La custodia delle profezie

«Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi ciò che deve accadere tra breve. Ecco, io verrò presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro» (Apc 22,7). La narrazione profetica dell’Apocalisse sta per chiudersi. La sezione iniziale dell’ultimo capitolo contiene alcune ammonizioni che riprendono i vari temi del messaggio, minacce ad eventuali manipolatori del testo profetico ed il saluto finale. L’Angelo della Rivelazione attesta la veridicità delle parole comunicate nelle diverse visioni, che devono essere ritenute veraci e fedeli perché provengono da Dio: esse ispirano i profeti, compreso Giovanni evangelista, il profeta del nuovo Testamento. Tutto il contenuto del testo sacro non è altro che un compendio di tutto ciò che deve accadere presto. Nel linguaggio apocalittico «presto» non significa immediato, adesso o domani. Il tempo dell’avveramento di queste premonizioni è nascosto all’uomo: potrebbe essere domani, come anche tra mille anni. La cosa importante non è quella di conoscere il tempo, ma di essere sempre pronti all’incontro col Signore che, si rivelerà particolarmente alla fine della vita di ciascuno ed a conclusione della vita sulla terra. Proprio in questa luce si specifica una delle ultime beatitudini contenute nel libro dell’Apocalisse e destinata a coloro che custodiscono le parole profetiche. Custodire non significa solo conservare con cura e gelosamente, ma soprattutto considerarle nella loro entità di Parola di Dio viva, vera ed efficace. Ciò vale in ogni tempo. P. Angelo Sardone