L’Onnipotenza di Dio

La semina del mattino
93. «Comprendo che tu puoi tutto e che nessun progetto per te è impossibile» (Gb 42, 2). Uno degli attributi di Dio è l’onnipotenza, la perfezione della sua essenza. Consiste nel potere di fare tutto, senza alcun limite. Il Simbolo della fede, il Credo, riporta come primo articolo l’universale onnipotenza di Dio, che tutto ha creato, tutto governa e tutto può: «Egli opera tutto ciò che vuole» (Sal 115,3). Nulla a Lui è impossibile perché è Creatore, Signore dell’universo, Padrone della storia. Egli manifesta la sua onnipotenza soprattutto con la paternità e l’infinita misericordia. La fede cristiana insegna che Gesù è «potenza di Dio e sapienza di Dio» (1Cor 1,25), manifestata nell’esaltazione di Cristo in croce e nella risurrezione. Solo con la fede si può aderire alle vie misteriose della onnipotenza divina. Al termine del lungo libro che descrive ed esamina la sua particolare situazione di vita, Giobbe, ricolmato di grazie da Dio provvidente col quale ha interloquito, ne esalta la grandezza con una vera e propria professione di fede. In essa sottolinea l’onnipotenza divina ed evidenza la sua personale ignoranza ed incomprensione delle “cose troppo meravigliose”, chiedendo invece di continuare ad interrogarlo e a disporsi umilmente alla sua continua istruzione, attestando il suo pentimento. L’uomo, dominato dal peccato, da sempre forgia la sua personalità e la prassi di vita all’insegna dell’orgoglio che lo porta spesso a “deliri di onnipotenza” come se tutto dipendesse da lui, dalla sua competenza, sempre e comunque limitata, dal denaro e dal potere effimero e corruttibile. P. Angelo Sardone

Santi Angeli di Dio, benedite il Signore!

La semina del mattino
92. «Io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato» (Es 23,20). Gli Angeli, sono puri spiriti che stanno davanti a Dio per servirlo, pronti ai suoi comandi: salgono e scendono davanti a Gesù. Il loro nome, messaggero, denota l’ufficio, non la natura. Sono guide e tutori costituiti da Dio e preposti a ciascuno come “custodi” perché camminino davanti ad ogni uomo e lo proteggano, lo illuminino, lo guidino verso il bene. Al nostro angelo custode dobbiamo rispetto e riverenza per la sua presenza, devozione per la sua benevolenza, fiducia per la sua custodia. Se ascoltiamo la sua voce senza ribellarci e gli restiamo vicini, godremo della protezione di Dio e non saremo mai soli! Guardando sempre il volto di Dio, essi gli offrono i profumi delle nostre opere buone e delle preghiere, ci assistono nella via della pace e ci salvano da ogni pericolo spirituale e materiale. A loro si deve inoltre rispetto e docilità: in loro è la gloria del volto di Dio. In ogni casa c’è un angelo nelle sembianze di mamma, di bimbo, di ammalato, di anziano. I nonni, in particolare, in un certo senso sono gli angeli della famiglia, custodi della storia e della tradizione, memoria vivente del passato, testimonianza ed icona di saggezza. Il Signore doni loro vita e salute perché possano essere guide illuminate per figli e nipoti. Anche l’amico vero è un angelo, se tu l’ascolti, l’accogli con fiducia e gli fai spazio nel cuore. P. Angelo Sardone

La piccola via

La semina del mattino
91. «Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18, 3). L’infanzia è il periodo della vita dell’uomo che va dalla nascita fino alla preadolescenza. È uno dei più ricchi dell’intera esistenza, colmo di spontanea gaiezza, nel quale si sviluppano le capacità affettive e conoscitive e si apprendono le prime norme e i modelli esistenziali di comportamento sociale e religioso. Il termine evoca l’incapacità di parlare e “bambino”, dall’etimologia greca, è colui che balbetta, che fa i primi passi nel linguaggio. Ha diritti universali, bisogni e interessi specifici. Dinanzi alla fragilità di fede dei discepoli che si aspettavano un Messia forte e potente, Gesù propone la conversione radicale di mente e di cuore e la pone sul piano dell’innocenza, della semplicità e dell’ingenuità proprie di un bambino che chiama e pone al centro dell’attenzione. Nella logica di Cristo i più grandi sono i piccoli perché ad essi sono rivelati i misteri di Dio ed aperto l’ingresso nel Regno dei cieli. È una mentalità nuova e sconvolgente, manifestazione di un privilegio riservato a chi è piccolo. In questa ottica si colloca la santità e la testimonianza di vita della carmelitana S. Teresa del Bambino Gesù (1873-1897), che ha tracciato e lasciato la “piccola via dell’infanzia spirituale”, come autentico segreto di santità. Non è immaturità, ma cammino di fiducia totale in Gesù: «Non c’è cosa più gradita a Dio che abbandonarsi a Lui come un bambino si addormenta nelle braccia di suo padre» scriveva, perché ai piccoli il Padre celeste rivela le cose grandi (Lc 10,21). La logica mondana fa fatica ad accogliere questa indicazione; il ritorno all’infanzia richiede una purificazione globale di pensieri e sentimenti ed un abbandono fiducioso in Dio. P. Angelo Sardone

Ignorare la Scrittura è ignorare Cristo

La semina del mattino
90. «Ignorare le Scritture significa ignorare Cristo». La Chiesa raccomanda che la predicazione e la religione cristiana siano sempre nutrite e regolate dalla Sacra Scrittura (DV 21). In essa trova il suo nutrimento e il suo vigore: non una parola di uomini, ma la Parola di Dio, cioè il linguaggio amorevole col quale il Padre celeste parla con i suoi figli. Lo studio della Scrittura è l’anima della teologia e la guida più sicura della fede. Il ministero della Parola, la predicazione, la catechesi, l’istruzione cristiana, l’omelia che ha un posto privilegiato nella liturgia, si nutrono con profitto con la parola della Bibbia. È indispensabile apprendere “la sublime scienza di Gesù Cristo” (Fil 3,8) con una lettura frequente e l’attenta meditazione. Un eccellente testimone ed esecutore di questi principi è S. Girolamo (Croazia, 347 – Betlemme 420). Dotato di una eccellente erudizione, padrone di cinque lingue, viaggiatore in Oriente ed Occidente, è uno scrittore di prim’ordine nella Chiesa latina ed uno dei santi più dotti. Ad un temperamento vivace e focoso univa commozione e tenerezza, al digiuno, il lavoro, alla preghiera, le veglie, all’esperienza di vita monastica, gli studi. Utilizzando tradizioni e traduzioni anteriori ed operandone di nuove, preparò la redazione completa della Bibbia in latino. Ritiratosi a Betlemme, si dedicò alla traduzione e commento della Sacra Scrittura, scrutandola, cercando la sua sapienza, traendone cose nuove ed antiche. Nella società odierna c’è ancora tanta ignoranza della Parola di Dio, nonostante la facilità di accesso e la reperibilità di introduzioni, commenti ed avviamento al suo studio. Ciò determina la non conoscenza di Cristo. P. Angelo Sardone

Tre potenti Arcangeli

La semina del mattino
89. «Benedite il Signore, voi tutti suoi Angeli, potenti esecutori dei suoi comandi» (Sal 103,20). La liturgia odierna in un’unica festa venera gli Arcangeli, una triade di potenza, sapienza e salute. Sono angeli eminenti evocati nella Scrittura, inviati da Dio sulla terra a compiere missioni straordinarie nella storia della salvezza. Sono al vertice sommo della gerarchia celeste, stanno al cospetto di Dio e cantano la sua gloria. Il loro nome “teoforico” che cioè ha in sé il nome di Dio (El, Eloim), è specificato dalla particolare missione loro affidata: Michele (chi è come Dio?), è il grande principe che vigila sui figli del popolo e li difende dalle insidie di Satana; Gabriele (forza di Dio) reca gli annunzi di Dio; Raffaele (medicina di Dio) guida Tobia nel viaggio e guarisce il padre Tobi. Accomunati nel progetto di amore di Dio continuano il loro compito nella storia dell’uomo difendendo chi a loro si affida nella lotta contro il male ed il peccato, guidando nell’ascolto della Parola del Signore e guarendo nel cammino di realizzazione della vita. La loro presenza nella Chiesa garantisce la difesa dal nemico infernale, la forza dell’evangelizzazione e la terapia di amore e misericordia che Dio usa coi suoi figli sulla terra. Beato chi porta il loro nome: gli è garantita una protezione speciale e la difesa per affrontare ogni cosa con maggiore fiducia e certezza di vincere il male, la salvaguardia dalle malattie spirituali e la disponibilità all’accoglienza del progetto vocazionale. La loro protezione guidi, difenda dal male, guarisca dal peccato, apra il cuore all’accoglienza del mistero di Dio e del suo amore eterno. P. Angelo Sardone

Che pazienza!

La semina del mattino
88. «Il Signore ha dato, il Signore ha tolto: sia benedetto il suo Nome» (Gb 1,21). È una delle espressioni di fede più celebri che l’autore sacro mette sulla bocca di Giobbe, icona per eccellenza del grande sofferente, uomo della pazienza. La sua vicenda è raccontata in un libro didattico-sapienziale che porta il suo nome e che descrive la storia e la vita di un uomo e della sua famiglia, provata da numerose sciagure e inaudite tribolazioni, cui fanno seguito meditazioni profonde sul senso della vita, della sofferenza e del male che si accanisce contro il giusto, contenute nei dialoghi con tre suoi amici. Il grande commentatore Ravasi lo ritiene «uno dei capolavori della letteratura di tutti i tempi, un’opera imponente e ardua», su un uomo pieno di misericordia. Si affronta il problema del bene premiato e del male punito, partendo da una famiglia felice e prospera che si trova decimata nei figli, nel bestiame, nei beni materiali. Audace è la richiesta di Giobbe, una protesta rivolta a Dio perché gli risponda! Dio si fa presente e le cose cambiano: dalla ribellione Giobbe passa alla fede. Gli insegnamenti deducibili dai 42 capitoli sono attuali per tutti i tempi per le situazioni ricorrenti nella storia degli uomini alla ricerca di risposte al perché del mistero della sofferenza, del dolore, della sventura. Il desiderio di responsi convincenti ai tanti perché della vita, trova risposte non sempre comprensibili. La proverbiale pazienza di Giobbe diventa fede matura «nudo uscii dal seno di mia madre e nudo vi tornerò» e conoscenza dell’infinita distanza tra il Creatore e la creatura. Pazienza e costanza nella fede, sono premiate da un nuovo e grandioso inizio. P. Angelo Sardone

La giovinezza

La semina del mattino

  1. «Si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù» (Qo 11,9).

La giovinezza oltre che la più bella stagione della vita è una sua singolare e specifica ricchezza. A cavallo tra l’infanzia e la piena maturità si determina con un’irripetibile potenzialità ricca di umanità, progetti, prospettive, realizzazioni e conquiste. È il tempo delle domande fondamentali sul senso ed il valore della vita; è l’epoca del discernimento, delle prime scelte, dell’inizio del cammino di realizzazione. La personalità prende corpo, la coscienza matura ed entrambe si manifestano con la coerenza delle azioni guardando all’intera vita. Si sviluppa e prende corpo una ricchezza interiore ed esteriore, culturale, relazionale e spirituale. L’interlocutore più efficace, competente ed insostituibile è Cristo. Nel tempo della gioventù il cuore si riempie di gioia ed anela al suo compimento man mano che cresce e matura nella cultura, nella fede, nelle relazioni, nella propria realizzazione. Non si può essere lasciati soli a crescere: si rischia lo sbando, la noia, la tristezza! Le illusioni diventano delusioni, gli sprazzi di realizzazione sono trappole di perfidia e di facili ripiegamenti emotivi, psicologici e morali. «Ohimè! quanti giovani, nel fiore degli anni, prendono pessima strada, perché a tempo opportuno non trovano i buoni operai evangelici» (S. Annibale). La gioia viene salvaguardata ed alimentata dalla rettitudine di coscienza, dalla ricerca responsabile di un appagamento adeguato, dalla scoperta della propria vocazione, da una seria, decisa e stabile direzione spirituale che assicura ai giovani una sistematica scuola di vita interiore. P. Angelo Sardone

Santi Medici “anargiri”, senza compenso materiale

La semina del mattino
86. «Sono i malati che hanno bisogno del medico» (Mt 9,12).
La Chiesa continua la missione di Cristo che percorreva tutte le città e i villaggi, sanando ogni malattia ed infermità (Mt 9,35), per condividere gioie e dolori soprattutto per i sofferenti e gli ammalati. La sofferenza accompagna l’uomo in tutte le fasi della sua vita ed in ogni luogo del pianeta. Anche la creazione geme e soffre come nelle doglie del parto. Cristo era sensibile e vicino al mondo della sofferenza fisica e spirituale: guariva i malati, consolava gli afflitti, rendeva la vista ai ciechi, l’udito ai sordi, sanava dalla lebbra e da minorazioni fisiche, liberava dal demonio, restituiva finanche la vita ai morti. Il vangelo della sofferenza, in particolare nella parabola del buon Samaritano, indica le modalità del rapporto verso il prossimo che soffre. Spesso «si passa oltre» con indifferenza; non è sempre facile «fermarsi» accanto al malato, a chi soffre, all’anziano, a chi è solo. Fermarsi significa avere attenzione, disponibilità di tempo, di mezzi e di sostanze. La Chiesa ricorda oggi i “santi medici” Cosma e Damiano (IV sec.), “illustri atleti e generosi martiri”, molto noti ed invocati. La Tradizione li evoca come gemelli, fratelli maggiori degli altri tre Antimo, Leonzio ed Euprepio. Svolgevano la loro professione medica gratuitamente: non prendevano denaro alcuno o beni materiali in cambio della loro prestazione. Per questo erano detti “anargiri”, cioè “senza argento”. Sono invocati come potenti taumaturghi. Anche oggi tanti medici, sono buoni samaritani, anargiri, mettono il cuore in ciò che fanno e non si risparmiano in generosità di tempo e di mezzi. P. Angelo Sardone

Tu sei il Cristo di Dio!

La semina del mattino. 85. «Pietro rispose: Tu sei il Cristo di Dio» (Lc 9,20). Non era evidentemente una curiosità quella di Gesù nell’interrogare gli apostoli circa la risonanza che aveva tra la gente la sua identità e le sue opere. Un giorno, mentre si trovavano in un luogo solitario a pregare e i discepoli erano con Lui, pose il quesito. Fu determinante ed illuminante ai fini di una fede più matura, a partire da coloro che avevano abbandonato tutto per andare dietro a Lui, lo accompagnavano ma forse non lo seguivano ancora. Il popolo che andava dietro a Gesù, per quello che ascoltava e comprendeva dalla potenza ed autorità della sua parola e dalle azioni che compiva, soprattutto quelle straordinarie dei miracoli, lo considerava Giovanni il Battista redivivo, Elia o uno dei profeti. Era naturale fare questo accostamento, data la notorietà del profeta di fuoco e del predicatore del Giordano, fatto decapitare da Erode. Gesù vuole sapere di più, desidera conoscere cosa pensano loro, gli Apostoli. Risponde per tutti Pietro: «Tu sei il Cristo di Dio», il figlio di Davide atteso, il re Messia che deve inaugurare il Regno di Israele. Alla risposta di Pietro, Gesù reagisce ordinando severamente a lui ed ai discepoli di non riferirlo ad alcuno, perché il suo essere Figlio dell’Uomo, Messia, non è sinonimo di potere e di dominio, ma di vita da offrire. Il tutto, con l’inaudita sofferenza della passione, il rifiuto da parte degli aristocratici pensatori ed amministratori di allora, i sacerdoti e gli scribi, la morte in croce ed infine la risurrezione. P. Angelo Sardone