I santi martiri Coreani

«Praticare la giustizia e l’equità per il Signore vale più di un sacrificio» (Pr 21,3). Uno dei testi significativi della letteratura didattico-sapienziale ed insieme il più antico, è il Libro dei Proverbi (31 capitoli), un insieme di almeno sette raccolte più antiche. Anche se viene indicato Salomone come autore, non può essere lui; è più probabile che alcune raccolte siano state effettuate durante il suo regno (961-922 a.C.). Uno dei tanti elementi che si ritrova in tutto l’Antico Testamento come insistenza sulla rettitudine di cuore, è la pratica della giustizia dal valore superiore a qualsiasi altro sacrificio. Una simile azione si trova realizzata nella vita e nell’opera di un gruppo di 103 coreani, a cominciare dal sacerdote Andrea Kim Taegon (1821-1846) e dal laico Paolo Chong Hasang (1795-1839), martiri nel corso delle persecuzioni dal 1839 al 1867. A nulla valsero i tentativi di farli apostatare e le atroci torture fino alla decapitazione. Il numero globale dei martiri coreani calcolato è di circa diecimila, sacerdoti e laici, dal più giovane di 13 anni al più anziano di 79. Il primo contatto con la fede cristiana era avvenuto in Cina e col libro del missionario gesuita padre Matteo Ricci. La prima comunità cristiana sin dagli inizi fu vittima di una persecuzione crudele con la morte dell’unico prete presente nel Paese. Pur senza guida spirituale i fedeli chiedevano sacerdoti che arrivarono solo il 1837. Il loro sacrificio si è concretizzato nella pratica della giustizia. Quanto abbiamo da imparare oggi anche noi, praticando e testimoniando la nostra fede. P. Angelo Sardone