La pazienza di Dio

La semina del mattino

114. «Lascialo ancora quest’anno; se non porterà frutti per l’avvenire lo taglierai» (Lc 13,9). La pazienza di Dio che è misericordia, si apre alla mediazione umana soprattutto quando essa è intelligente, volitiva, caritativa. Una parabola evangelica narra dell’albero di fichi in una vigna, che dopo tre anni dalla sua piantagione non ha ancora prodotto frutti. Il padrone irritato per questa penuria, per l’occupazione indebita e lo sfruttamento inutile del terreno, è deciso a farlo tagliare. Il vignaiolo, però, esperto, paziente quanto richiede l’incerto lavoro della terra ed il condizionamento atmosferico delle stagioni, rivela la sua saggezza chiedendo al padrone di avere pazienza e di attendere ancora per un anno, impegnandosi personalmente a curarlo con ancora più attenzione di prima, zappando attorno e concimandolo. Il vangelo tace la conclusione. Gesù raccontò la parabola per far comprendere come la pazienza di Dio si lascia in un certo senso condizionare dalla forza di convinzione dettata dall’insistenza garbata, discreta di chi fa da mediatore. Penso alla raccolta di virtù, di opere buone e della qualità della vita cristiana dopo molto oltre tre anni di formazione, dopo tanta cura da parte della Chiesa con gli insegnamenti, la pratica sacramentaria, i continui stimoli liturgici. I frutti non arrivano nonostante chi si è dedicato alla cura pastorale abbia fatto tutto quello che era possibile fare. Dio cede dinanzi alla richiesta di ancora un po’ di tempo. Alla perdurante responsabilità del vignaiolo deve collegarsi la consapevolezza e la risposta dell’uomo, l’albero di fico, nell’accogliere quanto viene fatto con la zappa ed il concime, l’acqua salutare della grazia ed il lavoro pastorale. P. Angelo Sardone