La chiamata alla santità

«Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» (Lv 19,1). Il terzo dei libri della Bibbia che compongono il Pentateuco, la vasta raccolta attribuita a Mosè e che gli Ebrei chiamano la «Torà», è il Levitico. Consta di 27 capitoli ed ha un carattere prevalentemente legislativo. Spazia dalle leggi del sacrificio all’istituzione del sacerdozio, dalle leggi sulla purità al Codice di santità, religioso e cultuale. Deve il suo nome a Levi, figlio di Giacobbe ed alla sua tribù associata col sacerdozio, ministri del santuario e fedeli a Jahwé. La prima delle prescrizioni morali e cultuali è l’ingiunzione di Dio da comunicare al popolo d’Israele, di essere santi come Dio è santo. Questo termine identifica la divinità, la sua essenza, la sua qualità esclusiva. L’uomo percepisce la gloria che è la manifestazione della santità di Dio. Egli è il «tre volte santo», come proclamato dai Serafini che compongono la corte celeste, il «totalmente altro», espressione coniata il 1917 dal teologo tedesco Rudolf Otto (1869-1937) nell’opera «Il sacro». Le creature umane devono anelare alla santità di Dio che deriva loro da un particolare contatto o unione. La santità si acquisisce e si conserva con l’ascolto e l’osservanza dei comandamenti. Nel cammino della Quaresima il forte richiamo di Dio si consolida con altrettanto richiamo da parte di Cristo, in un itinerario di perfezione e dell’osservanza della legge di Dio. La perfezione di Dio, inavvicinabile e fuori dalla possibilità dell’uomo, viene presentata come una forte provocazione a voler tendere ed anelare a Lui attraverso la pratica dei dieci comandamenti. I «Santi» sono l’esempio concreto di questo principio. P. Angelo Sardone