La conversione di S. Paolo

«Il Signore mi disse: Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti» (At 22,8). S. Luca, l’autore degli Atti degli Apostoli, per ben tre volte riporta nel suo libro la narrazione della conversione di S. Paolo, in tre diversi contesti ed a complemento graduale della comprensione da parte del lettore. In alcune sue lettere Paolo stesso parla dell’apparizione di Cristo. Il fatto è importante: Dio prepara e designa con essa lo strumento della Chiesa per la predicazione ai pagani. L’iniziativa è di Dio, di quel Gesù che egli perseguita fieramente nei cristiani. Dotato delle debite autorizzazioni del Sinedrio che lo rendono efficace ed autorevole anche fuori della Palestina, Saulo minaccioso di stragi, si dirige verso Damasco, capitale della Siria, una delle città più famose dell’oriente antico dove c’era una colonia ebrea in fermento per le conversioni alla nuova fede di Gesù Cristo. Lungo la strada, 250 km circa, quasi nei pressi di Damasco, una luce sfolgorante lo getta a terra ed una voce misteriosa gli chiede ragione della persecuzione. La folgorazione lo rende incapace di vedere. Alla domanda di chi fosse a parlargli, Gesù rivela la sua identità nascosta peraltro in quella dei cristiani vittime delle sue persecuzioni. Condotto a Damasco da Anania, un pio giudeo convertito, sarà da lui liberato dalla cecità degli occhi con la caduta delle scaglie e da quella del cuore con il battesimo. L’entusiasmo della verità e della coerenza nella dottrina appresa, talora rende chi se ne fa paladino, audace ed ardito, fino a lottare contro Dio che nasconde la sua identità nei semplici ed in chi subisce la tracotante persecuzione. Ieri, come oggi. P. Angelo Sardone