Luigi Gonzaga: il santo della purezza

«Ho udito quanto hai chiesto nella tua preghiera» (2Re 19,20). Non pago della vittoria sul regno di Samaria, Sennacherib re di Assiria mira al regno di Giuda di cui era re Ezechia. Con spavalderia e quasi come un insulto, gli ingiunge di non confidare nel suo Dio. Ezechia non prende alla lettera quanto affermato dal minaccioso re e s’inchina davanti al suo Dio palesandogli con una preghiera fiduciosa, la sua attuale pericolosa situazione. Tramite il profeta, Jahwé gli risponde: chi disprezza e deride Dio la paga caramente. Egli, infatti, custodisce e difende la sua proprietà con gelosia ed interviene sull’esercito nemico colpendo 185.000 uomini e mettendo in fuga l’orgoglioso re di Assiria. La preghiera fiduciosa ripaga sempre con generosità e riempie chi la proclama. Un esempio vivo è dato da S. Luigi Gonzaga (1568-1591) che oggi la liturgia ricorda. Nobile di nascita ed ancora più nobile di cuore e di intenti, seguì la sua vocazione entrando a Roma nel Collegio dei Gesuiti e mettendosi a servizio dei poveri. Durante la peste, per aver trasportato un malato, contrasse l’infezione e morì ad appena 23 anni. Giovane di grandi promesse, testimoniò eroicamente la scelta per Cristo ed i fratelli nella semplicità, umiltà e purezza di cuore e di vita. Nella preghiera trovava “quiete e riposo e non pena”. S. Annibale M. Di Francia aveva una grande devozione per lui “giglio purissimo di innocenza spirante l’odore delle più belle virtù”. Istituì tra i suoi ragazzi i «Luigini di Maria Immacolata» per spingerli ad imitarlo soprattutto nella virtù della purezza oggi tanto biasimata e non più oggetto di predicazione e formazione umana e spirituale. Auguri a tutti coloro che ne portano il nome con l’augurio di imitarlo nel cammino di santificazione. P. Angelo Sardone

La storia che si ripete. Lontano da Dio tutto è perduto!

«Essi non ascoltarono, anzi resero dura la loro cervìce, come quella dei loro padri, che non avevano creduto al Signore, loro Dio» (2Re 17,14). La storia del popolo di Israele è complessa. La Bibbia la descrive in tutta la sua trattazione, e particolarmente, nei cosiddetti libri storici. Si tratta della storia di amore di Dio cui segue sistematicamente l’infedeltà del popolo. Se il popolo è fedele al Signore ed osserva l’alleanza è benedetto. Se non l’osserva è castigato. La divisione del regno in due parti segue anche il corso dell’andirivieni tra fedeltà a Dio ed allettamento degli idoli, non solo materiali ma anche legati al potere ed al vassallaggio nei confronti di altri re. È il caso del regno del Nord. Il re dell’Assiria marcia contro il re Osea e dopo tre anni di assedio, il 721 a.C. espugna la capitale Samaria. La ragione è chiara: il popolo aveva peccato contro Dio ed aveva temuto altri dei costruendo pali sacri ed allontanandosi dal vero Dio. Le ragioni storiche si confondono ed esplicano con quelle teologiche. Israele ha fatto sempre fatica a stare a bada del suo popolo. La storia continua anche oggi, laddove il facile allettamento dei richiami seducenti di una vita godereccia e leggera, induce più facilmente anche tanti cristiani a seguire perverse tendenze illusorie di benessere effimero ed inconcludente. Il risultato è sempre lo stesso: lo sfacelo, la disgregazione, il ripiego su se stessi, il vuoto. Una cervice più malleabile alla fede ed all’accoglienza della Grazia rende veramente autonomi ed intelligenti nel distinguere ed accogliere il vero Dio che opera meraviglie, dà sostegno e fa nuove tutte le cose. P. Angelo Sardone

Corpus Domini: mistero di fede, mistero di amore

«Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli». La domenica successiva alla solennità della Trinità si celebra il «Corpus Domini», il Santissimo Corpo e Sangue del Signore, risposta di fede chiara ed efficace contro le dottrine ereticali sorte in merito alla presenza reale di Cristo nel sacramento dell’Eucaristia. Papa Urbano IV nel 1264 estese a tutta la Chiesa la festa, punto eccelso di pietà popolare verso l’augusto sacramento che esprime la Pasqua, la Passione, Morte e Risurrezione di Gesù. La giornata è caratterizzata particolarmente dalla processione per le strade di paesi e città addobbate con fiori e drappi al passaggio del Corpo di Cristo. In genere essa è la più sontuosa e significativa dell’anno, perché coinvolge tutte le categorie ecclesiali in un tributo di onore, gloria ed adorazione del “mistero della fede”. Così il popolo di Dio contempla il Signore che gli cammina accanto e proclama la fede in lui, vero Dio-con-noi. L’intensa esperienza di fede si conclude con la benedizione del santissimo Sacramento. Gesù è il pane vivo disceso dal cielo, il cibo vero per la vita eterna. Egli manifesta la sua più profonda umiltà nascondendo il corpo suo santo sotto il velo di un pane che non è più pane. Il mistero si perpetua nel «memoriale», cioè la riattualizzazione di quanto il Redentore fece nell’ultima cena: il corpo dato ed il sangue versato continuano a manifestare nella storia del mondo il riverbero dell’amore più grande di chi dà la vita per la persona che ama. Dopo la triste esperienza pandemica il popolo di Dio accompagna per strada ed adora il «pane che dà la vita», mistero che sul quadrante della storia e del tempo umano viene celebrato ogni momento in tutti i luoghi del globo laddove un sacerdote sale l’altare ed offre il sacrifico eucaristico che nutre e santifica. P. Angelo Sardone

Corpus Domini: sintesi della liturgia della Parola

Dopo la vittoria di Abramo su coloro che avevano catturato suo nipote Lot, Melchìsedek, misterioso re di Salem, forse Gerusalemme, sacerdote del Dio altissimo offrì pane e vino e benedisse Abramo. Egli è figura di Davide e del Messia re e sacerdote: pane e vino sono i segni dell’Eucaristia. La menzione storica più antica della sua istituzione è riportata da S. Paolo con i termini classici di «ricezione» e «trasmissione» di quanto il Signore aveva compiuto nell’ultima cena. Il corpo offerto ed il vino versato, affidati agli Apostoli come «memoriale», sono l’annuncio della morte del Signore in attesa della parusia. Il miracolo della moltiplicazione dei pani e l’ingiunzione agli Apostoli di dare loro stessi da mangiare alla folla, è anche figura di quanto con la celebrazione della Messa si verifica ogni giorno sull’altare: il cibo di vita eterna è distribuito gratuitamente per la vita del mondo e nutre la fame di tutti i viventi. Se i sensi non sono sufficienti per comprendere, deve bastare la sola fede! P. Angelo Sardone

Così avviene quando ci si allontana da Dio

«Dice Dio: Perché trasgredite i comandi del Signore? Per questo non avete successo; poiché avete abbandonato il Signore, anch’egli vi abbandona» (2Cr 24,20). Nella Bibbia quasi parallelamente ai primi Libri storici, corre un altro gruppo di libri tra cui due Libri delle Cronache. La bibbia greca li chiama «Paralipomeni», ossia notizie omesse che completano la storia. Sono opera datata nel giudaismo post-esilico che ha come autore un levita di Gerusalemme e testimoniano la vita del popolo sotto la guida dei sacerdoti coi criteri della legge religiosa. La riforma di Joiada portò alla demolizione del tempio dei Baal e ad assicurare la continuità della discendenza davidica attraverso il re Joas che regnò 40 anni. La vita e l’attenzione del sacerdote Joiada diede sicurezza al re ed al tempio contribuendo a restaurarlo in maniera adeguata fino a portarlo agli antichi splendori. Quando poi morì all’eta di 130 anni, le cose cambiarono per il re che si era dato alla venerazione per i pali sacri e gli idoli. I diversi profeti inviati da Dio non sortirono alcun effetto, finché lo spirito del Signore investì Zaccaria, figlio di Joiada. Il suo intervento fu duro: richiamò il popolo ed il re alla purezza dell’osservanza della legge ed al retto culto al vero Dio, rivelando l’abbandono certo da parte di Dio, incontro cui si andava per aver trasgredito i suoi precetti. Ma non ebbe fortuna. Con la complicità consensiente dello stesso re, fu lapidato nel cortile del tempio. Non la fece franca neanche il re: fu ucciso dai suoi stessi ministri nel suo letto. Storia di altri tempi, storia di oggi, storia di sempre, quando ci si allontana volutamente dalla storia e dall’amore di Dio. P. Angelo Sardone

La storia di Dio attraverso la storia degli uomini

«Lo proclamarono re e lo unsero. Gli astanti batterono le mani e acclamarono: Viva il re!» (2Re 11,12). Alla morte di Salomone (931 a.C.) il Regno si divise in due parti: 10 tribù al nord costituirono il Regno di Israele (con capitale Samaria) e due al sud, il regno di Giuda (con capitale Gerusalemme). Da allora si sviluppò una storia parallela di lotte tra i regni fratelli. Israele cadrà nel 721 per mano degli Assiri. Gerusalemme invece l’anno 587 per mano di Nabucodonosor re di Babilonia. Gli avvenimenti sono raccontati nei due “Libri dei Re” che nella Bibbia ebraica costituivano un unicum, e che devono essere letti come storia della salvezza. Permane la discendenza di David che assicura il deposito delle promesse messianiche in vista del loro compimento. Il racconto di Atalia, moglie di Joram re di Giuda, donna ambiziosa che vuole vendicare il figlio Okhozia ucciso da Jeu, con lo sterminio della discendenza regale, si risolse con l’investitura regale di Joas, provvidenzialmente risparmiato, quando ha appena sette anni per mano del sacerdote Joiada. Finché quest’ultimo gli fu tutore e visse, il regno prosperò. Alla sua morte il re si diede al culto dei falsi dei e trovò la morte. È interessante notare come lo svolgimento dei fatti storici non sempre noti ed articolati per il lettore frettoloso e superficiale della Bibbia, in fondo hanno una logica: conducono al compimento del piano di salvezza di Dio e passano anche attraverso avvenimenti delittuosi e raccapriccianti. Il questo caso, la mediazione del sacerdote Joiada che aveva tratto dal nascondimento Joas e gli aveva imposto le insegne regali, contribuisce a delineare lo svolgimento di questo piano. Nelle relazioni con Dio e con la mediazione della Chiesa la storia continua anche così. P. Angelo Sardone

Elia, profeta di fuoco

. «Elìa, con i tuoi prodigi! Chi può vantarsi di esserti uguale?» (Sir 48,4). Il libro didattico-sapienziale del Siracide, a cominciare dal capitolo 44 traccia l’elogio di alcuni uomini illustri del vecchio Testamento, personalità di calibro eccezionale per le loro gesta. Dopo Mosé, Giosuè e Davide, è la volta di Elia, definito “profeta di fuoco”. Il capitolo 48 riassume tutte le sue gesta perché rimangano a perenne memoria e siano scolpite soprattutto nella mente di coloro che attraverso la storia dell’uomo, comprendono e vivono la storia di Dio. Elia è profeta fedele a Jahwé, uomo di zelo. I suoi interventi sono stati sempre decisivi ad ogni livello: fece chiudere il cielo con la siccità e la conseguente carestia, risuscitò un fanciullo dalla morte, annientò il re Acab, unse due re ed il profeta Eliseo. Infine fu rapito in un turbine di fuoco su un carro di cavalli. La sua missione fu quella di rimproverare i tempi futuri, placare l’ira prima che divampasse, ricondurre il cuore del padre verso il figlio. Tutti questi elementi determinano la grandezza senza fine del profeta annoverato tra i più grandi di tutti i tempi e messo quasi alla pari di Mosé come rappresentante eccelso del passato biblico. Quanto è importante sottostare alla legge ed ai comandi del Signore, anche quando sembra che tutto vada a rotoli e si avverte la stanchezza oppressiva degli avvenimenti, della solitudine, del disprezzo degli altri. Dio vince sempre ed infonde un coraggio ed una forza straordinari. P. Angelo Sardone

Elisa rapito in cielo

«Elìa prese il suo mantello, l’arrotolò e percosse le acque: si divisero di qua e di là e i due passarono sull’asciutto» (2 Re 2,8). In procinto di ultimare la sua missione sulla terra, ben consapevole di quanto stava per accadergli, il profeta Elia si portò oltre il Giordano insieme col suo fedele discepolo, Eliseo. Un gesto ed un atto di importanza straordinaria caratterizza il principio del suo allontanamento definitivo dalla realtà terrestre: col suo mantello percuote le acque del Giordano che si dividono è così insieme con Eliseo può passare sull’asciutto. Quasi novello Mosé e Giosuè che avevano compiuto analogo gesto, Elia apre ai tempi nuovi che caratterizzeranno dall’ora in poi la storia di Israele, il vecchio ed il nuovo. La sua continuità sarà proprio Eliseo che chiede che i due terzi del suo spirito passino su di lui. Elia loda la consistente richiesta e lo rassicura che solamente se lo vedrà allontanarsi, il suo desiderio sarà esaudito. Un carro di fuoco si interpone tra i due e rapisce Elia che da allora scompare, mentre Eliseo afferra il suo mantello col quale, battendo sul fiume ne provoca la divisione per passare agilmente all’altra sponda. Il fuoco che ha caratterizzato fino ad allora le gesta del grande profeta del sec. IX pone fine alla sua vita col ratto sul carro. Di lui non resterà traccia sulla terra, come per Enoch. Riapparirà accanto a Gesù nel mistero della Trasfigurazione, esaltato nel ricordo delle sue grandi gesta. La coerenza e l’obbedienza al Signore, nonostante la gravi e molteplici difficoltà nelle quali ci si imbatte, sono gli elementi propizi ed efficaci che caratterizzano fino ad oggi la grandiosità di un profeta tutto fuoco di amore, con lo zelo per le cose di Dio. Quanto c’è da imparare da queste figure che, seppure lontane nel tempo, sono vicinissime ed attuali nella vita della Chiesa e nella sequela di Cristo. P. Angelo Sardone

Il perfido Acab

«Ti sei venduto per fare ciò che è male agli occhi del Signore» (1Re 21,20). Il rapporto Elia-Acab è stato sempre problematico. L’influenza della regina Gezabele fu nociva e perversa. La sua malvagità era sostenuta anche dalle sue credenze nei Baal e frutto di una arroganza perfida che non guardava in faccia a nessuno. Era stata lei ad istigare e convincere il re Acab, suo marito, ad impossessarsi a tutti i costi della vigna di Nabot, procurandogli una morte infame. Dinanzi a questo crimine il profeta non poté rimanere muto, anzi si presentò alla reggia e con un discorso infocato riprese il re e la regina per il loro crimine. Il fatto era molto grave: all’usurpazione indebita della vigna era seguita la morte dell’ignaro Nabot che voleva a tutti i costi salvaguardare la sua legittima proprietà. Il potere accecato dall’orgoglio del dominio era prevalso sul re con la complicità malefica della regina. Sembra storia di altri tempi, ed invece talora e la storia di oggi. Molte volte si rimane impietriti dinanzi a situazioni analoghe nelle quali i potenti hanno sempre la meglio ed i diritti, soprattutto quelli dei poveri, sono sistematicamente calpestati, vilipesi, defraudati. Solo la paura di quello che può accadere ed il pentimento sincero può cambiare le sorti conseguenti alle turpi azioni. Acab se ne avvide e vestì il sacco in penitenza. Il Signore non fece cadere su di lui la maledizione ed il giusto castigo, ma lo riservò per suo figlio. Il tornaconto economico acceca la mente e la ragione ed induce alle cose più sprezzanti, che però non restano impunite. P. Angelo Sardone

FESTA DI S. ANTONIO DI PADOVA, celeste rogazionista

«Insigne predicatore e patrono dei poveri e dei sofferenti» (Colletta della Messa di S. Antonio di Padova). La Chiesa ricorda oggi uno dei Santi più noti ed invocati di tutti i tempi e in tutto il mondo: S. Antonio di Padova. I secoli che distanziano da oggi la sua vita e la sua opera, sono pieni di attestati di grazie e devozione singolare ovunque, anche in nazioni non cristiane. Noi Rogazionisti e Figlie del Divino Zelo siamo «antoniani» soprattutto per la devozione del Pane di S. Antonio che nei nostri Orfanotrofi, è “qualche cosa di sorprendente: una vera specialità” (S. Annibale M. Di Francia). Sin dall’inizio la nostra Opera ha ricevuto da Lui il sostegno materiale attraverso le contribuzioni dei benefattori che chiedono preghiere dagli orfani ed assicurano, attraverso la forma del pane, la solidarietà ed il sostegno materiale. Così il santo Taumaturgo è entrato di diritto nella nostra Opera come grande risorsa per gli orfani ed i poveri, e grande conforto per tutti quelli che, per la sua intercessione, aspettano grazie dal cielo. S. Annibale definì S. Antonio «celeste Rogazionista» per il suo profondo legame col carisma della preghiera per le vocazioni. Provvidenzialmente la liturgia odierna riporta proprio il Vangelo del Rogate. La sua grandezza spazia a 360° con un’eccezionale cultura biblica e teologica, un’attività pastorale di alta qualità e soprattutto una santità di vita sempre attuale perché fondata sull’amore per Dio e il Prossimo. Auguri a tutti coloro, uomini e donne, che portano il suo nome, che significa «altamente tuona, simile a tromba squillante» (Vita Prima di S. Antonio 5,12). La testimonianza del grande Santo e la sua protezione facciano conseguire i desideri e le richieste, prima di tutto di una vita serena, guidata ed illuminata dalla grazia di Dio. P. Angelo Sardone