Le cose di Dio non si dimenticano

«Bada a te e guàrdati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita» (Dt 4,9). I tempi forti che la Chiesa riserva con la Liturgia nel percorso annuale di contemplazione e rivisitazione del mistero di Cristo, sono un’autentica scuola di formazione per i cristiani. Un itinerario sistematico evidenziato dalla Parola risulta un insegnamento pratico di vita che determina la formazione continua o permanente. La Liturgia pertanto, secondo criteri ben precisi, sceglie il fior fiore della Parola di Dio secondo tematiche precise che sviluppano una conoscenza ed un approfondimento adeguato, in vista della Pasqua del Signore. Essa segna il passaggio autentico ad una nuova vita. Nel vecchio Testamento, due sono i luoghi nei quali viene riportato l’insieme dei Comandamenti di Dio, il libro dell’Esodo al cap. 20 ed il Deuteronomio al cap. 5. In entrambi i casi con modalità letterarie diverse, è riportato il Decalogo con l’insistenza da parte di Dio, di accogliere ogni sua parola e di metterla in pratica. In particolare nel testo che chiude il Pentateuco, prima dell’enunciazione dei comandamenti, Mosè invita il popolo a non dimenticare quanto ha visto operare dalla forza e dalla potenza di Dio. Gli avvenimenti e le situazioni diverse hanno interessato anche il suo cuore: questo il motivo per non lasciare sfuggire nulla e serbare ogni cosa per tutto l’arco della vita. Perché l’uomo di ogni tempo non si ritrovi senza memoria, Mosè ingiunge questa modalità concreta di ricezione e di trasmissione della legge. Essa, stampata prima di tutto nel cuore, necessita di essere proclamata e vissuta. Può sembrare una minaccia quella di tenere a mente tutto questo, ma è invece una amorevole e forte esortazione ad accogliere quanto di meglio Dio poteva pensare e volere per il suo popolo. P. Angelo Sardone