L’annuncio e la testimonianza

Mattutino di speranza

11 giugno 2020

 

Il compito del cristiano è annunciare e testimoniare, sempre e dovunque. Questa responsabilità e questo onere gli vengono direttamente dalla sua vocazione di figlio di Dio e dalla sua conformazione a Gesù Cristo, dal quale prende nome. La sua entità si sviluppa e realizza nella vita con comportamenti che traducono in opere il bagaglio della fede ricevuto in dono nel Battesimo. Ad Antiochia per la prima volta i discepoli di Gesù furono chiamati “cristiani”, cioè seguaci di Cristo (At 11,26). Il discepolo è colui che ascolta, l’allievo che apprende dal maestro. Il seguace è colui che si pone sulla stessa strada del maestro, va dietro di Lui, sforzandosi di ricopiare i suoi atteggiamenti e di mettere in pratica quanto ha appreso. Gesù stesso lo ha detto: «Prendete il mio giogo su di voi ed imparate da me che sono mite ed umile di cuore» (Mt 11,29). Il cristiano è dunque il discepolo di Gesù, la cui scuola dura tutta la vita e fa raggiungere la piena maturità solo al termine della vita. Allora si scopre che quello che si è potuto capire, raggiungere, fare, esprimere, è il minimo di quanto si sarebbe potuto ancora fare. Per tanti cristiani i primi rudimenti della fede sono rimasti tali, prime nozioni; la catechesi si è fermata agli anni della fanciullezza e dell’adolescenza senza alcun ritmo proporzionato all’età ed alla efficienza lavorativa, culturale, sociale. I problemi della vita, gli ambienti, le situazioni, la stessa crescita, tante volte soffocano i desideri spirituali, frenano la pratica della vita cristiana ed impediscono di fatto un attento e sistematico sviluppo della fede nella mente, nei comportamenti e nelle scelte di vita. All’atto del Battesimo, il sacramento fontale, porta che apre alla vita spirituale, che presuppone la fede prima ancora di darla, evidentemente attraverso i genitori che lo richiedono, a ciascuno è stato consegnato un pacchetto di doni da far fruttificare, sviluppare e mettere a servizio. Il cammino abilita gradualmente alla conoscenza adeguata dei doni e si traduce nell’attuazione e nel loro sviluppo soprattutto con la grazia dei sacramenti, la preghiera, la pratica delle virtù, l’impegno sociale, la realizzazione della personale vocazione, la testimonianza. Tutto deve realizzarsi in un clima di semplicità, umiltà e desiderio di agire nel silenzio testimoniante che, quando è vero non è mai vuoto e, se è pieno di Dio, è eloquente con le parole e le azioni adatte e conduce alla perfezione, senza strepito superbo. Un grande vescovo dei primi tempi del cristianesimo, S. Ignazio di Antiochia metteva bene in guardia: «È meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo. È cosa buona insegnare, se chi parla pratica ciò che insegna». Nella solenne liturgia dell’ordinazione sacerdotale, i riti esplicativi si concludono con la consegna del pane e del vino, materia del sacrificio eucaristico, ed una formula esplicativa che il vescovo sottolinea con un vigoroso imperativo: «Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore». Ciò determina nella coscienza e nella vita del prete una grande responsabilità che lo impegna prima di tutto ad essere quello per cui è stato trasformato ontologicamente, e poi ad agire in maniera conforme a quanto ha ricevuto gratuitamente ed accolto volontariamente. Questa responsabilità talora è schiacciante ma è alleggerita dalla consapevolezza che il limite umano è sorretto unicamente dalla conformazione a Cristo e dalla sua azione santificante che fa di un povero uomo un sacerdote, cioè colui che è addetto al sacro, che offre a Dio le cose sacre, i sacrifici del popolo, il popolo stesso. Man mano che si cresce ci si rende sempre più consapevoli dei doni ricevuti e si sviluppa il bisogno dell’annuncio ed il dovere della testimonianza. Ciò comporta una diuturna occupazione per l’ascolto attento della Parola che passa prima di tutto attraverso l’ascolto della propria retta coscienza, la pratica della preghiera che prima di essere formula da pronunziare è atteggiamento da assumere in lode e gratitudine, l’impegno giornaliero nel lavoro intellettuale, manuale, nel servizio della carità. Proprio così l’annuncio diviene testimonianza concreta e l’essere cristiano non rimane parola vuota ma vita piena. P. Angelo Sardone