La conversione di S. Paolo

La semina del mattino

207. «Gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono» (At 9,18). La conversione di S. Paolo è raccontata tre volte nel libro degli Atti degli Apostoli, due volte direttamente dalla sua bocca. Lo imponeva la sua importanza, trattandosi di un persecutore accanito che però si arrende dinanzi alla seduzione di amore subita da Gesù Cristo sulla via di Damasco. La ferrea formazione spirituale ricevuta nel Giudaismo alla scuola di Gamaliele lo aveva portato a contrastare fortemente la nuova Via del Cristianesimo ed a farsi paladino della verità dei Padri ad ogni costo, finanche allo spargimento di sangue. Gesù gli si rivela apertamente: lo getta a terra accecandolo con la sua luce. Il rigore teologico e l’odio acerrimo verso i seguaci del Nazareno si infrangono nella caduta più dolorosa della sua vita. La potenza di Dio lo innalza al terzo cielo dove contempla cose che non si possono raccontare. Viene introdotto nella comprensione del mistero di Cristo del quale diventerà l’Apostolo per eccellenza. Afferrato dal suo amore, non lesinerà fatiche, preoccupazioni e dolori per l’annunzio del Regno, prediligendo i pagani. La sua conversione è frutto di una resa incondizionata alla grandezza dell’amore di Cristo. Spesso bisogna essere caduti a terra per cominciare a capire le verità che stanno intorno e che poi si rivelano presenti anche nel cuore. La conversione vera è frutto di una sublime illuminazione che acceca ed annienta anche le conoscenze più alte e l’esperienza del passato per aprirsi al presente segnato dall’umiltà e dalla fiducia in Dio. P. Angelo Sardone