La pecora ritrovata

La semina del mattino

126. «Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta» (Lc 15,6). Spesso, soprattutto da bambino, osservavo con attenzione ed ammirazione mio padre che conduceva il gregge al pascolo: ero affascinato dalla sua arte di guidarlo, sorvegliarlo, mungere una per una le pecore, aiutare le partorienti, accudire gli agnelli. Il suo non era un lavoro, ma una liturgia, un rapporto d’amore con quelle creature che gli permettevano di muoversi sulla terra murgiana con riverenza, sacro rispetto, consapevole che da essa nasceva il nutrimento fresco al palato delle bestie, essenziale per farle vivere e prosperare. Talora succedeva che qualche pecora attratta da erba più verde si attardava e staccava dal gregge, o qualcuna prendeva un viottolo diverso, causando nel suo cuore un dispiacere ed una preoccupazione, soprattutto quando, al calare del sole alla conta nel recinto mancava al numero. Allora lasciava tutto al sicuro, sbarrava l’ovile: si poteva attendere per la mungitura perché era necessario ritrovare la pecora perduta. Non finiva di calare il sole quando lo vedevo ritornare: lo sguardo era dolce, la gioia gli invadeva il cuore, gli occhi erano fiammeggianti di luce. Quando sono diventato sacerdote ed ho cominciato a praticare l’arte pastorale del gregge del popolo di Dio, quelle immagini mi sono apparse fortemente didascaliche. Ed allora ho capito ancora di più la gioia raccontata da Gesù con la metafora della pecora ritrovata e ricondotta lietamente all’ovile. L’ho provata anche io e continuo a provarla ogni volta che un fratello o una sorella, attraverso il mio ministero sacerdotale, torna a Dio con la riconciliazione. P. Angelo Sardone

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