Il vero amore viene da Dio

La semina del mattino

190. «Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1Gv 4,8). La prima Lettera di S. Giovanni ha una evidente vicinanza e parentela con la dottrina del quarto Vangelo. Essa riprende molti insegnamenti e si colloca nella sfera di una catechesi profonda ed articolata sulla difesa dell’ortodossia della fede minacciata dalle prime eresie. Per vivere da figli di Dio, Gesù ha indicato alcune condizioni: innanzitutto rompere col peccato, quindi osservare i comandamenti, soprattutto quello della carità, tenersi lontano dagli anticristi e dal mondo, per giungere poi alle fonti della carità e della fede. Il criterio più efficace per attuare questo programma di vita è l’amore. Amare è proprio dei figli di Dio. L’amore viene da Dio, anzi è Dio stesso: questa è la definizione più alta e più completa del Nuovo Testamento. L’amore di Dio genera l’amore reciproco e la vera conoscenza di Dio. Se non si ama non si conosce Dio. L’amore di Dio, l’amore che è Dio, è donativo, altruistico, superiore all’amore naturale, più alto dell’amore di amicizia, perché è disinteressato o meglio è amore che ha l’unico interesse nell’altro, andando oltre se stesso. L’amore discende dall’alto. È Dio che ha amato per primo: proprio per questo è sostanzialmente suo dono, sua grazia. La venuta di Cristo nel mondo è la manifestazione più grande di questo amore. La realtà dell’amore è la sostanza stessa della vita e non può concentrarsi ed esprimersi se non a partire dagli elementi spirituali che ne delineano l’essenza. Ad amare si impara amando. Nella misura in cui si risponde all’amore che viene da Dio, si ama Dio ed in Lui e per Lui si ama chiunque. P. Angelo Sardone 

Solennità dell’Epifania del Signore

Nel segno della luce la scrittura profetica esalta la gloria del Signore e gioisce per l’incontro di popoli e culture, specificato nel cammino storico-teologico dei Magi: vengono da lontano con cammelli e dromedari, e portano oro, incenso e mirra. L’Oriente si congiunge con l’Occidente con la mediazione e la guida di una stella, la stessa di Giacobbe. Si esaltano i gesti altamente significativi: la ricerca dei Re dei Giudei, la gioia grandissima dell’incontro, la prostrazione dinanzi alla grandezza, l’adorazione dinanzi alla divinità, l’offerta dei loro doni dinanzi alla maestà divina. Tornano a casa per un’altra strada, quella della verità vera, del compimento dell’attesa e della promessa, ricolmi della gioia della sorprendente manifestazione dall’alto (donde il termine Epifania). Il mistero nascosto nei secoli è stato rivelato per mezzo dello Spirito: le genti pagane sono chiamate, in Gesù, a condividere l’eredità, a formare lo stesso corpo, ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo. P. Angelo Sardone

Con tante benedizioni del cielo

185. «Dio ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo» (Ef 1,3). Questo ritaglio è contenuto nella solenne e grande preghiera che apre la Lettera di S. Paolo agli Efesini: si tratta di una “benedizione” elevata a Dio Padre dall’assemblea dei fedeli. Il verbo greco adoperato traduce il termine ebraico «barak», donde viene “benedizione” e significa lodare, glorificare, ringraziare Dio Padre come la sorgente dei beni. La benedizione spirituale è infatti il dono della salvezza, dalla sua preparazione fino alla sua attuazione in Cristo. In Lui siamo diventati figli adottivi, siamo stati redenti col perdono dei peccati, abbiamo acquisito la conoscenza della volontà di Dio con sapienza ed intelligenza. In Lui siamo stati scelti e predestinati per aver creduto e sperato. Una delle più ricorrenti espressioni di S. Paolo è «in Cristo»: con essa sottolinea il riferimento esclusivo a Cristo di tutta la realtà creata e cosmica che abbraccia tutti gli uomini di ogni parte della terra. Dio volge il suo sguardo con un atto propizio: in tempi di angoscia si pensava che Dio avesse nascosto il suo volto ed abbandonato il popolo. Il volto più efficace e più bello è quello di Gesù Cristo, attraverso il quale viene assicurato un domani migliore, benedetto da Dio, tracciato dalla sua Provvidenza e non da astri ed ingannevoli oroscopi. Non si tratta di una singola benedizione, ma di “ogni” benedizione, di ogni ordine e grado, spirituale e materiale. Collocata all’inizio dell’anno essa è l’affermazione più autentica e vera della presenza di Dio nella vita dell’uomo col suo Figlio Gesù, fonte di ogni bene, di luce inaccessibile e di vita senza fine. P. Angelo Sardone

2ª domenica di Natale.

La Sapienza, personificata in Cristo, proclama con orgoglio la sua gloria per essere esaltata, ammirata e benedetta. Creata prima dei secoli, per ordine del Creatore ha piantato la sua tenda tra gli uomini, mettendo le sue radici e dimorando tra i Santi. L’inizio del Vangelo di Giovanni riprende in forma poetica e di alto spessore teologico, attualizzandola, la Sapienza che diviene Logos, Parola, cioè Cristo. Il bellissimo inno riscrive la storia sacra sin dal principio (la prima parola della Bibbia), dalla creazione, con le immagini della vita e della luce, fino a divenire carne ed abitare tra gli uomini. La testimonianza del Battista è fondamentale perché attesta la continuità e la verità della storia, mettendo insieme la Legge antica di Mosè con la grazia e la verità attuale di Gesù. Mediante Cristo siamo divenuti figli adottivi, ricevendo lo spirito di sapienza e di rivelazione che sviluppa una profonda conoscenza di Lui, della speranza e della gloria. P. Angelo Sardone