Il grande giudice Sansone

«Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio; sarà un nazireo di Dio dal seno materno fino al giorno della sua morte» (Gdc 13,5). La preparazione al Natale sia attraverso il canto delle Profezie che con la rievocazione di eventi storici collegati per analogia al Bambino che deve nascere, è un approfondimento concreto ed una riflessione adeguata sul mistero dell’amore di Dio. Esso passa attraverso la storia e dimostra la perenne presenza dell’Altissimo nella vita e nella storia dell’uomo. La nascita di Sansone, uno dei Giudici di Israele, riecheggia parte delle medesime parole che l’Angelo Gabriele riferirà secoli dopo a Maria di Nazaret all’annuncio del Salvatore. Il celebre Sansone è l’unico dei Giudici di Israele del quale si raccontano più vicende nel Libro dei Giudici, dalla predizione della sua nascita da una donna sterile, fino alla morte ad opera dei Filistei. La duplice apparizione di un angelo, assicura prima la donna e poi anche suo marito Manoach, che avrà un figlio, ma dovrà avere per lui attenzione ed accortezza massima perché non gli siano mai tagliati i capelli, non beva bevande inebrianti, perché sin dal seno materno sarà un Nazireo, cioè un consacrato a Dio. Questa ultima identità giustifica l’inserimento di Sansone tra i Giudici di Israele. Le analogie tratte dal Vecchio Testamento preparano il grande evento della venuta storica nella carne mortale del Figlio di Dio, il consacrato per eccellenza al Padre, il quale non sarà solo giudice di Israele ma di tutto il mondo quando tornerà nella gloria a conclusione della vita sulla terra. Consacrati nel Battesimo, anche noi percorriamo l’itinerario di salvezza andando incontro a Cristo che viene. P. Angelo Sardone

Il segno dall’Alto

«Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto» (Is 7,10). Il Libretto dell’Emmanuele, una porzione del libro del Primo Isaia, compreso tra il 5 ed il 12 capitolo, è sicuramente uno dei testi più significativi dell’Avvento perché in linea con altri vaticini profetici predice la venuta del Messia e descrive i doni di cui sarà rivestito. Un oracolo di grande valore, classico per eccellenza, è quello riportato al capitolo 7: in piena guerra Siro-Efraimita (732 a.C.) esortando Acaz, re di Giuda, a non aver paura dei due re che gli hanno mosso guerra e che non sono altro che due tizzoni fumanti, il profeta annunzia la venuta di una giovane donna, una «Almah», che concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele, che significa Dio con noi. L’intervento del profeta viene di seguito all’ingiunzione al re di chiedere un segno a Dio. Acaz se n’era guardato bene perché si sentiva in colpa proprio verso il Dio di Israele in quanto recentemente aveva sacrificato suo figlio a Molok un dio pagano. Jahwé non attende la richiesta, anzi prende egli stesso l’iniziativa prospettando il segno per eccellenza che avrebbe sconvolto l’intera umanità: nella giovane donna che partorisce, verosimilmente la moglie di Acaz, vi è in prospettiva Maria di Nazaret; il bimbo che da lei nascerà sarà l’Emmanuele, Dio con noi. Questo elemento di grandissimo valore storico e teologico torna nella riflessione di questi giorni prossimi al Natale, per significare come la Storia della salvezza passi anche attraverso la storia profana e diriga gli avvenimenti secondo una logica ultraterrena, le cui finalità sono sempre il bene delle creature di ogni tempo. P. Angelo Sardone

Quarta domenica di Avvento

Sintesi liturgica.  IVª Domenica di Avvento. In piena guerra siro-efraimita Jahwè invitando il re Acaz ad avere fiducia solo in Lui, mettendo da parte re e dei stranieri, tramite Isaia gli dà un segno concreto: da una giovane donna nascerà l’Emmanuele, il Dio con noi. La profezia viene confermata dall’angelo del Signore nel sogno a Giuseppe per assicurarlo che quello che è avvenuto in Maria, la sua promessa sposa, è opera dello Spirito santo ed è il compimento storico di quanto promesso da Dio. Dovrà prenderla con sé e toccherà a Lui dare al bimbo che nascerà il nome Gesù, che significa salvatore. E’ nato dal seme di Davide secondo la carne e costituito da Dio suo Figlio secondo la potenza dello Spirito. Da Lui si riceve la grazia di essere apostoli e diffusori della fede tra tutte le genti. P. Angelo Sardone

Il significato della Novena di Natale

«Li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia» (Is 56,7). Nella Tradizione della Chiesa, la novena del Natale, è certamente quella più popolare e sentita dell’intero anno liturgico. Essa intende comunicare e fornire ai fedeli le ricchezze spirituali in preparazione prossima all’evento della Natività di Gesù. La novena di nove giorni si caratterizza con l’apporto degli elementi cari alla pietà popolare. La Liturgia ufficiale della Chiesa si concentra però con particolare solennità nei giorni che vanno dal 17 al 23 dicembre con la celebrazione dei Vespri che contengono le cosiddette «antifone maggiori» che cominciano con la «O». Inoltre, come sin dall’antichità nelle chiese si rappresentava il presepio di Betlemme, con l’avvento dell’intuizione francescana del presepio di Greccio (1223), anche nelle case si usa fare il presepio coinvolgendo piccoli e grandi. Tale scelta in questi ultimi decenni è fortemente ostacolata da un formale e stucchevole rispetto nei confronti della laicità di determinati ambienti sociali, ed ancor più da una esagerata attenzione verso le altre religioni, qui in Italia, dove anche le pietre traspirano fede cristiana e cattolica. Lungi dal sembrare una cosa anacronistica, tale scelta, soprattutto durante la Novena, favorisce il contatto col mistero del Natale e stimola la riflessione e la lettura di pagine bibliche che fanno riferimento alla nascita di Gesù. Tanti Santi hanno praticato questo elemento di devozione. Sono patrimoni dell’umanità i canti «Tu scendi dalle stelle» e «Ti voglio tanto bene» di S. Alfonso M. de’ Liguori. Anche S. Annibale M. Di Francia, innamorato di Gesù Bambino, adattò la Novena di tradizione tipicamente siciliana, in una forma semplice e coinvolgente i piccoli ed i poveri, adoperando gli elementi simbolici della grotta di Betlemme, armonizzandoli con la preghiera liturgica, la pratica dei fioretti. P. Angelo Sardone

Melania Calvat: creatura del mistero e mistero di creatura

Nella notte tra il 14 ed il 15 dicembre 1904 in un quartino del Palazzo De Laurentiis dove viveva in incognito ad Altamura, moriva Melania Calvat, la veggente della Salette. La scoperta del decesso fu fatta a mezzogiorno del 15 quando il converso domenicano, domestico di mons. Carlo Giuseppe Cecchini, recatosi a portarle il pasto quotidiano, trovò l’uscio chiuso. Sfondata la porta, la donna fu trovata esanime per terra: la morte risaliva probabilmente a quasi dodici ore. Aveva 73 anni: era nata a Corps nel territorio di Grenoble in Francia il 7 novembre 1831 e si trovava ad Altamura dal 16 giugno 1904. Il 19 settembre 1846 mentre pascolava le vacche sulle montagne de La Salette insieme con Massimino Giraud, le apparve la Vergine Maria che recava sul petto i simboli della passione di Cristo, tenaglie, martello, chiodi. In un’unica apparizione si mostrò piangente, le dettò la Regola di un nuovo ordine religioso (Gli Apostoli degli ultimi tempi), e le affidò un segreto da rivelare al mondo dopo 12 anni, il 1858. Nel suo continuo esodo abbracciò la vita religiosa, assumendo il nome di Suor Maria della Croce che porterà per sempre. Soggiornò in Inghilterra, in Grecia, in Italia a Castellammare di Stabia e a Galatina. Dal 14 settembre 1897 al 2 ottobre 1898 fu anche a Messina nell’Istituto Antoniano Femminile delle Figlie del Divino Zelo, invitata ripetutamente da S. Annibale Maria Di Francia per riorganizzare e dirigere l’incipiente Comunità religiosa votata alla chiusura. Per dare una degna dimora alle sue ossa travagliate, il santo canonico messinese nel 1916 aprì nella città della Murgia un Orfanotrofio nel quale tuttora riposa il suo corpo ricoperto da un artistico monumento funerario, in attesa di un regolare processo canonico, ormai solamente storico, che dichiari l’eroicità delle sue virtù. P. Angelo Sardone