Il valore della testimonianza

Mattutino di speranza

Mercoledì 27 maggio 2020

 

Uno degli elementi propri della fede e della vita cristiana è la testimonianza. Non si tratta semplicemente di un principio giuridico e sociale, ma di un elemento religioso e spirituale che consiste nel tradurre «con parole ed opere» nella vita di ogni giorno ciò in cui si crede, si spera, si ama. È la manifestazione di aver acquisito conoscenze, valori di fede e di tradurli praticamente nel contesto sociale e relazionale. La testimonianza è prima di tutto il frutto maturato nell’intimità di rapporto con Dio, attraverso la preghiera e la vita sacramentale e cresciuto nella Chiesa, in condivisione, alterità, servizio. La testimonianza è l’applicazione della fede alla vita, la traduzione delle verità che sono via al cielo nel contesto terreno delle relazioni, dell’impegno sociale, civile e religioso, nel servizio per il bene comune.  È alimentata dalla forza e dalla grazia dello Spirito Santo che guida alla verità tutta intera, ricorda quanto Gesù ha detto e con i suoi doni qualifica e dà vigore all’agire. La Chiesa oltre che la casa della comunione, è una vera e propria “scuola di testimonianza” nella misura in cui le verità della fede in essa proclamate, credute e celebrate, vengono assimilate e diffuse non per proselitismo, ma per attrazione, come afferma costantemente papa Francesco. La didattica e la dialettica relazionale sono vie abituali di testimonianza perché, permettono di tradurre in azione la concezione della vita, il valore della fede, l’efficacia delle virtù, il senso civico, il senso religioso. La testimonianza cristiana è una dichiarazione degna di fede che costituisce un attestato, una prova, un indizio sicuro e dimostrativo della verità in cui si crede, oltre che la comunicazione di una esperienza vissuta in prima persona. Può essere per questo convincente, superficiale, favorevole o sfavorevole. La testimonianza si riferisce prima di tutto al bene inteso nella globalità della sua accezione. Gli scolastici medievali avevano racchiuso in una sentenza fortemente espressiva il suo valore, la natura, la sua azione primordiale: «Bonum diffusivum sui», il bene si diffonde di per se stesso. Quando prende corpo e si radica nella vita di una persona, l’avvolge e quasi lo costringe ad operare per il bene stesso. L’afferma con vigore S. Paolo: «Caritas Christi urget nos!» (2Cor 5,14), la carità, l’amore di Cristo urge, cioè è la ragione stessa della mia vita, mi spinge ad essere quello che sono e a fare quanto la grazia di Dio richiede in parole ed opere. Quella di Gesù Cristo fu la testimonianza della verità, e per questo, come Giovanni Battista, andò incontro alla morte. La testimonianza più persuasiva sono le sue opere. Prima di ascendere al cielo conferì agli Apostoli il mandato di testimonianza quale elemento primordiale di evangelizzazione: «Mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra» (At 1,8). Lo Spirito Santo continua nella vita del mondo e della chiesa la testimonianza di Cristo attraverso la testimonianza dei fedeli cristiani, guidandola, sorreggendola, potenziandola con la sua forza, proprio come fece con S. Paolo: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma» (At 23,11). Oggi c’è tanto ed urgente bisogno di testimonianza da parte dei cristiani, piccoli e grandi, con un vero e proprio servizio umile e coerente. Paolo VI, grande maestro e santo dei tempi moderni nel discorso al Pontificio Consiglio dei laici del 2 ottobre 1974, riportato poi nel n. 41 dell’enciclica Evangelii Nuntiandi dell’Anno santo 1975, affermava: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». La testimonianza implica la coerenza, ma non è semplice coerenza, ma piuttosto, rimando al mistero di Dio. Il “testimone”, infatti, non indica se stesso, ma attesta l’evento che “ha visto” e di cui è stato “reso partecipe”. Questa è in fondo la ricchezza dell’incontro con Dio che deve tradursi in comunicazione credibile, attraverso la pratica dei comandamenti. In qualunque ambiente di vita e nella realizzazione della personale vocazione, ognuno di noi è chiamato a dare testimonianza della sua fede con la vita prima di tutto e poi con le parole, per non correre il rischio di sentirsi additato come colui che “predica bene e razzola male“ o peggio, sentir dire da Gesù: «Fate come essi dicono, ma non fate come loro poiché dicono e non fanno» (Mt 23,3). Testimoniamo dunque, con la coerenza, laddove le parole si traducono in vita, l’amore di Dio, la sua misericordia, la gioia di vivere e partecipare la fede, la gioia stessa del Vangelo. P. Angelo Sardone.