XXXIII domenica del Tempo Ordinario

Nel tempo dell’angoscia Dio salva il suo popolo. L’Arcangelo Michele vigila. La salvezza sarà per coloro che sono scritti nel libro della vita, saggi che splendono nel firmamento come astri lucenti di giustizia. Avvenimenti apocalittici segneranno la fine del mondo: sole che si oscura, luna che non dà luce, stelle che cadono dal cielo. Gli Angeli del giudizio raduneranno tutti i popoli da ogni parte della terra. La lezione si apprende dalla natura: il fico tenero e pieno di foglie annunzia l’estate. Le cose preannunciate da Gesù sono il segno dell’imminente fine del mondo che nessuno sa perché il Padre ha voluto riservarlo a sé. Cristo è assiso alla destra del Padre: ha offerto il suo sacrificio una volta per sempre, ha eliminato il peccato ed attende la disfatta dei nemici che saranno posti sotto i suoi piedi. P. Angelo Sardone

Il profondo silenzio

«Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, la tua parola onnipotente dal cielo, si lanciò portando il tuo decreto irrevocabile» (Sap 18,14). La lettura sapienziale della storia del rapporto di Dio con l’umanità tocca un vertice straordinario in un passaggio che la Chiesa riporta nella Liturgia in preparazione al Natale. Leggendo l’opera di Dio nella storia, a cominciare da Adamo e Mosé, passando attraverso l’Esodo, l’estensore del libro della Sapienza, considera alcuni elementi, sette in tutto, che i biblisti definiscono “contrappasso”, dal miracolo dell’acqua fino al Mar Rosso, passando attraverso le piaghe diverse delle rane, le cavallette ed il serpente di bronzo, la grandine e la manna, le tenebre e la colonna di fuoco, la notte tragica e finalmente la liberazione dalla schiavitù. L’opera della Parola di Dio è la fine dei primogeniti d’Egitto, definita dai profeti esecuzione dei giudizi di Dio, uno sterminio dovuto ad un ordine inesorabile di sapore apocalittico. Contrariamente all’uso che la liturgia ne ha fatto, il testo non prefigura l’incarnazione del Verbo, ma il terribile annunzio della sua seconda venuta. Il silenzio della notte evoca la situazione particolare del peccato che fa immergere nel buio e nell’assenza di voci e di suoni. Il Signore giunge per infrangere il silenzio con la voce tuonante del giudizio che si esprime in termini positivi per chi è degno di salvezza, ed in termini negativi per chi invece, proprio per il peccato e nel peccato, ha meritato la sua condanna. P. Angelo Sardone

La grandezza di Dio nella naturale

«Dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore» (Sap 13,5). La creazione è il capolavoro di Dio. Tutta la realtà creata rispecchia la grandezza ed il valore del Creatore. La storia del pensiero umano sempre ha considerato come punto di partenza il mondo, la terra e tutti gli elementi che li compongono come parte integrante o degradante di Dio. La sapienza divina canta l’originalità del prodotto di Dio, tale perché frutto di amore, attenzione, provvidenza e cura. La contemplazione e lo studio della natura eleva lo spirito umano fino a un Dio trascendente e creatore di tutto. La Scrittura celebra la potenza e la grandezza di Dio nel creato: è un’opera grandiosa, un’opera d’arte che riflette la grandezza e la potenza del Creatore stesso. Dio è continuamente in azione: la sua opera creatrice ed in particolare la terra sin dall’inizio è stata affidata all’uomo perché la coltivasse e custodisse con un potere direttamente conferito dal Creatore. Ogni cosa creata è grande: tutto acquista significato e valore inserito in un piano molteplice di bellezza. Da essa si desume la grandezza di Dio che va contemplato nella natura stessa perché tutto parla di Lui. La ricerca e la scoperta continua dell’uomo con la scienza evidenziano la ricchezza straordinaria immessa da Dio nella natura per il bene sociale, alimentare, spirituale e morale dell’uomo e della donna. Il peccato contro l’ecologia viene inteso come «un’azione o un’omissione contro Dio, contro il prossimo, la comunità e l’ambiente, e si manifesta in atti e abitudini di inquinamento e distruzione dell’armonia dell’ambiente» (Documento finale del Sinodo speciale per la Regione panamazzonica, n. 82). P. Angelo Sardone

San Martino di Tours

«La Sapienza passando nelle anime sante, prepara amici di Dio e profeti» (Sap 7,27). I primi amici di Dio sono i Santi, i veri signori del mondo. Essi sono dominati dalla Sapienza di Dio e pervasi dal multiforme spirito «intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, agile, penetrante, senza macchia, schietto, inoffensivo, amante del bene, pronto, libero, benefico, amico dell’uomo, stabile, sicuro, tranquillo, che può tutto e tutto controlla». La ridondanza biblica delle caratteristiche entitarie dello Spirito Santo, sottolinea la stessa potenza di Dio che agisce attraverso i suoi Santi quando, passando in essi, li rende amici e suoi profeti. Esempio vivo di questa Parola è S. Martino di Tours (316-397), uno dei santi più celebri e venerati in Europa. Nato da genitori pagani, ricevé il Battesimo a 20 anni e pur rimanendo nell’esercito nel quale era stato avviato per la carriera militare, cominciò a testimoniare la fede cristiana fatta di rispetto, comprensione, attenzione. Divenne diacono e presbitero sotto la guida di S. Ilario vescovo di Poitiers, e con alcuni suoi discepoli avviò la vita monastica in Francia. Fu acclamato unanimemente vescovo di Tours dai cristiani locali rimasti senza pastore. La sua ardente carità abbracciò tutti gli ambiti della pastorale: la formazione del clero, l’evangelizzazione delle zone rurali, la condivisione con il prossimo più povero. Esempio classico riportato anche nell’arte pittorica è il dono della metà del suo mantello ad un povero intirizzito, sotto le cui spoglie si nascondeva lo stesso Gesù. Non ricusò la fatica fino all’ultimo istante della sua vita, e la sua presenza fece ristabilire la pace in un convento con monaci in subbuglio. Amo questo santo, avendo avuto da Dio il dono di nascere 67 anni fa proprio in questo giorno! P. Angelo Sardone

San Leone papa, detto Magno

«Chi custodisce santamente le cose sante sarà riconosciuto santo» (Sap 6, 10). La logica di Dio è quella dell’incontro, frutto di una ricerca. Dio si lascia trovare da quelli che lo cercano ed esorta i potenti a ricercare la sapienza. Come in altre parti della Scrittura, dove è presentata in differenti forme, la Sapienza afferma che il potere é di origine divina e tutti i sovrani sono servi della regalità di Dio. I potenti saranno esaminati con rigore e soggetti ad una indagine rigorosa. Imparare la sapienza è garanzia per non cadere. Ciò vale per tutti, in campo sociale, civile ed ecclesiastico. Coloro che osservano religiosamente la volontà di Dio e la custodiscono, saranno riconosciuti santi. Dal momento che ogni forma di risposta a Dio, qualunque vocazione del cristiano, è cosa santa perché viene da Dio, la Scrittura esorta a custodirla santamente, a proteggerla da ogni pericolo esterno ed interno, a mirare alla santità, cosa che sarà riconosciuta. La memoria liturgica odierna celebra S. Leone (440-461), uno dei primi papi, dottore della Chiesa, al quale per primo fu attribuito il suffisso “Magno”, cioè grande, che indica la mole del suo operato e la santità della sua vita. Fu un papa energico nell’affrontare le diverse e gravi questioni dottrinali e disciplinari della Chiesa. Risalta particolarmente dai libri di storia il celebre incontro con Attila, re degli Unni, al quale fu inviato dall’imperatore Valentiniano III, a seguito del quale il temerario re desisté dall’invadere l’Italia. L’aver custodito fedelmente le cose sacre affidategli da Dio e dalla Chiesa, gli valse non solo il riconoscimento della santità, ma anche la grandezza stessa nella santità, al pari del leone in mezzo a tutti gli altri animali. P. Angelo Sardone

La Basilica del Papa

«Le loro acque sgorgano dal santuario» (Ez 47,12). La quarta ed ultima parte del libro di Ezechiele, il profeta sacerdote deportato in Babilonia, presenta il nuovo futuro tempio, le prescrizioni per il culto, il fiume che sgorga dal tempio. Il suo ruolo è quello di comunicare alla Casa di Israele quanto ha visto. Nella lunga visione profetica il penultimo capitolo del libro si concentra su una sorgente che sgorga dal tempio e la benedizione che porta al paese la nuova abitazione di Dio in mezzo al suo popolo. Questo testo sarà ripreso da Giovanni evangelista nell’Apocalisse. Il santuario, il nuovo tempio è la sorgente di un’acqua che risana e fa rivivere tutto all’intorno: il pesce è abbondante, gli alberi da frutto sono rigogliosi e danno raccolto ogni mese. La liturgia odierna celebra la Festa del giorno natalizio o Dedicazione della Basilica Lateranense di Roma, costruita per opera dell’imperatore Costantino sul Celio e intitolata al SS.mo Salvatore. Il battistero esterno dedicato a S. Giovanni Battista, le conferì nel tempo il nome di S. Giovanni in Laterano. Quel luogo fu assegnato da Costantino al pontefice come luogo di residenza. Dopo il battistero frutto di un adattamento di alcuni ambienti, allora terme private, fu eretta una grande basilica a cinque navate, la prima delle quattro basiliche maggiori, la più antica e importante di tutto l’Occidente. Essa è la Cattedrale di Roma, “capo e madre di tutte le chiese dell’Urbe e dell’orbe”. Ancora oggi dalla profondità di questo santuario che richiama la centralità della fede cristiana, sgorgano le acque salutari che irrorano di grazia e dissetano di dottrina e di fede il vero tempio di Cristo che siamo noi. P. Angelo Sardone

La sapienza, Dio

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«Dio si fa trovare da quelli che non lo mettono alla prova, e si manifesta a quelli che non diffidano di lui» (Sap 1,2). La sezione biblica nota come didattico-sapienziale, prende il nome da un libro interessante, “Sapienza”, entrato solo in un secondo momento a par parte dei libri canonici, cioè ritenuti ispirati. L’opera, certamente di un ebreo pieno di fede ed ellenizzato che viveva ad Alessandria d’Egitto, impregnato di cultura e mentalità greca, è composta di 19 capitoli ed è scritta in lingua greca. L’autore ricorrendo ad una finzione letteraria fa credere di essere Salomone, il grande e saggio Re di Israele che si rivolge ai suoi colleghi, i giudici della terra. In effetti vuole esortare i Giudei minacciati dai culti pagani dell’ambiente circostante a non tentennare e   presenta Dio col termine di “Sapienza”. Egli si fa trovare da coloro che non lo mettono alla prova e si fidano di Lui. Dio ama l’uomo, è testimone dei suoi sentimenti, conosce i suoi pensieri, ascolta ogni sua parola e punisce il bestemmiatore. Le prime parole del libro presentano la sapienza ed il destino umano invitando a cercare Dio ed a fuggire il peccato, soprattutto nella dinamica degli opposti: giustizia-ingiustizia, morte-immortalità. Chi non segue la giustizia cadrà in “ragioni insensate” e non sarà aperto alla sapienza che scende dall’alto e non abita in chi commette il peccato e ne è schiavo. Ogni sofferenza umana patita dal giusto è ricompensata con l’immortalità. Non tentare Dio e non diffidare di Lui sono criteri sensati per ogni epoca che uniti ad una ricerca fatta col cuore semplice, permette davvero di trovare il Dio di ogni grazia e consolazione. P. Angelo Sardone

Le due vedove

«La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì» (1Re 17,16). La povertà si raccorda con la carestia e la siccità. Il bisogno di pane per vivere si interseca con la richiesta di un lavoro dignitoso col quale si possano esprimere capacità e doni. M quando non piove per lungo tempo, quando la ricerca di una occupazione diviene un assillo quotidiano e sembra che sia inascoltato il grido del povero e sofferente, solo la fede fa percepire l’intervento della Provvidenza di Dio. La Sacra Scrittura ritiene tra le fasce deboli della società le vedove. L’episodio quasi speculare di due di esse, quella di Sarepta di Sidone risalente al ciclo biblico del profeta Elia e quella del Vangelo, sottolineata dalla precisa indicazione di Cristo, nella opulenta e pur povera società di oggi, diventano uno stimolo per una seria riflessione di abbandono fiducioso in Dio e di autentica ed eroica generosità di cui sono dotati gli stessi poveri. Entrambe le vedove sono anonime proprio perché dietro di loro si celano infinite analoghe situazioni di ogni tempo. Il pugno di farina e le poche gocce di olio utili per confezionare l’ultima focaccia e poi morire, come i due spiccioli gettati nel tesoro del tempio, tutto ciò che la vedova evangelica possedeva, sono gli elementi catalizzatori della generosità delle due donne vessate dalla sventura umana della perdita del marito e, nel contempo, della loro straordinaria generosità che manifestano nel dono di tutto ciò che hanno e di tutto ciò che sono. Finché giunse la pioggia la farina e l’odio non vennero meno. L’unico possesso per vivere, al contrario del superfluo tintinnante del denaro dei ricchi, meritò l’elogio di Gesù: ha dato tutto ciò che aveva. Grande insegnamento per la vita di oggi laddove la povertà non è sconfitta e la brama del possesso è continuamente alimentata. P. Angelo Sardone

Priscilla ed Aquila i collaboratori di Paolo

. «Per salvarmi la vita hanno rischiato la loro testa, e a loro non io soltanto sono grato» (Rom 16,4). La lunga ed intensa lettera ai Romani si chiude con una serie di saluti. Non sono semplicemente parte della consuetudine letteraria ed epistolare, con un carattere prevalentemente religioso, ma l’espressione sincera e viva della gratitudine che S. Paolo nutre e manifesta nei confronti di coloro che lo hanno aiutato e sono con lui sulla breccia continua dell’evangelizzazione. Il saluto si sviluppa su tre piani: i più stretti collaboratori, la comunità di Roma invitata a scambiarsi il bacio santo, tutte le altre Chiese. Tra i collaboratori più stretti e fidati Paolo cita l’ebreo Aquila e la romana Priscilla, una coppia di convertiti che vivono reciprocità e grande amore sponsale. Si erano trasferiti a Corinto e, divenuti grandi suoi amici gli avevano offerto un aiuto deciso e rischioso quando era rimasto vittima del tumulto di Efeso. La collaborazione dei laici nell’evangelizzazione accanto ai sacerdoti e ministri è di fondamentale importanza non solo dal punto di vista tecnico ed organizzativo, ma anche e soprattutto dal punto di vista umano. L’amicizia vera tra il sacerdote ed i suoi fedeli è di capitale importanza per entrambi. Ma deve trattarsi di una amicizia vera, matura, seria, feconda di bene e non di opportunismo e labile simpatia temporanea ed evanescente che presto evapora e non fa ricordare neppure i nomi. Spesso in una società dominata da sentimentalismo sotto mentite spoglie di vicinanza e di collaborazione pastorale si corre questo serio rischio che porta detrimento all’uno ed agli altri. Poi arriva la morte e ci si dimentica facilmente. P. Angelo Sardone

L’unico vanto di Paolo: il bene delle anime

«Questo è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano Dio» (Rm 15,17). L’apostolo Paolo fu ministro di Cristo tra le genti col compito di annunciare il vangelo di Cristo, da Gerusalemme fino all’Illiria, perché i pagani divenissero un’offerta gradita a Dio, santificata dallo Spirito Santo. Rispettoso sia degli altri missionari contemporanei che delle popolazioni alle quali essi avevano annunziato il nome di Cristo, si era riservato di non costruire su fondamenti altrui, ma di andare in altri luoghi dove nessuno ancora si era recato. Nutriva infatti il proposito di recarsi in Spagna. Nonostante ciò, ligio al dovere dell’annuncio, aveva voluto ribadire agli abitanti di Roma, presso i quali avrebbe fatto una sosta, alcuni punti della fede perché, come aveva già detto Isaia, «quelli che avevano sentito parlare avrebbero compreso ulteriormente» (Is 52,15). Il suo lavoro apostolico fu essenzialmente quello di mettere in contatto gli uomini con Dio, per le cose degli uomini che riguardano Dio. Il successo in ciò, gli ha già procurato un vanto che gli deriva non tanto dalle sue azioni quanto dall’unione con Cristo, dal quale tutto gli veniva. È interessante come lo stesso autore della Lettera agli Ebrei, tracciando l’identità del sacerdote, lo definirà «costituito in favore degli uomini nelle cose che riguardano Dio» (Eb 5,1). Questo era ed è l’unico vanto dei ministri di Dio nello sviluppo della loro azione pastorale per la quale offrono la propria vita e, secondo la bontà e la Provvidenza di Dio, raccolgono frutti maturi e significativi. P. Angelo Sardone