La conversione del carceriere

«Si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti» (At 16, 26). Paolo e Sila (Silvano) continuano a Filippi la loro opera evangelizzatrice che prima di ogni altro contrasta con lo spirito del male che possiede una schiava ed i relativi guadagni ne ricavavano i padroni a causa degli oracoli divinatori da essa pronunziati. Accusati di mettere a soqquadro la città, sono bastonati e quindi reclusi in prigione. Verso la mezzanotte, a seguito di un terribile terremoto che aveva scosso le fondamenta, a Paolo, Silvano e gli altri detenuti, si sciolgono le catene e si aprono le porte della prigione. Grande fu lo sconcerto del custode della prigione che, data la sua responsabilità e vista la particolare situazione che gli avrebbe causato condanna e prigionia, tenta di uccidersi credendo che tutti fossero evasi. Paolo lo rassicura dicendogli che sono tutti ancora in prigione. Frastornato, il custode accede con un lume e vede che effettivamente le cose stanno proprio così. Ciò determina in lui una repentina conversione e chiede cosa deve fare per salvarsi. Paolo lo ammaestra e conferisce il Battesimo a lui ed alla sua famiglia. Dinanzi alla potenza del Signore risorto si scuote la terra, si aprono le porte e si sciolgono i vincoli che tengono prigionieri mente e corpo. Occorre affidarsi e lasciarsi ammaestrare dal Signore soprattutto negli eventi drammatici della vita, quando sembra che tutto sia perduto e ci si predispone per il peggio. Il servizio generoso al Signore strappa da Lui interventi straordinari e predispone chi ne è coinvolto all’accoglienza ed alla conversione. P. Angelo Sardone

Lidia di Tiatìra

«Il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo» (At 16,14). I viaggi missionari di Paolo, debitamente documentati da S. Luca, sono corredati oltre che dall’impegno diuturno di evangelizzazione, da incontri, situazioni particolari, persone. A Filippi, una colonia romana della Macedonia, Paolo rivolge la sua parola alle donne riunite per la preghiera lungo il fiume. Tra queste si distingue Lidia, una commerciante di porpora proveniente da Tiatìra. Il cronista sottolinea come il Signore a lei già credente in Dio, aveva aperto il cuore per accogliere ed aderire alle parole dell’Apostolo. Difatti dopo averlo ascoltato, insieme con la famiglia fu battezzata ed a testimonianza di comunione e di generosità, invitò i missionari prima ad andare e sostare nella sua casa e poi li costrinse ad accettare. È un tratto molto significativo che esprime riconoscenza, accoglienza, condivisione. È una esperienza che noi sacerdoti, soprattutto impegnati in azioni evangelizzatrici sul territorio più ampio, spesso facciamo. Tutto parte non dal nostro saper fare, dall’avvenenza o dalle capacità espressive e di coinvolgimento. Anche. Ma la prima azione di disponibilità alla Grazia dell’ascolto per coloro che incontriamo, parte dallo Spirito Santo che apre e dispone i cuori all’accoglienza della Parola che salva. È un guaio quando succede il contrario e si pensa che siano le nostre capacità di dialogo e di coinvolgimento. Si può determinare un ascolto semplicistico e “simpatico” che lascia il tempo che trova o meglio, genera adepti legati al predicatore di turno e non sempre più direttamente e chiaramente al Signore. P. Angelo Sardone

La mamma, il dono più bello della vita

«Io sono la madre del bell’amore e del timore, della conoscenza e della santa speranza» (Sir 24,18). «Mamma» è una delle prime parole dall’infante, un susseguirsi spontaneo di consonanti labiali facili da pronunziare. È il termine più bello che scaturisce dal cuore e che rimane sempre sulla bocca. Non è sufficiente una festa per celebrarne le lodi, la grandezza, la riconoscenza. La Sacra Scrittura soprattutto nei testi sapienziali sottolinea la preziosità della sua entità, la ricchezza del suo ruolo, la sacralità del suo essere. «La carne di ogni essere umano è modellata nel suo grembo» (Sap 7,1); il suo insegnamento non va disprezzato (Pro 1,8), soprattutto quando diventa vecchia (Pro 23,22), né vanno dimenticate le sue doglie (Sir 7,27). La mamma è una vite piantata vicino alle acque, rigogliosa e frondosa per l’abbondanza dell’acqua (Ez 19,10). La poesia biblica esprime in grado alto quanto di più bello e di più grande si possa scrivere o dire di una persona umana: da Eva, la madre di tutti i viventi, resa tale da Dio creatore, fino a Maria di Nazaret la madre dell’umanità redenta, resa tale dal Figlio sulla croce. La realtà giornaliera dell’esistenza umana evidenzia la presenza e l’opera della mamma all’origine della vita, nella sua realizzazione, nel suo compimento. Grande dono è la maternità: quella fisica, altissima ed arcaica vocazione della donna; quella spirituale, dono speciale per alcune donne chiamate a fare del proprio corpo e della propria vita un grembo di amore per Cristo e per i fratelli. In entrambi i casi, guardando a Maria, si tratta di uno straordinario compendio di grazia e di gloria che manifesta la sua condivisione ed il coinvolgimento nell’opera della creazione del genere umano. Grazie mamma ed auguri a te che sei in cielo e a te che sei sulla terra; a te che partorisci nella carne e a te che generi nella fede; a te che, anche se per un arcano mistero sei privata del dono della maternità, diventi madre con un gesto di generosità. Il Signore ti ricompensi: faccia splendere la tua luce sul mondo offuscato dall’egoismo e dalla violenza; renda il tuo cuore fonte di amore e di bontà, la tua mente perla d’intelligenza, il tuo corpo grembo fecondo, la tua fede testimonianza di santità. P. Angelo Sardone

La diffusione delle risoluzioni del Concilio di Gerusalemme

310. «Percorrendo le città, trasmettevano le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero» (At 16,4). Dopo la sosta antiochena nella quale continuarono ad evangelizzare, Paolo e Barnaba si risolsero di tornare negli ambienti dove avevano annunziato la Parola di Gesù per far visita ai fratelli ed accertarsi del loro stato. Per la scelta di portare o no Giovanni, detto Marco, cugino di Barnaba, vi fu tra i due missionari un grosso litigio che li costrinse a separarsi. Barnaba se ne andò a Cipro, sua isola natale con Giovanni, Paolo invece prese con sé Sila e andando per la Siria e la Cilicia diede inizio al secondo viaggio missionario. Fu uno scontro ideologico: Paolo aveva tutte le ragioni, giudicando il fatto che Giovanni li aveva abbandonati in Panfilia e non aveva affatto collaborato nell’opera di evangelizzazione. Forse opportunismo, forse leggerezza, forse superficialità pastorale o formazione umana e cristiana ancora labile? Sembrano i tempi di oggi! Tante volte una decisione ferma può salvare un progetto pastorale e rivestirlo di serietà e puntualità che esprime coerenza e serietà nell’opera affidata dallo Spirito. Per conto suo Paolo insieme con i nuovi collaboratori, cui si era aggiunto anche Timoteo, passano di città in città rendendo note le risoluzioni del Concilio Gerosolimitano, perché tutti ne prendano visione per osservarle fedelmente. Oggi per tanti versi, questo compito deve essere svolto anche da laici maturi e di comprovata formazione umana e spirituale. Diversamente sarebbe un disastro. Lo Spirito Santo guida quest’opera e rende i cuori aperti e disponibili. P. Angelo Sardone