XXV Giornata mondiale della vita consacrata

215. «Luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele» (Lc 2,32).

Preceduto dal suo Messaggero, il Signore, Angelo dell’alleanza, entra nel Tempio per fondere e purificare come il fuoco del fonditore e la lisciva dei lavandai. La sua è offerta di giustizia a Dio. Avendo assunto la natura umana col sangue e la carne, in tutto simile a noi, Gesù è il sommo sacerdote misericordioso e degno di fede: si prende cura della stirpe di Abramo, soffre personalmente, espia il peccato ed aiuta chi è nella prova. Dopo quaranta giorni dalla nascita, se si trattava di un maschio, la Legge di Jahwé prevedeva la purificazione rituale della donna e la presentazione del figlio al Tempio. Giuseppe e Maria fedeli osservanti della Legge compiono il rito prescritto. Sono accolti con stupore dai vegliardi Anna e Simeone: quest’ultimo benedice il Signore e addita il bambino «salvezza e rovina, luce del mondo, gloria del popolo, segno di contraddizione». A Maria viene anche annunziata la spada dell’acerbo dolore che trafiggerà la sua anima per la perdita e la morte infame del suo Figlio. Giuseppe, silenzioso è spettatore dell’evento che se pure non lo tocca direttamente, lo coinvolge nel grande mistero della salvezza. Oggi si celebra la XXV «Giornata mondiale della vita consacrata», dono che arricchisce la Chiesa con la molteplicità dei carismi e l’edificazione di tante esistenze umane votate al servizio dei fratelli nei più diversi campi di apostolato e di testimonianza di vita cristiana tendente alla perfezione. Chiedo una preghiera per noi religiosi e religiose chiamati ad essere luce, ad appartenere a Dio sommamente amato ed a curare e servire generosamente i fratelli con la grandezza del suo amore ed un comportamento esemplare. P. Angelo Sardone

Il potere di Gesù contro il potere di Satana

La semina del mattino

214. «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te» (Mc 5, 19). Sin dalla caduta di Adamo ed Eva, è stata sempre aspra la lotta condotta da Dio contro Satana, il ribelle, portatore di menzogna. La sua furia si manifesta con la sua presenza ed il condizionamento delle menti, delle azioni, il possesso del corpo ed il dominio del cuore. Più particolarmente durante il ministero pubblico di Gesù la potenza diabolica si è scatenata, tenendo sotto scacco uomini e donne, piccoli e grandi e mal sopportando la presenza del Maestro, l’unico col potere di scacciarla. L’episodio dell’indemoniato di Gerasa testimonia l’autorità di Gesù sugli spiriti immondi, sia che si tratti di uno che di duemila come in questo caso. E’ la forza liberatoria e misericordiosa della grazia di Dio che opera. Col demonio non si scherza: il Signore permette che prenda corpo e vita dentro il corpo e la vita di un individuo con tutte le manifestazioni fuori di ogni controllo e normalità. Ma tante volte sono il comportamento e le scelte scellerate dell’uomo a permettere che non uno, ma tanti spiriti impuri si impossessino della sua mente ed alberghino nel suo corpo. Allora tutto diventa strano: modi di pensare, comportamenti, azioni insulse, improperi, maledizioni, sopraffazioni e finanche la morte. Quando però il Signore interviene lo fa con autorità suprema. Il demonio scappa via e si impossessa dei porci; il malcapitato torna sano ed è inviato a raccontare le meraviglie operate da Dio con la liberazione dal male e dal peccato. P. Angelo Sardone

Festa del Nome SS.mo di Gesù

La semina del mattino

213. «In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, Egli ve la darà. Chiedete ed otterrete, perché la vostra gioia sia piena» (Gv 16, 23-24). A partire da questa Parola, S. Annibale M. Di Francia, sin dal 1888, promosse la pratica della Novena al Nome SS.mo di Gesù e la Supplica all’Eterno Divin Genitore, da presentare nella solenne festività del Nome di Gesù, ogni 31 gennaio. Con una eccezionale padronanza biblica di contenuti e di riferimenti, egli aveva prescritto la novena ritenendola “tra le primarie” e con altrettanta singolarità aveva ideato la Supplica che in un certo senso segna per l’Opera Rogazionista la conclusione dell’anno e l’inizio del nuovo. Le suppliche, costituite in genere da 34 petizioni secondo il numero degli anni della vita terrena di Gesù Cristo, compresi i nove mesi nel grembo di Maria, compendiano in forma originale, anno per anno, la storia dell’Opera rogazionista, le sue vicende liete e tristi, attraverso la lode, il rendimento di grazie al Signore e la richiesta di aiuti e favori celesti. Nella Festa del Nome di Gesù pregando nel suo Nome, ci si unisce alle preghiere stesse di Nostro Signore quando pregava con preghiere perfettissime che il suo Eterno Genitore non poteva in alcun modo rigettare. Nella tradizione rogazionista, in occasione della Festa, si offrono «cinque lampade eucaristichead onore delle cinque preziose lettere che compongono il Nome SS.mo di Gesù (Iesus)». Queste lampade vanno tenute sempre accese spiritualmente con la qualità della vita e lo zelo dell’impegno cristiano. P. Angelo Sardone

Il nuovo Mosè

4ª domenica Tempo Ordinario.  Il Signore Dio susciterà in mezzo al popolo e per il popolo d’Israele un grande profeta. In bocca a lui metterà le sue parole: ciò che egli dirà appartiene a Dio e da Lui è comandato. Il resto è presunzione. Chi non ascolta dovrà renderne conto. Quel profeta è Gesù di Nazaret: infatti parlava ed insegnava in maniera nuova, con autorità e tutti erano stupiti. Gli spiriti immondi lo osteggiavano ed avvertivano la loro rovina. Lo stupore degli astanti diventava timore. La sua fama si diffondeva dappertutto. La Parola di Dio è per il bene comune e tende ad eliminare le preoccupazioni a cominciare dalle scelte di vita, il matrimonio, per come piacere al marito o alla moglie, la verginità per come piacere al Signore. È proclamata per indurre a comportarsi in maniera degna e rimanere fedeli al Signore. P. Angelo Sardone

Passiamo all’altra riva!

La semina del mattino

 212. «Gesù disse ai suoi discepoli: “Passiamo all’altra riva”» (Mc 4, 35). Dopo tanto lavoro di predicazione e di interventi terapeutici per il corpo e l’anima sulle rive del lago di Galilea, giunta la sera Gesù congeda la folla e fa pressione sugli apostoli per passare all’altra riva. Sale con loro in una barca e si mette a poppa, si adagia su un cuscino e si addormenta. Inaspettata giunge una tempesta di vento: le onde fanno paura. I discepoli temono che la barca si rovesci, ma intanto il Maestro dorme, inconsapevole di tutto ciò che sta succedendo. Quando il rischio è alto e sono tante le probabilità di affondare, allarmati lo svegliano e lo rimproverano. Ha dato la salute e la serenità a tanti nella giornata ed ora è come se non gli importasse nulla che la barca affondi ed i suoi amici si sentano perduti. Tre verbi significativi identificano il suo intervento: si desta, minaccia il vento, parla al mare, come parlasse ad una persona, intimando di calmarsi. La forza della natura si quieta, il vento si calma: alla grande tempesta si oppone la grande bonaccia. Il Signore anche se dorme, veglia, anche se sembra incurante, è pronto ad intervenire, anche se lascia fare alle forze della natura, è capace di dominarle. La paura di non farcela, di soccombere sotto le onde paurose della vita, manifesta la mancanza di una fede matura, pur trovandosi nella stessa barca di Gesù che ha deciso di farci passare ad un’altra riva di esperienza e di impegno più ampi e provvidenziali. La sua volontà guarda il bene vero. Occorre fidarsi ed affidarsi. P. Angelo Sardone

Il “bue muto”

La semina del mattino

210. «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro?» (Mc 4, 21). Il compito della luce è risplendere: per questo ha bisogni di spazi liberi. Nella sua predicazione spesso Gesù fa ricorso alla luce ed ai suoi derivati, compresi gli strumenti che la producono e la manifestano. Il linguaggio adoperato è legato all’esperienza della gente, ma vuole essere anche comunicazione esemplificata del suo mistero. Gesù è la luce vera che illumina ogni uomo: per questo non può essere nascosta, ma deve essere collocata sul candelabro. Il compito di farla splendere e comunicarla il Signore l’ha affidato alle intelligenze umane e soprattutto ai Santi che hanno attinto dalla sua luce e l’hanno fatta risplendere nelle tenebre dell’ignoranza. Uno di questi fari di luce che si impone nel tempo e nella storia e si propaga sempre più nella verità senza fine, è il domenicano e dottore della Chiesa, S. Tommaso d’Aquino (1225-1274), uno dei luminari della scienza filosofica e teologica di tutti i tempi. La sua santità si coniuga con la sua impressionante e vastissima cultura. La sua dottrina illumina tuttora i passi della Chiesa. Le sue opere, in particolare le “Summae”, Teologica e Contro i Gentili, racchiudono in maniera mirabile lo scibile teologico e sono geniali soluzioni di vari problemi. La finezza del pensiero, l’analisi esplicativa dei testi, le fonti ripetutamente citate della filosofia antica delle opere dei Padri della Chiesa, lo rendono davvero un pozzo di scienza. Era definito volgarmente «bue muto», ma come opportunamente affermava S. Alberto Magno, suo maestro, i suoi muggiti si odono ancora da un’estremità all’altra della terra! P. Angelo Sardone