Elisa rapito in cielo

«Elìa prese il suo mantello, l’arrotolò e percosse le acque: si divisero di qua e di là e i due passarono sull’asciutto» (2 Re 2,8). In procinto di ultimare la sua missione sulla terra, ben consapevole di quanto stava per accadergli, il profeta Elia si portò oltre il Giordano insieme col suo fedele discepolo, Eliseo. Un gesto ed un atto di importanza straordinaria caratterizza il principio del suo allontanamento definitivo dalla realtà terrestre: col suo mantello percuote le acque del Giordano che si dividono è così insieme con Eliseo può passare sull’asciutto. Quasi novello Mosé e Giosuè che avevano compiuto analogo gesto, Elia apre ai tempi nuovi che caratterizzeranno dall’ora in poi la storia di Israele, il vecchio ed il nuovo. La sua continuità sarà proprio Eliseo che chiede che i due terzi del suo spirito passino su di lui. Elia loda la consistente richiesta e lo rassicura che solamente se lo vedrà allontanarsi, il suo desiderio sarà esaudito. Un carro di fuoco si interpone tra i due e rapisce Elia che da allora scompare, mentre Eliseo afferra il suo mantello col quale, battendo sul fiume ne provoca la divisione per passare agilmente all’altra sponda. Il fuoco che ha caratterizzato fino ad allora le gesta del grande profeta del sec. IX pone fine alla sua vita col ratto sul carro. Di lui non resterà traccia sulla terra, come per Enoch. Riapparirà accanto a Gesù nel mistero della Trasfigurazione, esaltato nel ricordo delle sue grandi gesta. La coerenza e l’obbedienza al Signore, nonostante la gravi e molteplici difficoltà nelle quali ci si imbatte, sono gli elementi propizi ed efficaci che caratterizzano fino ad oggi la grandiosità di un profeta tutto fuoco di amore, con lo zelo per le cose di Dio. Quanto c’è da imparare da queste figure che, seppure lontane nel tempo, sono vicinissime ed attuali nella vita della Chiesa e nella sequela di Cristo. P. Angelo Sardone