Santi Medici “anargiri”, senza compenso materiale

La semina del mattino
86. «Sono i malati che hanno bisogno del medico» (Mt 9,12).
La Chiesa continua la missione di Cristo che percorreva tutte le città e i villaggi, sanando ogni malattia ed infermità (Mt 9,35), per condividere gioie e dolori soprattutto per i sofferenti e gli ammalati. La sofferenza accompagna l’uomo in tutte le fasi della sua vita ed in ogni luogo del pianeta. Anche la creazione geme e soffre come nelle doglie del parto. Cristo era sensibile e vicino al mondo della sofferenza fisica e spirituale: guariva i malati, consolava gli afflitti, rendeva la vista ai ciechi, l’udito ai sordi, sanava dalla lebbra e da minorazioni fisiche, liberava dal demonio, restituiva finanche la vita ai morti. Il vangelo della sofferenza, in particolare nella parabola del buon Samaritano, indica le modalità del rapporto verso il prossimo che soffre. Spesso «si passa oltre» con indifferenza; non è sempre facile «fermarsi» accanto al malato, a chi soffre, all’anziano, a chi è solo. Fermarsi significa avere attenzione, disponibilità di tempo, di mezzi e di sostanze. La Chiesa ricorda oggi i “santi medici” Cosma e Damiano (IV sec.), “illustri atleti e generosi martiri”, molto noti ed invocati. La Tradizione li evoca come gemelli, fratelli maggiori degli altri tre Antimo, Leonzio ed Euprepio. Svolgevano la loro professione medica gratuitamente: non prendevano denaro alcuno o beni materiali in cambio della loro prestazione. Per questo erano detti “anargiri”, cioè “senza argento”. Sono invocati come potenti taumaturghi. Anche oggi tanti medici, sono buoni samaritani, anargiri, mettono il cuore in ciò che fanno e non si risparmiano in generosità di tempo e di mezzi. P. Angelo Sardone