I primi diaconi

«La Parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente» (At 6,7). La risurrezione di Cristo, il gruppo degli Apostoli unito con Maria nel Cenacolo, la compattezza ed assiduità dei fedeli attorno alla Parola ed alla catechesi degli apostoli, alla frazione del pane ed alla preghiera, determinano lo sviluppo primordiale della Chiesa di Gerusalemme. Non mancano le difficoltà determinate da diversità di lingua, usi, costumi e provenienza dei seguaci di Cristo. Gerusalemme era una città cosmopolita, punto di riferimento della fede degli Ebrei e centro commerciale. Proprio da questa città parte la nuova evangelizzazione che si basa sull’insegnamento di Cristo ed ha nel Battesimo non solo il segno della conversione e del pentimento, ma la strada nuova da percorrere per avere la vita. Superata la difficoltà dei Greci di avere qualcuno che si occupi delle mense delle vedove con l’istituzione dei «diaconi», gli Apostoli poterono dedicarsi esclusivamente alla preghiera ed all’annuncio della Parola. La caratteristica di questa iniziativa, peraltro non nuova, è determinata da nuovi profeti, dominati dallo Spirito, che diventano porta-parole del kerigma, l’annuncio evangelico che in maniera sorprendente si sviluppa e propaga con il coinvolgimento sempre crescente di nuovi discepoli. La potenza e l’energia dello Spirito si rendono visibili proprio nella diffusione capillare della Parola: non semplicemente cose dette con la bocca, ma vigore straordinario e convincente che esprime il Cristo. S. Giovanni nel suo Vangelo, infatti, lo definirà «Verbo di Dio», cioè Parola. Questo servizio a distanza di oltre duemila anni, continua, nonostante le difficoltà e le avverse condizioni che, soprattutto oggi, impediscono e turbano l’accoglienza e la messa in pratica della Parola. P. Angelo Sardone

La rissa contro gli Apostoli: invidia e gelosia

«Suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio» (At 13,50). La predicazione di Barnaba e Paolo ad Antiochia sortisce grandi effetti di conversione e propagazione della fede. Dio stesso ha spalancato loro le porte per l’annunzio del Vangelo ai pagani che si dimostrano ben disposti ad accogliere la novità legata a Cristo morto e risorto. La Parola si diffondeva in tutta la regione. Gli ostacoli maggiori alla predicazione ed alla diffusione del messaggio evangelico venivano intanto proprio dai Giudei i quali manifestavano una sorta di insofferenza ed ostilità nei confronti dei due che ritenevano sovvertitori della Legge anche per il fatto che riuscivano ad entrare nel cuore della gente con facilità, trovandovi pieno consenso. Non potendo fare altro, scatenano una persecuzione contro i due apostoli. La gelosia nei confronti dei due evangelizzatori si tramuta ben presto in bestemmie contro di loro nel tentativo di dissuadere la gente che invece, non solo aveva ascoltato, ma li aveva pregati di tornare ad insegnare anche il sabato successivo. L’ira e l’invidia dei capi dei Giudei riescono a sobillare i notabili della città e le donne perché si mobilitino ed attuano il piano della persecuzione e dell’allontanamento dei due dalla città. Mettendo in pratica quanto Gesù aveva previsto ed insegnato, i due pieni di gioia, scuotono la polvere dai loro calzari contro di loro e vanno verso Iconio a 140 km da Antiochia nella provincia romana della Galazia. Il tarlo nella vita della Chiesa, opera spesso di chi ha responsabilità e non agisce secondo Dio, è proprio l’invidia è la gelosia. Non si può mettere freno all’opera di Dio quando questa è comprovata dal buonsenso e dai frutti generali e non particolari di un gruppetto di persone che si legano in maniera esagerata a questo o a quest’altro apostolo, invece che a Gesù Cristo ed alla sua Chiesa. P. Angelo Sardone

La chiarezza della parola di Dio

«Vi annunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, perché Dio l’ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù» (At 13,32-33). Il lungo ed articolato discorso di Paolo ha il suo culmine nell’annunzio del kerigma: Cristo è morto, Cristo è risorto. É questo il nucleo essenziale dell’annunzio di ogni tempo e la base primordiale della fede cristiana. Ciò si pone in continuità con tutto ciò che era stato scritto di Gesù, anche se gli abitanti di Gerusalemme e i loro capi pur non avendolo riconosciuto con la condanna a lui inflitta, hanno contribuito a realizzare le profezie. Il loro compito si è concluso con la deposizione dalla croce e l’affidamento al sepolcro. La risurrezione è opera esclusiva di Dio Padre che in questa maniera ha adempiuto la sua promessa. Ora il dono della conoscenza di questa nuova via passa ai pagani per via della testimonianza degli Apostoli e di quanti con loro se ne fanno promotori. Ancora una volta l’Apostolo fonda le radici delle sue affermazioni nella Scrittura perché da essa, come da un prezioso giacimento, provengono le verità che andranno man mano a consolidarsi. Nei nostri tempi un ricorso maggiore e competente alla Scrittura, soprattutto da parte di noi sacerdoti, più che alla sociologia ed alla psicologia, aiuterebbe con frutto tanti fedeli nella via della fede, liberando il cuore e la mente da false ideologie destinate a cadere, consolidando i valori che sono trasmessi nella catechesi e nei sacramenti. Il popolo di Dio, saggio e desideroso davvero di camminare, questo ricerca, sia dall’altare che da ogni esperienza di formazione, più che performances di discutibile efficacia. P. Angelo Sardone