, erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose» (Mc 6, 34). Tornati dal loro primo impegno missionario gli Apostoli si stringono attorno al Maestro per raccontargli ciò che hanno fatto, visto ed annunziato. L’evangelista Marco che ha appreso questo particolare da Pietro, è molto sobrio nella descrizione e non riferisce alcuna reazione di Gesù, se non la sua preoccupazione di invitarli ad andare con Lui in un luogo isolato per potersi riposare. L’invito è giustificato dal fatto che effettivamente gli Apostoli erano stanchi e poi perché erano tanti coloro che andavano e venivano, che non davano loro tregua neppure per poter prendere un boccone. Per spezzare il flusso dei fedeli, Gesù sceglie un luogo deserto, raggiungibile con la barca. Il tentativo di isolarsi si rivela comunque vano perché la gente che li vede partire, intuisce dove stanno per recarsi e addirittura li precedono da tutte le parti ed anche a piedi. Ciò commuove profondamente il cuore di Gesù. La folla ha sempre commosso Cristo. In essa Egli ha ravvisato, secondo un detto comune anche agli altri due vangeli sinottici, un gregge di pecore senza pastore. Il bisogno di Dio spinge chiunque, piccolo o grande, sano o malato a ricercare Gesù per ascoltare la sua voce. Il Maestro puntualmente insegna tante cose. A molta gente corrispondono molte cose. L’insegnamento è consono alle esigenze molteplici del popolo di Dio, da quelle fisiche a quelle spirituali. Il ministero dell’annuncio continua attraverso l’opera dei sacerdoti, che sentono viva la compassione per il popolo di Dio e diventano pastori secondo il cuore di Dio. P. Angelo Sardone

XVI domenica del Tempo Ordinario

È sonoro il rimprovero di Dio e dura la punizione riservata ai pastori che fanno perire e disperdere il gregge. Non si preoccupano delle pecore anzi le scacciano. Il Signore stesso prende allora in mano la situazione: le raduna, le fa tornare ai pascoli, le rende feconde. Costituisce pastori capaci di tenere il gregge a bada e nell’unità. Quando gli Apostoli inviati da Gesù ad evangelizzare ritornano e si mettono a raccontare quanto hanno visto e fatto, il Maestro se li porta in disparte da soli per farli riposare. Sopraggiunta la folla, Gesù prova una grande compassione per loro come per pecore senza pastore. Perciò insegna molte cose. Il sangue di Cristo trasforma i lontani in vicini, facendoli diventare una cosa sola; abolisce la legge e riconcilia tutti con Dio. Tutti così possono presentarsi al Padre in Cristo Signore e nel medesimo Spirito. P. Angelo Sardone.