Il giorno del Signore

«Viene il giorno del Signore, perché è vicino, giorno di tenebra e di oscurità, giorno di nube e di caligine» (Gl 2,1-2). Il tema escatologico del giorno del Signore annunziato dal profeta Malachia, viene integrato dalle indicazioni altrettanto incisive del profeta Gioele uno degli ultimi esponenti della corrente profetica. Il suo libro, di appena 4 capitoli, ha un sentore propriamente liturgico, tanto da essere molto presente nelle attuali liturgie quaresimali. Dal flagello delle cavallette che invadono e distruggono tutto, come fosse un grande esercito, si passa all’enunciazione del «giorno del Signore», un’era nuova che prevede l’effusione dello Spirito. La liturgia di lutto e di supplica si sviluppa con un lamento di desolazione sul paese e l’invito ad un cambiamento radicale in vista del giorno del Signore, dal quale si può essere liberati solo con la penitenza e la preghiera. Gli elementi simbolici presentati non sono esclusivamente quaresimali ma abbracciano la vita di ogni giorno. Cilicio, pianto, vestito di sacco, digiuno, riunione sacra sono tutte primitive componenti di culto che hanno trovato spazio ed utilizzazione nella liturgia della Chiesa. Il giorno del Signore viene presentato come un giorno di allarme e devastazione, di tenebra ed oscurità, che incute terrore. Quando verrà nessuno lo sa. Gli eventi storici passati devono essere di insegnamento Occorre comunque essere sempre pronti, sapendo leggere i segni dei tempi che, in questi ultimi giorni, sono paurosi e lasciano senza parole. Nella prospettiva biblica e speriamo anche la nostra attuale, deve esserci
un popolo grande e forte. P. Angelo Sardone

La vigna del Signore, ieri ed oggi

«La vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita» (Is 5,6). Il capitolo V del libro del primo Isaia, si caratterizza come «canto per la vigna», una composizione poetica con risvolti storici e teologici di grande valore. Spesso la letteratura profetica ha simili espressioni. Il linguaggio metaforico adoperato, richiama la realtà storica del popolo di Israele rappresentato come una vigna di viti pregiate, una piantagione preferita posseduta da un padrone, Dio, dissodata, sgombra di sassi. Tutto era pronto per la raccolta, compreso un tino, il risultato però non fu l’uva ma acini acerbi. Perplesso dinanzi a questa delusione il padrone interroga gli abitanti di Gerusalemme sul da farsi e conclude col proposito di eliminare la siepe protettiva, demolire il muro di cinta e renderla pascolo, oggetto di calpestìo, fino a diventare un deserto ricco di rovi e pruni, senza pioggia alcuna. Alla giustizia fa eco lo spargimento di sangue, alla rettitudine, le grida degli oppressi. Un canto desolato, quasi un lamento vuole richiamare la coscienza del popolo, la vera ed eletta vigna, trattata con ogni attenzione e dotata di ogni privilegio protettivo, ma manifestatasi ingrata, repellente al volere di Dio e facile preda delle malattie che la rendono infruttuosa. La storia si ripete ogni volta che alle attenzioni di Dio, frutto di amore e di predilezione, corrisponde da parte degli uomini indifferenza, insubordinazione e rifiuto. I frutti acerbi e grami sono il risultato di questo obbrobrio, conseguenza ineluttabile del parossismo egoistico e superbo di chi pensa di poter fare a meno di Dio, della sua potenza, della sua premura paterna. P. Angelo Sardone

Teresina del Bambino Gesù

«Nel cuore della Chiesa io sarò l’amore». È questo il programma di vita di una giovane santa moderna, Teresina del Bambino Gesù (1873-1897), carmelitana scalza, la cui memoria odierna è omessa per via della domenica. Il suo programma di vita e la sua vocazione è tutta qui. Affascinata dall’amore del Signore sin dai primi anni della sua vita, decide di seguire Gesù suo sposo nel Carmelo di Lisieux e fare della sua vita una offerta totale a Dio sommamente amato. L’inserimento nella vita comunitaria non manifesta nulla di eccezionale, semplicemente la fedeltà alla regola e la pratica gioiosa della vita di preghiera e di lavoro, tipica della vita claustrale. La sua notorietà ed eroicità di virtù si manifesta dopo la morte avvenuta ad appena 24 anni. Era considerata una religiosa non particolarmente eccezionale. La meditazione profonda della Parola di Dio e la ricerca costante del senso pieno da dare alla sua giovane vita ritirata dalla luce e dai frastuoni mondani, la induce a ricercare nella profondità del suo cuore e nel discernimento dei testi sacri, la sua vocazione nella vocazione. Dinanzi alle aridità del mondo, simili alla grande valle di ossa aride evocata dal profeta Ezechiele, Teresina si erge come nuova profetessa, invoca dal Signore la vita per i morti della distesa umana, invoca lo Spirito perché possano rivivere ed identifica il suo ruolo come colei che pratica l’amore. Questo sentimento profondo rompe le sbarre dell’austera clausura e varca i confini del mondo per giungere ovunque. Scopre la sua vocazione ecclesiale, semplice e nello stesso tempo responsabile: essere l’amore. La Chiesa la onora col riconoscimento duplice di dottore della Chiesa e patrona delle missioni. La profondità del suo pensiero nella sua autobiografia e l’ansia di salvezza dell’intero popolo di Dio, costituiscono le basi fondamentali di fede e di amore che le fanno comprendere l’importanza e la necessità del cuore del Vangelo, l’amore. Comincia oggi il mese missionario illuminato da questa grande testimonianza, eccezionale nella sua semplicità, essenziale nel suo valore e nell’eredità del suo messaggio. P. Angelo Sardone