La Parola e la Luce

180. «Il comandamento antico è la Parola che avete udito. Il comandamento nuovo è la luce vera che appare» (1Gv 2,7-8). Il Tempo di Natale si caratterizza come tempo dell’accoglienza. Nel Bambino nato a Betlemme si accoglie il Verbo Incarnato, cioè la Parola di Dio fattasi non solo storia, ma carne umana. La Parola è l’elemento costitutivo della fede cristiana: con la Parola Dio crea, nella Parola si incarna, attraverso la Parola si genera la vita di grazia coi Sacramenti; la Parola è il punto di riferimento della vita della Chiesa. Essa non è solamente il prodotto della voce, è il più antico comandamento. Dopo essersi manifestato ai Patriarchi, Dio la concede al popolo eletto tramite Mosè racchiudendola nei Comandamenti, le “Dieci Parole” dalle quali traspare con evidenza il suo amore per l’uomo. Le preoccupazioni della vita spesso rendono gli uomini smemorati o lontani da una accoglienza serena e sincera. La Parola “è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica” (Dt 30,14). Essa risuona nella coscienza e nella mente operativa. È a portata di mano nella Liturgia giornaliera, da quella delle Ore a quella eucaristica che costituiscono un ineguagliabile punto di riferimento per la vita cristiana. Ogni devozione, ogni gesto, ogni pio esercizio, se ancorato alla Parola frequentata, accolta, meditata e trasformata nella vita, acquista valore e lascia una scia dietro di sé, molto più lucente di una cometa perché è luce nuova di fulgore divino. E tutto questo non è un pio desiderio o una esortazione peregrina, ma un vero e proprio comandamento! P. Angelo Sardone

I santi Innocenti

La semina del mattino. «Erode mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù» (Mt 2, 16). Vistosi ingannato dai Magi giunti a Gerusalemme per adorare il Re dei Giudei appena nato, Erode il Grande che governava sulla Palestina, crudele e sanguinario, diffidente e sospettoso che il Bambino gli scalzasse il trono, ordinò la terribile strage di bambini di Betlemme e del territorio circostante. La sua furia omicida si scagliò contro una ventina circa di infanti strappati dalle braccia delle mamme sotto gli occhi esterrefatti dei padri, vittime inconsapevoli di un odio spietato. Il gesto ignobile si accordava perfettamente col carattere immorale di Erode, dominato della sete del potere. Il Bambino Gesù si salvò perché Giuseppe nottetempo lo condusse con Maria in Egitto. L’episodio evangelico di una crudezza eccezionale era stato in un certo senso prefigurato dal profeta Geremia con Rachele, moglie di Giacobbe, a Rama, dove si radunavano i deportati; essa piange per i figli come morti perché andati in esilio, scomparsi per sempre (Ger 31,15). Il suo dolore profondo e il suo pianto amaro sono la manifestazione della tragedia della perdita di un figlio che causa una ferita non facilmente rimarginabile. I santi Innocenti pur inconsapevoli della sorte loro riservata, incapaci di confessarlo con le parole, glorificano col sangue il Bambino Gesù. La tragedia si ripete nel tempo e nella storia dell’uomo con le vittime innocenti del potere, della violenza, della sopraffazione e dell’egoismo degli adulti: da quelli uccisi nel grembo materno, indifesi, inermi ed ignari, a coloro che muoiono per la fame, l’indigenza, l’odio razziale o di religione. La fede professata con le labbra, va espressa con la vita! P. Angelo Sardone

Buona domenica della Santa Famiglia

«Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui» (Lc 2,33). Il Vangelo di S. Luca dipinge quadri espressivi della famiglia a partire da Maria, Giuseppe ed il Bambino Gesù. La grotta di Betlemme prima, il tempio di Gerusalemme dopo, la casa di Nazaret infine, sono i luoghi nei quali di delinea e si comprende la vita e la missione della famiglia “sacra” per eccellenza, modello di ogni famiglia cristiana. Segnati da una identità e tipologia singolari, le tre figure evangeliche tracciano il prototipo della famiglia fondata sui valori fondamentali dell’amore, coniugati dalla diversità di genere, dall’accoglienza della vita, dall’esperienza della sofferenza, dalla legge del lavoro, dal silenzio e dal servizio. Dinanzi al Figlio del Padre celeste, lo stupore di Maria e Giuseppe diventano sommi, consapevoli della responsabilità della loro missione e del loro ruolo nel compimento del piano di salvezza. Sono anche una anticipazione della immagine della Chiesa con il capo (Cristo), la madre (Maria), il patrono e custode (Giuseppe). Analogamente, per via del sacramento del matrimonio dei genitori e del battesimo dei figli, la famiglia cristiana si definisce “chiesa domestica”, partecipe della missione della Chiesa, che genera i figli e diventa la prima e principale istituzione che trasmette loro la fede. In diversi paesi evoluti la famiglia ha perduto questo ruolo da protagonista, con il conseguente declino della pratica religiosa e dei valori morali. Nonostante le sfide odierne, la povertà economica, le malattie, la deresponsabilizzazione, l’emarginazione e l’isolamento sociale, la solitudine, la fragilità delle relazioni familiari, la famiglia rimane il sogno di Dio realizzato dalla condivisione responsabile dell’uomo e della donna nella comunione d’amore e nel dono dei figli. P. Angelo Sardone

Santa Famiglia di Nazaret

I patriarchi Abramo e Sara, prototipo della famiglia cristiana, sono beneficiati dal Signore col dono del figlio Isacco e la somma delle benedizioni a ricompensa della loro fede, accreditata come giustizia. Sono un simbolo ed un esempio molteplice per tutti i tempi: obbedienza della fede, paternità e maternità fuori dall’ordinario, dura prova nell’offerta sacrificale del figlio. Maria e Giuseppe si collocano in questa scia storico-salvifica con la loro vita familiare assoggettata alle leggi mosaiche della purificazione rituale, della presentazione al Tempio, della vita sociale a Nazaret. La testimonianza verbale di Simeone ed Anna diviene benedizione e lode al Bambino, “luce delle genti e gloria del popolo d’Israele”. I genitori sono stupefatti per le cose che si dicevano del Bambino che intanto cresce e si fortifica pieno di sapienza e di grazia. La famiglia cristiana rinnova oggi le Promesse derivanti dal sacramento del matrimonio. P. Angelo Sardone

Il coraggio invitto di S. Stefano

La semina del mattino. 177. «Signore, non imputare loro questo peccato» (At 7,60). Il tempo liturgico che segue immediatamente il S. Natale presenta i cosiddetti «comites Christi» i «vicini al Signore», cioè quelle figure che hanno testimoniato col martirio la fede in Cristo. La lotta acerrima contro i seguaci di Gesù, soprattutto dopo l’iniziale affermazione della fede in Cristo morto e risorto, fa la prima vittima in Stefano, protodiacono e protomartire della nuova era iniziata dal Maestro di Nazaret. Il suo nome richiama l’origine greca e significa «corona», facendo riferimento anche alla corona del martirio della quale fu cinto. Le sue gesta sono raccontate nei capitoli sesto e settimo degli Atti degli Apostoli. Il teso sacro lo definisce «uomo pieno di fede e di Spirito Santo». Ne è prova il lungo discorso biblico, una mirabile sintesi dottrinale storico-teologica del vecchio Testamento fino a Gesù, che egli rivolge con coraggio ed intraprendenza ai membri della sinagoga ed ai sacerdoti agguerriti contro di lui. La potenza misteriosa dello Spirito lo sorregge nella difesa delle accuse di blasfemia, e gli fa mostrare il volto trasfigurato simile a quello di un angelo. La sua tragica fine è segnata dalla lapidazione inflitta dal linciaggio popolare istigato dall’odio del sinedrio a seguito della sua affermazione di contemplare il cielo aperto e il Figlio dell’Uomo alla destra del Padre. Le sue parole conclusive sono simili a quelle pronunziate da Gesù sulla croce: la richiesta di perdono per gli uccisori. La corona di gloria che esprime carità, supera la crudeltà dei rei Giudei. Auguri a tutti coloro che ne portano il nome. P. Angelo Sardone

S. Natale 2020

pe lo chiamò Gesù» (Mt 1,25).

L’evento storico-salvifico della redenzione dell’uomo dal peccato, preannunziato già nel paradiso terrestre, comincia a realizzarsi col mistero dell’Incarnazione di Gesù nel grembo di Maria e con la sua nascita a Betlemme. Nella pienezza del tempo, secondo un prestabilito progetto di Dio, il Figlio assume la carne mortale da una donna scelta sin dall’eternità, costituita nella sua singolare bellezza di anima e di corpo; è giuridicamente garantito dalla discendenza davidica per mezzo di Giuseppe, suo padre putativo. La grandezza del mistero di amore nascosto nei secoli si manifesta storicamente al tempo di Cesare Augusto a Betlemme, a poca distanza da Gerusalemme, la città di Dio, in occasione di un censimento. Giuseppe e Maria sono l’anello umano per il compimento del piano salvifico, assoggettati entrambi alla volontà di Dio mediante la loro libera adesione, non senza difficoltà, e compartecipi del mistero del Bambino nato per la salvezza del mondo. La grotta di Betlemme è il luogo dell’evento, determinato dal rifiuto di alloggio nel villaggio, caratterizzato dall’estrema povertà ed illuminata dalla luce sfolgorante di gloria, dal canto degli Angeli, dalla visita dei pastori. Si manifesta così la bontà di Dio e il suo amore immenso per gli uomini, frutto esclusivo della sua misericordia, e sorgente di vita e di Spirito Santo, effuso in abbondanza per la gioia comune. Buon Natale. Auguri di una nuova nascita in Cristo. P. Angelo Sardone

Buon Natale

Natale di nostro Signore Gesù Cristo secondo la carne. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto la grande luce: è nato un bambino, è stato donato un figlio. Rifiutato dagli uomini, senza un angolo di accoglienza al riparo di un albergo, da Maria è avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia. Il sole divino apparso all’orizzonte dell’umanità illumina per sempre la storia dell’uomo e le sue vicende. La grazia di Dio che porta la salvezza ed insegna a vivere in maniera autentica è apparsa per riscattare l’uomo da ogni iniquità. La grande gioia è per tutto il popolo e non arreca timore. Gli Angeli l’annunciano, i pastori accorrono alla grotta e trovano il segno indicato. Il frutto del Natale devono essere le buone opere, l’attaccamento e l’appartenenza ad un popolo puro che vive in sobrietà, giustizia e pietà. La gloria di Dio avvolga di luce il buio di questi giorni; la gioia prenda il posto della paura, la distanza sociale ceda il passo alla vicinanza di cuore, il sospetto e l’individualismo si tramuti in accoglienza e condivisione. È questo il senso dei veri Auguri. Buon Natale. P. Angelo Sardone

Nono giorno della Novena e Vigilia del S. Natale

La semina del mattino

175. «Ecco ormai la pienezza del tempo: Dio ha mandato suo Figlio nel mondo» (Gal 4,4). Vigilia di Natale.La lunga preparazione alla venuta di Cristo ha avuto nella formulazione del primo annunzio del vangelo dopo la caduta dei progenitori e nella legge mosaica, un pedagogo ed un maestro. Ora la lunga attesa si è compiuta: il tempo inaugurato con la creazione è giunto alla pienezza e diviene salvezza; Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo. L’antica alleanza fatta di prescrizioni e doveri viene ora superata e definita dalla nuova di cui l’Incarnazione e la nascita di Gesù sono l’inizio e la conseguenza. Dio irrompe nella storia dell’uomo purificandola e dandole il senso vero, apportando la salvezza. Dopo aver parlato in molti modi ora Dio si esprime con la sua definitiva Parola, il Figlio, che prende carne mortale nel grembo di una donna e dimora tra gli uomini. L’Eterno diventa finito, Dio si fa uomo, il Figlio di Dio si fa figlio dell’Uomo. Il tempo, soprattutto quello attuale segnato dallo straordinario ed infausto evento della pandemia, cupo ed impenetrabile mistero d’iniquità, viene squarciato per sempre dalla luce sfolgorante di un arrivo atteso e dal tenero vagito di un neonato, carne divina racchiusa nel corpo di un bambino. Il presepe ripresenta plasticamente la realtà della nascita che ha sconvolto il mondo. La liturgia propone attraverso i segni la ricchezza e la straordinarietà di una Parola che «sta alla base di ogni autentica spiritualità cristiana» (Benedetto XVI). Il Natale consiste in questo: accogliere nel profondo di sé il Dio del cuore per diventare noi il cuore di Dio. P. Angelo Sardone