I santi Timoteo e Tito

La semina del mattino

208. «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe» (Lc 10, 2). Oggi è la memoria liturgica dei santi Timoteo e Tito, discepoli di S. Paolo, «veri figli nella fede» e suoi più stretti collaboratori. Entrambi di origine pagana, furono convertiti dall’apostolo missionario ed in seguito divennero vescovi di Efeso e di Creta. Essi “insegnano a servire il Vangelo con generosità: ciò comporta anche un servizio alla Chiesa stessa” (Benedetto XVI). A loro Paolo indirizzò le lettere dette “pastorali” perché contengono una serie di direttive sull’organizzazione e la conduzione delle prime comunità cristiane, conformi all’autorità apostolica. Supporto di riflessione e preghiera è il tratto evangelico della messe e degli operai che costituisce il dato carismatico ed operativo di S. Annibale M. Di Francia e dei suoi figli spirituali, i Rogazionisti e le Figlie del Divino Zelo. La versione lucana, pone la singolare espressione di Gesù che invita ed insegna una preghiera nuova, in un contesto missionario, all’atto dell’invio dei 72 discepoli, allargando oltre i soli Apostoli, la prospettiva di un impegno orante comune. Il verbo adoperato dall’evangelista è all’imperfetto, “diceva”, al contrario della versione matteana che riporta un secco “disse”, quasi a significare che questa realtà e questo insegnamento Gesù lo ripeteva più volte. Risulta ancora oggi un mistero la scarsezza degli operai dinanzi ad una messe sempre più abbondante. Di qui la necessità di accogliere il «divino comando» e metterlo in pratica non solo pregando e diffondendo lo spirito di questa preghiera, ma sforzandosi ciascuno di essere per primo “buon operaio del vangelo”. P. Angelo Sardone