Andiamo incontro al Maestro

«Rivestiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre» (Bar 5,1). Le attenzioni dei profeti sono rivolte a Gerusalemme. I motivi sono diversi: è il centro della fede e del culto del popolo; da essa verrà la salvezza a partire dal Bimbo che nascerà e che come Servo di Jahwé darà compimento alla volontà del Padre donando la sua vita. Soprattutto nella comunità ebraica della dispersione, la cosiddetta “diaspora” la vita religiosa e di fede era mantenuta attraverso i rapporti con la città santa, Gerusalemme, avendo come mezzi la preghiera, l’osservanza della legge, i sogni messianici comi di benedizione. Le vesti del lutto e dell’afflizione testimoniano la sofferenza per la deportazione in Babilonia e la perdita della libertà, senza speranza di restaurazione. Il profeta Baruc, compagno ed amanuense di Geremia, nel libro che porta il suo nome, invita il popolo ed in particolare Gerusalemme a rivestirsi invece dello splendore della gioia che viene direttamente dal Signore. I tempi calamitosi e duri dell’esilio saranno superati dalla luce nuova della liberazione che verrà con la misericordia, la giustizia, la gloria. E ciò sarà per sempre. In un tempo nel quale con molta facilità e leggerezza si abbandona il certo per l‘incerto, anche nella dimensione di fede, nel quale si fa guerra anche europea a tutto ciò che richiama radici cristiani e sentimenti che per millenni hanno regolato la vita e l’opera degli uomini in tutto il mondo, bisogna riscoprire queste indicazioni che superano di gran lunga, anche nell’impatto sociale, il sentire malsano di certe correnti che sanno di barbaro, se non diabolico. P. Angelo Sardone

Il grande missionario dell’Est del mondo

La semina del mattino

519.«Udranno in quel giorno i sordi le parole del libro; gli occhi dei ciechi vedranno» (Is 29,18). La venuta del Signore è sconvolgente. La stessa natura subisce l’impatto della sua presenza. Si mutano le cose. L’attesta la simbologia profetica: il Libano rigoglioso diviene un frutteto; il frutteto diviene una selva. I sordi odono e gli occhi dei ciechi vedono; gli umili si rallegrano, i poveri gioiscono. La predicazione del Vangelo porta la sapienza che apre alla comprensione delle cose e coloro che la ricevono santificano il nome del Signore e lo temono. Nella linea della predicazione, arso dello zelo dell’annunzio si muove il più grande missionario dei tempi moderni S. Francesco Saverio (1506-1552). L’incontro con Ignazio di Loyola e Pierre Favre fu determinante nella sua vita: da loro e con loro nasce la Compagnia di Gesù, il 15 agosto 1534. In risposta all’invito di papa Paolo III, partì missionario per l’evangelizzazione nelle Indie orientali giungendo a Goa dopo un anno di viaggio e poi a Taiwan. Mentre era impegnato in Giappone nel 1549 a Kagoshima cominciò a vagheggiare l’idea di raggiungere la Cina, ma essendosi ammalato morì nell’isola di Sancian. Il suo ardore missionario, vigoroso e seducente, tocca vertici molto alti nelle sue espressioni rimaste celebri e contenute in una lettera a S. Ignazio. Desiderava percorrere le Università d’Europa e gridare come un pazzo per scuotere le coscienze indicando il gran numero di anime che si perdono per mancanza di evangelizzazione. «Mandami dove vuoi!» rimane il suo grido di battaglia. Le Indie oggi sono la nostra povera Europa sempre più scristianizzata e repellente alle profonde sue radici cristiane, fino a rifiutare finanche il Natale! P. Angelo Sardone

La roccia eterna è la Parola che salva

«Aprite le porte. Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna» (Is 26,4). L’Avvento è tempo di speranza. La Parola di Dio che la rende certa e forte, induce alla gioia ed al canto. Nel linguaggio profetico la città di Gerusalemme diviene il riferimento costante della religiosità del popolo d’Israele e luogo dell’incontro col Signore, la città della salvezza. Le sue porte devono essere sempre aperte per accogliere il popolo giusto e fedele il cui animo è saldo e la cui ricerca è la pace e la fiducia. Il Signore ha provveduto ad abbattere la città eccelsa, cioè superba, insieme con i suoi abitanti arroccati nell’alto delle loro posizioni ambiziose con la pretesa quasi di essere superiori a Dio. Il risultato è un ammasso di macerie sulle quali passano i piedi degli oppressi e dei poveri. Al contrario Dio è roccia eterna: se si confida in Lui si ha salva la vita e si è nella gioia. Incamminati verso il Signore che viene, la Parola di Dio diviene stimolo ed incentivo alla vera speranza che permette di vedere già ora il non ancora e spinge a camminare sulle macerie del proprio egoismo o della passività della propria fede sconsolata e provata, per andare verso la rocca, in alto. Occorre camminare e tenere lo sguardo fisso verso la meta. Il cammino dell’Avvento è uno stimolo efficace per accogliere la Parola e lasciarsi da lei guidare verso il luogo dove un piccolo bambino confonde la maestà dei grandi, la povertà della stalla si oppone e sovverte la sontuosità del palazzo, la roccia eterna si erge sontuosa. P. Angelo Sardone

Il banchetto del Messia

«Ecco il nostro Dio; è il Signore in cui abbiamo sperato» (Is 25,9). Gli oracoli messianici del profeta Isaia diventano incalzanti. Riprendendo temi sviluppati da altri profeti anteriori, egli descrive l’afflusso dei popoli della terra a Gerusalemme per la celebrazione di un sontuoso e gustoso banchetto. Questa idea diverrà ricorrente nel Giudaismo prima e poi nel Cristianesimo. Velo e coltre di vergogna saranno strappati, la morte sarà eliminata, le lagrime asciugate da ogni volto, la condizione disonorevole annientata. Allora tutti i popoli grideranno all’evento: “questo è il nostro Dio e Signore nel quale è stata riposta tutta la speranza”. Alla poesia si alterna la teologia fine e delicata che fa guardare universalmente a Gerusalemme, il punto di riferimento religioso e teocratico del popolo di Israele. Dio manifesterà la sua potenza attraverso un bambino inerme ed indifeso; il suo amore che scuote la terra attraverso il vagito di un neonato; la sua gloria attraverso la povertà di un minuscolo villaggio, Betlemme, una coppia di coniugi, Giuseppe e Maria, la nascita in una stalla. Per non ridurre il Natale a semplice poesia con il corredo delle luci, le nenie, l’articolato e colorito menù, i regali, occorre tendere le orecchie ad accogliere le sollecitazioni profetiche e liturgiche che ogni giorno attestano la verità sconvolgente di un Dio che ama, provvede ai suoi figli e che li salva con la mediazione del Figlio suo che diventa Figlio dell’uomo. L’Avvento sarà pieno nella misura in cui ci si apre all’evento, di cui “l’Ecco” è la chiave introduttiva. P. Angelo Sardone

S. Andrea, l’apostolo crocifisso

«Con il cuore si crede e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza» (Rm 10,10). Nel linguaggio e nella prassi teologica cuore e bocca vanno sempre insieme. Il cuore è il centro più importante del corpo per le attività emotive, la sede dell’intelligenza. La bocca è l’organo fondamentale della parola ed ha caratteri morali. Gesù dona ai suoi discepoli una bocca e la sapienza per poter rispondere ai nemici. Per entrare nel ritmo della salvezza il cristiano deve aderire col cuore al messaggio di Cristo e poi esprimerlo esteriormente nella comunità umana. Con il cuore per credere e la bocca per proclamare la grandezza di Dio ed il suo amore, si muove l’intera esistenza dell’apostolo S. Andrea, fratello di Simon Pietro, la cui memoria si celebra oggi. Già discepolo di Giovanni Battista, è chiamato da Gesù mentre sta pescando nel Mare di Galilea, o secondo la versione di Giovanni evangelista, mentre si trovava col Battezzatore. Nel collegio apostolico si distingue per aver richiamato l’attenzione sul ragazzo coi pani ed i pesci che saranno utili con la loro moltiplicazione per sfamare la gente che segue Gesù, e come mediatore tra il Maestro ed i Greci che avevano chiesto di parlare con Gesù. I primi storici cristiani attestano che predicò il Vangelo in Asia Minore e nella Russia meridionale per poi passare in Grecia dove subì il martirio crocifisso ad una croce in forma di X che è detta appunto “di Sant’Andrea”. L’invitto coraggio dell’apostolo evoca e conferma in maniera adeguata il significato del suo nome: uomo di forza, di valore e coraggio. Auguri a tutti coloro che portano il nome di Andrea. P. Angelo Sardone