Un meraviglioso poliedro

«60ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni». È la giornata rogazionista per eccellenza che si fonda sul divino comando di Gesù: «La messe è molta ma gli operai sono pochi: pregate dunque il Signore della messe perché mandi gli operai nella sua messe!» (Lc 10,2). Gli operai sono prima di tutto i sacerdoti, le anime consacrate. S. Paolo VI ponendosi sulla scia già avviata dai suoi predecessori, la istituì il 23 gennaio 1964 perché si celebrasse ogni anno la IVª Domenica di Pasqua detta del «Buon Pastore». Questa iniziativa, primizia del suo pontificato e segno della sua sensibilità vocazionale, fu certamente ispirata alle parole profetiche che S. Annibale Maria Di Francia scrisse il 1926, un anno prima della sua morte: «È la Chiesa che ufficialmente deve pregare a questo scopo, dacché la missione della preghiera per ottenere i buoni operai è tale da dover interessare vivamente non solo ogni fedele, ogni cristiano, cui sta a cuore il bene delle anime, ma in modo particolare i vescovi, i pastori del mistico gregge, coloro cui sono affidate le anime e che sono gli apostoli viventi di Gesù Cristo!». Dal suo zelo sono nate le Congregazioni dei Rogazionisti e delle Figlie del Divino Zelo ed il Movimento laicale che ad esso si ispira. La risposta a Dio che chiama si specifica quest’anno con un «meraviglioso poliedro» (EG 236) che incorpora le diverse vocazioni che arricchiscono la Chiesa, dal matrimonio alla vita consacrata, dal sacerdozio all’impegno missionario, dal diaconato permanente alla consacrazione nel mondo. È necessario che questo spirito di preghiera e di azione vocazionale penetri ancora di più nel tessuto della Chiesa e delle comunità parrocchiali, soprattutto in un tempo post-pandemico che fa sentire i gravissimi suoi effetti, a cominciare dall’indifferenza e dall’assenza di desiderio e disponibilità alla chiamata di speciale consacrazione. P. Angelo Sardone

Caterina da Siena, una santa di luce

«Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna» (1Gv 1,5). La prima lettera di S. Giovanni apostolo si pone in stretta continuità col quarto Vangelo. Alcuni temi che avevano caratterizzato la stesura del testo dalla profondità scandita come da un occhio penetrante di aquila, sono riproposti sotto forma di esortazioni e a complemento di quanto già affermato nelle pagine evangeliche. Il tema della luce è uno di questi, che necessita di uno sviluppo ulteriore. I bagliori che provengono dall’alto sono la manifestazione e l’essenza di Dio e si pongono in contrasto netto col buio e le tenebre che non appartengono a Dio e che sono state da Lui distinte già all’atto della creazione. Il contrasto antitetico vuole mettere in evidenza più che una nozione metafisica e teologica, un dato religiosa: Dio é luce perché essenzialmente Egli é verità ed amore. Su questi temi si è formata con la scienza di Dio, Caterina da Siena (1347-1380), una delle sante più note nel panorama agiografico, per la sua intraprendenza ed il ruolo chiamato a svolgere dalla Provvidenza nella Chiesa del suo tempo. La cultura sacra appresa direttamente da Dio nel suo dettato mistico, la pone, suo malgrado, a contatto con le maggiori personalità del tempo in ogni campo. La profondità del suo pensiero e l’efficacia della sua azione ecclesiale soprattutto nei confronti del papa, le merita un ruolo di singolare importanza nella storia di tutti i tempi. È la prima donna ad essere dichiarata «dottore della Chiesa». La Nazione Italiana e la città di Roma, l’hanno come patrona. L’Europa come compatrona. Auguri a tutte coloro che portano il nome di Caterina, cioè pura, perché testimonino nella vita ciò che il nome significa. P. Angelo Sardone

La conversione di Saulo

«Sàulo allora si alzò da terra, ma, aperti gli occhi, non vedeva. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damàsco» (At 9,8). Entrato in scena quasi in sordina nel racconto degli Atti degli Apostoli, Saulo intraprende da ora il suo percorso: da persecutore diviene evangelizzatore. Il momento determinante del suo cambiamento è la conversione operata da Gesù sulla via di Damasco dove si stava recando per condurre in carcere i cristiani. L’evento è talmente importante che l’evangelista Luca lo riporta ben tre volte nel suo libro con una trama identica e punti illuminanti diversi. Il primo racconto è fotografico: ardente di furore verso questa nuova via ed i suoi seguaci, Saulo che minaccia ritorsioni ed odio viene buttato a terra da una forza misteriosa e quando ode la voce che gli chiede perché lo sta perseguitando, rimane scioccato e cieco negli occhi ad udire che si tratta dello stesso Gesù. Viene condotto a mano a Damasco e si rifugia in casa di Giuda. Per tre giorni non vede. Mentre prega intensamente in una visione vede un uomo di nome Anania che gli impone le mani. È così avviene. Gli impone le mani: dagli occhi cadono come squame e Saulo, ricolmo di Spirito Santo torna a vedere. La descrizione racchiude il mistero del capovolgimento della vita di Saulo fermo oppositore di questa novità di pensiero e di vita costituita da Cristo e dai suoi seguaci. La grazia di Dio lo trasforma radicalmente: dopo qualche giorno comincia a predicare apertamente che Gesù è il Signore. La conversione vera è rottura col passato. L’autentica conversione è guardare avanti con la novità della vita e non la nostalgica e ossessionante affermazione di ciò che uno è stato con l’illusione di trascinare altri nel processo di adesione alla fede. Gli atteggiamenti e l’identità del passato vanno consegnati al passato e basta. I fedeli seri ricercano, soprattutto nel sacerdote, il nuovo autentico, senza remore nostalgiche e fuorvianti. P. Angelo Sardone

Il diacono Filippo e l’eunuco

«Capisci quello che stai leggendo?». Egli rispose: «E come potrei capire, se nessuno mi guida?» (At 8,30-31). Condotto dallo Spirito il diacono Filippo si avvia verso Gaza. Lo attende un incontro ed un avvenimento che si pongono nel quadro specifico di una proficua evangelizzazione. L’incontro con il funzionario di Candace che torna da Gerusalemme dopo aver praticato il culto è analogo a quanto spesso tanti cristiani vivono, quando si recano in luoghi particolari di pellegrinaggio o a manifestazioni di fede. Il cortigiano doveva essere abbastanza colto e versato nella lettura delle Scritture, ma non aveva una comprensione piena di esse perché non era guidato da alcuno. L’avvincente lettura dei Profeti, può rimanere inefficace se non c’è qualcuno che la spieghi in maniera adeguata. E non si può spiegare nulla se non si è sotto il dominio vero dello Spirito e non si è approfondito il tutto con uno studio serio, sistematico e guidato da maestri provetti e non da improvvisatori entusiastici e semplicistici della Parola. L’insegnamento si realizza anche nella condizione tutta particolare di un viaggio e lungo una strada. È in pratica la parabola della vita che scorre lungo una strada di fatica, di ricerca e di conoscenza, per manifestare la propria fede. L’approccio con la Parola necessita di approfondimento per una comprensione più adeguata e fruttuosa. Non sempre basta la buona volontà e l’affidamento, soprattutto oggi, a mezzi informatici, soprattutto quando non sono controllati o amministrati da studiosi di scienze bibliche. Filippo compie la sua missione con serietà e scrupolosità. Sale sul carro e spiega con chiarezza il significato di quanto sta leggendo. La conclusione è naturale e programmatica. L’eunuco affascinato dalla comprensione finalmente chiara dei testi sacri, chiede il Battesimo che sancisce l’appartenenza a Cristo e determina anche il possesso misterioso di sapienza e scienza che scendono dall’alto. P. Angelo Sardone

Saulo di Tarso

«Quelli che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola» (At 8,1). Alla pace e serenità iniziale che caratterizza la vita della Chiesa di Gerusalemme dopo la risurrezione di Cristo e la discesa dello Spirito Santo, segue un tempo di grande persecuzione. Le ostilità incontrate nel rapporto con i Giudei, soprattutto capi e dottori della legge, diventano più aspre e sono coronate dal martirio del diacono Stefano. La persecuzione non è universale, ma molto probabilmente si diresse verso i cristiani ellenisti, da cui proveniva lo stesso Stefano. Inizia a farsi strada l’opera determinata e ferma di Saulo, un fariseo ferrato nella legge, cresciuto alla scuola di Gamaliele. Egli cominciò a combattere la Chiesa: entrava nelle case dei cristiani, prendeva in ostaggio uomini e donne e li faceva mettere in carcere. Ciò determina la fuga dei cristiani da Gerusalemme nelle campagne della Giudea e della Samaria. Gli apostoli però rimangono in città. Si allarga il ministero dei diaconi: Filippo diviene protagonista di una fruttuosa predicazione e prende piede il servizio dell’annuncio. Persecuzione ed ostilità contro la Chiesa si ripeteranno in tutte le epoche storiche per un odio violento contro Gesù ed il suo messaggio di salvezza. La Chiesa, come una navicella, si è trovata e si trova ancora in un mare in tempesta ma ha al timone Pietro, sostenuto dalla forza dello Spirito e da Cristo del quale è vicario in terra. Le forze del maligno, lo ha detto Gesù, non prevarranno, ma per un disegno misterioso di Dio sembrano sopraffare la vita e l’opera della Chiesa. P. Angelo Sardone

L’evangelista Marco

«Vi saluta la comunità che vive in Babilonia, e anche Marco, figlio mio» (1Pt 5,13). La liturgia ricorda oggi il secondo degli evangelisti, Marco, discepolo di Paolo che lo definisce «nipote di Barnaba», e, soprattutto di Pietro che lo menziona come «figlio». Per lui come per altri personaggi della Scrittura, le notizie non sono molte. La familiarità con Pietro, certamente lo pone in uno stato di grande considerazione, come anche la preziosità dei suoi servizi è attestata da Paolo, nonostante la delusione che gli aveva recato e per la quale non fu portato con lui nel secondo viaggio missionario. Le sue reliquie, secondo la tradizione, da Alessandria d’Egitto, minacciate dagli Arabi, furono trafugate nell’828 da due mercanti veneziani e condotte nella città lagunare della quale divenne patrono, contrassegnandola col simbolo del leone alato. Dalla predicazione diretta dei due santi Apostoli udì tutto quello che riportò nel vangelo, il più corto dei quattro, ma vivace ed immediato. In particolare da Pietro dal quale apprese e trascrisse, seppure non in ordine, le parole e gli atti di Gesù. Restano comunque ignote tante altre notizie. L’appellativo di figlio riservato a lui da S. Pietro certamente richiama il dono del battesimo da lui ricevuto. La città citata nella lettera non è propriamente Babilonia, ma secondo la consuetudine di allora, propria della letteratura rabbinico-biblica attestata anche dal libro dell’Apocalisse, è Roma che diventerà simbolo del paganesimo e dell’immoralità. Auguri a tutti coloro che portano il nome di Marco, perché nella vita possano testimoniare la bellezza e la gioia di essere vissuti accanto a qualche testimone della fede. P. Angelo Sardone

ll coraggio di Stefano

«Sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al sinedrio» (At 6,12). Stefano, uno dei primi sette diaconi, entra subito in azione col suo ministero non solo di carità, ma anche di eloquente predicazione. Ciò che lo muove è la grazia e la potenza che gli vengono da Dio e gli fanno operare prodigi e segni in mezzo al popolo. Non possono essergli a ruota quelli della sinagoga che non resistono alla sua sapienza ed alla forza con la quale annunzia. Non potendo fare altro ricorrono allo stratagemma della calunnia istigando alcuni a parlare male di lui accusandolo di aver pronunziato cose blasfeme e di non tenere conto della legge di Mosè per via di Gesù che avrebbe sovvertito le sue tradizioni. È tutto quello che basta per condurlo davanti al tribunale. Anche i giudici si rendono conto di stare dinanzi ad una persona particolare dato che il suo viso risplende quasi fosse di angelo il suo aspetto. La forza della parola ed il coraggio imperterrito dinanzi alle vistose e calunniose contraddizioni dei suoi accusatori, sono i numeri più eloquenti di una battaglia che regge dinanzi all’infamia della bugia e dell’invidia. Ogni volta che si mette a disposizione del Signore la propria vita, rispondendo ad una precisa e singolare vocazione, si corre il rischio di infrangere la monotonia anche religiosa che si rivela talora come opzione stagnante di verità, orpello di una vita piatta e forse anche insignificante. Né a ragione si può addurre la guerra contro tutto ciò che non è tradizione comprovata e racchiusa in una legge che non è di libertà ma di cieco asservimento ad una ragione non aperta alla novità di Dio. P. Angelo Sardone

Risurrezione: mistero di fede

«Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni» (At 2,32). La risurrezione di Cristo rimane un mistero che soltanto la fede può accettare e proclamare. Lo fu già a poche ore dal suo compimento e divenne più controverso man mano che la notizia si diffondeva a Gerusalemme e faceva proseliti nella nuova via che cominciò a chiamarsi «cristianesimo». Le teorie della favola inventata dai Giudei per schernirsi dinanzi a Pilato ed al popolo non reggevano. Le prove inconfutabili erano là sotto gli occhi di tutti: tomba aperta, enorme sasso smosso, bende e sudario ai lati della pietra sulla quale era stato deposto il corpo. Ma poi, ancor più, il segno inequivocabile furono le apparizioni del Risorto a più riprese ed a più persone, da Maria Maddalena, agli Apostoli, a Pietro, ai discepoli diretti ad Emmaus, a più di cinquecento persone. S. Paolo nella trasmissione del kerigma, traccerà una sintesi affermando finanche che se tutto fosse falso anche la fede sarebbe vana (1Cor 15,3-8.17). La predicazione degli Apostoli attesterà continuamente l’evento e diverrà un coraggioso atto di accusa ai crocifissori che prima di essere i Romani, erano stati proprio i capi religiosi e civili degli Ebrei. La fede cristiana parte proprio da questa sintesi: Gesù Cristo è morto e risorto! La croce con il corpo esanime di Gesù ricorda la morte; il segno della croce, distintivo del cristiano, e la stessa croce spoglia del corpo è il sinonimo della risurrezione. Come gli Apostoli, i cristiani di ogni tempo sono chiamati a dare testimonianza di questa realtà, perché credendo abbiamo la vita. (Gv 20,31). P. Angelo Sardone

L’istituzione dei diaconi

«Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense» (At 6,2). La comunità di Gerusalemme, sotto l’impulso dello Spirito e con la collaborazione fattiva degli Apostoli, cresce abbondantemente. Il cronista S. Luca riporta i particolari e il numero di coloro che si aggregano. Comincia a configurarsi una vera e propria società, che la tradizione cattolica poi chiamerà «perfetta», cioè la Chiesa, nella quale oltre i ruoli dirigenziali cominciano ad essere necessari i ministeri. Non era facile amministrare una grande quantità di persone provenienti da mondi, culture e sensibilità diverse, accomunate dalla Grazia e dal desiderio di seguire questa nuova via rappresentata da Cristo e dal suo mistero derivante soprattutto dalla risurrezione. Comincia a nascere qualche difficoltà organizzativa con relative proteste da parte di chi si sentiva trascurato. È il caso delle vedove di lingua greca che nella distribuzione dei pasti non avevano la stessa attenzione di quelle di lingua ebraica. La problematica comincia a farsi sentire e richiede un intervento. Gli apostoli chiariscono il loro ruolo: non possono trascurare la Parola di Dio, il suo annunzio e la preghiera per dedicarsi ad altro. Il compito specifico di chi dirige la comunità cristiana ha obiettivi chiari ed indispensabili e non può frammentarsi in altri impegni se pur nobili ma che assorbono tempo ed energie. Questo dato di fatto diviene la provvidenziale occasione per la costituzione dei diaconi, il cui termine nella lingua greca significa “servo”, perché possano dedicarsi al servizio delle mense. Occorrono persone comprovate in onestá, buona fama e sapienza. La scelta cade su sette, in particolare, che si distinguono per queste caratteristiche ed immediatamente entrano in azione. Il loro compito in seguito si allargherà ad altre mansioni. P. Angelo Sardone