Liberatore del mal di gola e di qualunque altro male

«Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente l’esito finale della loro vita, imitatene la fede» (Eb 13,7). Le ultime raccomandazioni contenute nell’epilogo della Lettera agli Ebrei, si riferiscono all’amore fraterno, all’ospitalità ed al ricordo dei maltrattati, al senso del matrimonio ed al ricordo dei responsabili della comunità incaricati di annunciare la Parola e di dirigere in maniera adeguata la condotta dei cristiani. Tale fu con la sua testimonianza e l’epilogo della sua vita il martire S. Biagio, (IV sec.) vescovo di Sebaste in Armenia il cui culto è molto diffuso. Perché difendeva la fede cristiana fu catturato dai Romani, picchiato, scorticato vivo con pettini di ferro per cardare la lana ed infine fu decapitato. É uno dei quattordici cosiddetti santi ausiliatori, invocati cioè per la guarigione di mali particolari. Operò numerosi miracoli tra cui quello che lo rende famoso, ossia la guarigione di un bimbo al quale gli si era conficcata una lisca in gola. Per questo è invocato come liberatore del mal di gola. La tradizione poi ha confezionato una sorta di rito della benedizione della gola dei fedeli, impartita incrociando due candele benedette nella festa della Candelora con queste parole: «per intercessione di san Biagio vescovo e martire, il Signore ti liberi dal mal di gola e da qualunque altro male!». Non si tratta di un rito magico, ma di un sacramentale che al di là del gesto devozionale, vuole richiamare l’efficacia del ricorso alla grazia di Dio impartita dai sacramenti che liberano non solo la gola, ma tutto il corpo e la vita dai mali terribili inflitti dal peccato. Auguri a tutti coloro che portano il nome di Biagio. P. Angelo Sardone