Festa liturgica di S. Annibale Maria Di Francia

1° giugno, memoria liturgica di S. Annibale Maria Di Francia. La Chiesa venera in Lui il santo “insigne apostolo della preghiera per le vocazioni”, vero padre degli orfani e dei poveri e lo propone quale modello della nuova via di santità tracciata attraverso il Rogate. Il suo essere padre e pastore evoca il tratto profetico di Ezechiele nella cura ed attenzione ai bisogni dell’uomo, soprattutto i piccoli e i poveri, nella ricerca della pecora perduta, nel ricondurre all’ovile quella smarrita, nel fasciare la pecora ferita e curare la malata. L’annunzio del Vangelo del Rogate, quale incarico affidatogli da Dio, fu l’anelito costante della sua esistenza, facendolo “tutto a tutti per salvare ad ogni costo qualcuno”. Il grido accorato di Cristo denso di compassione per l’abbondanza della messe e la scarsezza numerica degli operai, è divenuto il grido stesso della Chiesa e si esprime nella richiesta fiduciosa al Padrone della Messe, degli operai del Vangelo. Nell’adempimento di questo mandato è impegnata prima di tutto la famiglia dei Rogazionisti, delle Figlie del Divino Zelo e dei Laici rogazionisti. S. Annibale interceda per noi in ogni nostra necessità. P. Angelo Sardone

Il Cenacolo Vocazionale di Altamura in pellegrinaggio a Messina

Si rinnova anche quest’anno l’esperienza del Pellegrinaggio del Cenacolo Vocazionale di Altamura in Sicilia e a Messina sui luoghi di S. Annibale per consegnare l’anno sociale caratterizzato dalla riflessione e preghiera a partire dal 150° dell’Ispirazione del Rogate. Il pellegrinaggio organizzato dai coniugi Carlo e Nella Genco, responsabili del Cenacolo Vocazionale, si svolge a cominciare da venerdì 24 maggio nei luoghi che furono del Quartiere Avignone, attraverso la memoria storica sul corpo incorrotto di S. Annibale nella cripta della Basilica di S. Antonio e prosegue con la visita alla Madonna della Guardia nelle immediate vicinanze del 1° giugno, dies natalis di S. Annibale. Il pellegrinaggio continua nella visita alla città barocca di Noto (RG) ed a Siracusa. Si concluderà domenica 26 maggio con la visita e la sosta a Giardini Naxos dove S. Annibale aprì la terza casa della Congregazione delle Figlie del Divino Zelo.

Messina, Tempio della Rogazione Evangelica: nuove adesioni e rinnovo della Promessa UPV

Domenica 12 maggio, 56 Giornata Mondiale di Preghiera per le vocazioni, nel Tempio della Rogazione Evangelica a Messina, nel corso della celebrazione eucaristica delle ore 18.00, P. Angelo Sardone, Animatore Provinciale dell’UPV, ha accolto le nuove adesioni di una ventina di nuovi aggregati all’Unione di Preghiera per le Vocazioni, il cui gruppo è curato dal rettore P. Mario Magro, ed il rinnovo di altrettante persone. La basilica messinese conta così una sessantina dio aderenti all’Associazione voluta da S. Annibale il 1900.

15 anni fa la canonizzazione di S. Annibale

Giorno radioso e splendido! Tale può definirsi la giornata storica di domenica 16 maggio 2004, quando S. Giovanni Paolo II in piazza S. Pietro canonizzò S. Annibale M. Di Francia, il santo della preghiera per le vocazioni, il padre degli orfani e dei poveri, elevandolo agli onori degli altari insieme col suo grande amico S. Luigi Orione. Sono passati 15 anni e da allora il culto e la devozione nei confronti di questo santo sociale si sono diffusi ulteriormente nel mondo intero ad opera anche dei suoi figli spirituali, i Rogazionisti, le Figlie del Divino Zelo e numerosi Laici rogazionisti. In questa giornata il ricordo di quella memorabile domenica diventa gratitudine al Signore e gloria ad un umile sacerdote del sud che ha reso visibile dopo circa 19 secoli di nascondimento nel Vangelo, della compassione di Cristo che indica la preghiera per le vocazioni come divino comando che rende sanabili le nazioni e la Chiesa stessa. Le manifestazioni culminano come ogni anno a Messina, città natale di S. Annibale dove la festa liturgica viene celebrata nella giornata odierna. P. Angelo Sardone.

Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni

Domenica 12 maggio, IV di Pasqua, domenica del Buon Pastore, si celebra la 56 Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni istituita da S. Paolo VI il 1964. La giornata si pone a coronamento di tutta l’azione carismatica di S. Annibale M. Di Francia apostolo della preghiera per le vocazioni e manifesta l’interesse della Chiesa intera perchè il “divino comando” Rogate ergo dominum messis ut mittat operarios in messem suam, diventi universale. Come ogni anno il santo Padre ha indirizzato un apposito messaggio. Lo riportiamo di seguito.

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA 56ª GIORNATA MONDIALE
DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI
Il coraggio di rischiare per la promessa di Dio

Cari fratelli e sorelle,
dopo aver vissuto, nell’ottobre scorso, l’esperienza vivace e feconda del Sinodo dedicato ai giovani, abbiamo da poco celebrato a Panamá la 34ª Giornata Mondiale della Gioventù. Due grandi appuntamenti, che hanno permesso alla Chiesa di porgere l’orecchio alla voce dello Spirito e anche alla vita dei giovani, ai loro interrogativi, alle stanchezze che li appesantiscono e alle speranze che li abitano.
Proprio riprendendo quanto ho avuto modo di condividere con i giovani a Panamá, in questa Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni vorrei riflettere su come la chiamata del Signore ci rende portatori di una promessa e, nello stesso tempo, ci chiede il coraggio di rischiare con Lui e per Lui. Vorrei soffermarmi brevemente su questi due aspetti – la promessa e il rischio – contemplando insieme a voi la scena evangelica della chiamata dei primi discepoli presso il lago di Galilea (Mc 1,16-20).
Due coppie di fratelli – Simone e Andrea insieme a Giacomo e Giovanni – stanno svolgendo il loro lavoro quotidiano di pescatori. In questo mestiere faticoso, essi hanno imparato le leggi della natura, e qualche volta hanno dovuto sfidarle quando i venti erano contrari e le onde agitavano le barche. In certe giornate, la pesca abbondante ripagava la dura fatica, ma, altre volte, l’impegno di tutta una notte non bastava a riempire le reti e si tornava a riva stanchi e delusi.
Sono queste le situazioni ordinarie della vita, nelle quali ciascuno di noi si misura con i desideri che porta nel cuore, si impegna in attività che spera possano essere fruttuose, procede nel “mare” di molte possibilità in cerca della rotta giusta che possa appagare la sua sete di felicità. Talvolta si gode di una buona pesca, altre volte, invece, bisogna armarsi di coraggio per governare una barca sballottata dalle onde, oppure fare i conti con la frustrazione di trovarsi con le reti vuote.
Come nella storia di ogni chiamata, anche in questo caso accade un incontro. Gesù cammina, vede quei pescatori e si avvicina… È successo così con la persona con cui abbiamo scelto di condividere la vita nel matrimonio, o quando abbiamo sentito il fascino della vita consacrata: abbiamo vissuto la sorpresa di un incontro e, in quel momento, abbiamo intravisto la promessa di una gioia capace di saziare la nostra vita. Così, quel giorno, presso il lago di Galilea, Gesù è andato incontro a quei pescatori, spezzando la «paralisi della normalità» (Omelia nella XXII Giornata Mondiale della Vita Consacrata, 2 febbraio 2018). E subito ha rivolto a loro una promessa: «Vi farò diventare pescatori di uomini» (Mc 1,17).
La chiamata del Signore allora non è un’ingerenza di Dio nella nostra libertà; non è una “gabbia” o un peso che ci viene caricato addosso. Al contrario, è l’iniziativa amorevole con cui Dio ci viene incontro e ci invita ad entrare in un progetto grande, del quale vuole renderci partecipi, prospettandoci l’orizzonte di un mare più ampio e di una pesca sovrabbondante.
Il desiderio di Dio, infatti, è che la nostra vita non diventi prigioniera dell’ovvio, non sia trascinata per inerzia nelle abitudini quotidiane e non resti inerte davanti a quelle scelte che potrebbero darle significato. Il Signore non vuole che ci rassegniamo a vivere alla giornata pensando che, in fondo, non c’è nulla per cui valga la pena di impegnarsi con passione e spegnendo l’inquietudine interiore di cercare nuove rotte per il nostro navigare. Se qualche volta ci fa sperimentare una “pesca miracolosa”, è perché vuole farci scoprire che ognuno di noi è chiamato – in modi diversi – a qualcosa di grande, e che la vita non deve restare impigliata nelle reti del non-senso e di ciò che anestetizza il cuore. La vocazione, insomma, è un invito a non fermarci sulla riva con le reti in mano, ma a seguire Gesù lungo la strada che ha pensato per noi, per la nostra felicità e per il bene di coloro che ci stanno accanto.
Naturalmente, abbracciare questa promessa richiede il coraggio di rischiare una scelta. I primi discepoli, sentendosi chiamati da Lui a prendere parte a un sogno più grande, «subito lasciarono le reti e lo seguirono» (Mc 1,18). Ciò significa che per accogliere la chiamata del Signore occorre mettersi in gioco con tutto sé stessi e correre il rischio di affrontare una sfida inedita; bisogna lasciare tutto ciò che vorrebbe tenerci legati alla nostra piccola barca, impedendoci di fare una scelta definitiva; ci viene chiesta quell’audacia che ci sospinge con forza alla scoperta del progetto che Dio ha sulla nostra vita. In sostanza, quando siamo posti dinanzi al vasto mare della vocazione, non possiamo restare a riparare le nostre reti, sulla barca che ci dà sicurezza, ma dobbiamo fidarci della promessa del Signore.
Penso anzitutto alla chiamata alla vita cristiana, che tutti riceviamo con il Battesimo e che ci ricorda come la nostra vita non sia frutto del caso, ma il dono dell’essere figli amati dal Signore, radunati nella grande famiglia della Chiesa. Proprio nella comunità ecclesiale l’esistenza cristiana nasce e si sviluppa, soprattutto grazie alla Liturgia, che ci introduce all’ascolto della Parola di Dio e alla grazia dei Sacramenti; è qui che, fin dalla tenera età, siamo avviati all’arte della preghiera e alla condivisione fraterna. Proprio perché ci genera alla vita nuova e ci porta a Cristo, la Chiesa è nostra madre; perciò, dobbiamo amarla anche quando scorgiamo sul suo volto le rughe della fragilità e del peccato, e dobbiamo contribuire a renderla sempre più bella e luminosa, perché possa essere testimonianza dell’amore di Dio nel mondo.
La vita cristiana, poi, trova la sua espressione in quelle scelte che, mentre danno una direzione precisa alla nostra navigazione, contribuiscono anche alla crescita del Regno di Dio nella società. Penso alla scelta di sposarsi in Cristo e di formare una famiglia, così come alle altre vocazioni legate al mondo del lavoro e delle professioni, all’impegno nel campo della carità e della solidarietà, alle responsabilità sociali e politiche, e così via. Si tratta di vocazioni che ci rendono portatori di una promessa di bene, di amore e di giustizia non solo per noi stessi, ma anche per i contesti sociali e culturali in cui viviamo, che hanno bisogno di cristiani coraggiosi e di autentici testimoni del Regno di Dio.
Nell’incontro con il Signore qualcuno può sentire il fascino di una chiamata alla vita consacrata o al sacerdozio ordinato. Si tratta di una scoperta che entusiasma e al tempo stesso spaventa, sentendosi chiamati a diventare “pescatori di uomini” nella barca della Chiesa attraverso un’offerta totale di sé stessi e l’impegno di un servizio fedele al Vangelo e ai fratelli. Questa scelta comporta il rischio di lasciare tutto per seguire il Signore e di consacrarsi completamente a Lui, per diventare collaboratori della sua opera. Tante resistenze interiori possono ostacolare una decisione del genere, così come in certi contesti molto secolarizzati, in cui sembra non esserci più posto per Dio e per il Vangelo, ci si può scoraggiare e cadere nella «stanchezza della speranza» (Omelia nella Messa con sacerdoti, consacrati e movimenti laicali, Panamá, 26 gennaio 2019).
Eppure, non c’è gioia più grande che rischiare la vita per il Signore! In particolare a voi, giovani, vorrei dire: non siate sordi alla chiamata del Signore! Se Egli vi chiama per questa via, non tirate i remi in barca e fidatevi di Lui. Non fatevi contagiare dalla paura, che ci paralizza davanti alle alte vette che il Signore ci propone. Ricordate sempre che, a coloro che lasciano le reti e la barca per seguirlo, il Signore promette la gioia di una vita nuova, che ricolma il cuore e anima il cammino.
Carissimi, non è sempre facile discernere la propria vocazione e orientare la vita nel modo giusto. Per questo, c’è bisogno di un rinnovato impegno da parte di tutta la Chiesa – sacerdoti, religiosi, animatori pastorali, educatori – perché si offrano, soprattutto ai giovani, occasioni di ascolto e di discernimento. C’è bisogno di una pastorale giovanile e vocazionale che aiuti la scoperta del progetto di Dio, specialmente attraverso la preghiera, la meditazione della Parola di Dio, l’adorazione eucaristica e l’accompagnamento spirituale.
Come è emerso più volte durante la Giornata Mondiale della Gioventù di Panamá, dobbiamo guardare a Maria. Anche nella storia di questa ragazza, la vocazione è stata nello stesso tempo una promessa e un rischio. La sua missione non è stata facile, eppure lei non ha permesso alla paura di prendere il sopravvento. Il suo «è stato il “sì” di chi vuole coinvolgersi e rischiare, di chi vuole scommettere tutto, senza altra garanzia che la certezza di sapere di essere portatrice di una promessa. E domando a ognuno di voi: vi sentite portatori di una promessa? Quale promessa porto nel cuore, da portare avanti? Maria, indubbiamente, avrebbe avuto una missione difficile, ma le difficoltà non erano un motivo per dire “no”. Certo che avrebbe avuto complicazioni, ma non sarebbero state le stesse complicazioni che si verificano quando la viltà ci paralizza per il fatto che non abbiamo tutto chiaro o assicurato in anticipo» (Veglia con i giovani, Panamá, 26 gennaio 2019). In questa Giornata, ci uniamo in preghiera chiedendo al Signore di farci scoprire il suo progetto d’amore sulla nostra vita, e di donarci il coraggio di rischiare sulla strada che Egli da sempre ha pensato per noi.
Dal Vaticano, 31 gennaio 2019, Memoria di San Giovanni Bosco
Franciscus