La vedova di Sarepta ed Elia

«Àlzati, va’ a Sarèpta di Sidone; ecco, io là ho dato ordine a una vedova di sostenerti» (1Re 17,9). Elia è certamente uno dei più grandi interlocutori con Dio, profeta di fuoco, per via del suo ratto al cielo sopra un carro di fuoco. Era nativo di Tisbe di Galaad, nell’odierna Giordania. Il ciclo della sua vita e del suo operato si inscrive nel IX secolo a.C. ed è contenuto fondamentalmente nei capitoli 17-19 e 21 del Primo Libro dei Re, divisi in cinque gruppi. I tre anni di siccità predetti da Elia al re Acab, a causa dell’insediamento del culto ai Baal, fanno sentire tutto il loro peso e la gravità. Egli stesso sente il disagio e ripara presso il torrente Cherit dove viene nutrito dai corvi con pane al mattino e carne la sera. Ma anche questo torrente si seccò: di qui l’ingiunzione di Dio di recarsi a Sarepta una città fenicia tra Tiro e Sidone, in Libano. Non avrebbe avuto difficoltà perché qui, una povera vedova doveva sostenerlo. Essa infatti, alla porta della città raccoglieva legna per preparare con l’ultimo pugno di farina che le restava e le poche gocce di olio, una focaccia per sé ed il figlio e poi morire. La pronta obbedienza al profeta che le aveva chiesto di preparare una focaccia anche per lui, merita alla povera donna il prodigio della moltiplicazione per giorni interi della farina e dell’olio per sfamare la sua famiglia e lo stesso Elia. Sono questi i miracoli della generosità che il Signore in tutti i tempi premia con la larghezza della sua provvidenza ed il sostegno materiale. Esso non manca mai quando si agisce in piena conformità col volere di Dio e si obbedisce alla Parola trasmessa dai “veri” profeti. P. Angelo Sardone

Maria Madre della Chiesa

«L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi» (Gen 3,20). Il nome imposto dal primo uomo, Adamo (fatto di terra), alla donna, sua compagna di creazione, fu Eva, cioè Madre di tutti i viventi. Il testo sacro riporta l’inciso subito dopo il racconto della caduta dei progenitori ed il peccato originale che ha sconvolto il piano di Dio, teso a rendere la vita dell’uomo piena comunione con Lui. Nel contempo viene offerta la speranza di una vita pur sotto il peso della perdita dei doni preternaturali e la certezza che una donna, calpesterà col calcagno la testa del serpente, il nemico infernale. La donna prefigurata in questo primo annunzio del vangelo è Maria di Nazaret. Alla madre del genere umano vivente si sostituisce la beata Vergine Maria, «Madre della Chiesa», la cui memoria liturgica, per espresso volere di papa Francesco, si celebra il lunedì successivo alla Pentecoste. Il titolo fu consacrato con dichiarazione ufficiale da S. Paolo VI il 21 novembre 1964 a conclusione della terza Sessione del Concilio Vaticano II, come «Madre della Chiesa, cioè di tutto il popolo cristiano, sia dei fedeli che dei Pastori, che la chiamano Madre amatissima» ed integra la dichiarazione di Theotókos, la Genitrice di Dio, del Concilio Ecumenico di Efeso (431). «Maria è la Madre di Cristo che non appena assunse la natura umana nel suo grembo verginale, unì a sé come Capo il suo Corpo mistico, ossia la Chiesa» (Paolo VI). Questo stesso titolo il 1880 lo aveva già dato a Maria S. Annibale M. Di Francia nella prima preghiera per le vocazioni ed in un’altra del 1890. Mirabili e provvidenziali intuizioni di un grande innamorato della Madonna! P. Angelo Sardone

Questioni di religione

«Non portarono alcuna accusa di quei crimini che io immaginavo» (At 25,18). Le insidie contro Paolo non sono mai troppe, come anche i tempi ed i modi per poterlo giudicare e condannare. Ciò che era avvenuto nel processo a Gesù, in un certo senso avviene anche per lui. Tutti sono giudici: dai Giudei agguerriti, al tribuno, fino al governatore Marcio Festo che con un fare giuridico politicamente corretto si trasforma nel debole e codardo di turno. Pur volendo rimanere fedele ad una procedura giuridica, non si assume la responsabilità ultima. Sa bene che non ci sono crimini di cui Paolo è accusato dai Giudei ma una questione relativa alla loro religione e a Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo. La presenza “viva ed operante” di Cristo, signore del mondo, determinata dopo la sua ascensione al cielo e la discesa dello Spirito Santo, è predicata con vigore e testimoniata dall’Apostolo con coraggio sempre più sorprendente, sorretto dalla forza che viene dal Risorto. Festo ne è cosciente, ma, pur avendo il potere di farlo, non ha la forza né la voglia di stare dietro a simili questioni preferendo cercare appoggio per le sue velate buone intenzioni, dal confronto col re Agrippa. Ma non serve a nulla se non ad evidenziare ancora di più il sopruso nei confronti di un innocente e la sua preoccupazione di vita lontano mille miglia da queste bazzecole religiose. Tante volte il potere civile dà segni di superficialità e rimane sospeso dinanzi alla verità dei fatti ed all’innocenza delle persone, preferendo piuttosto lavarsi le mani o ancor peggio, affliggere una condanna anche a chi è innocente. Certe correttezze o scorrettezze giuridiche sono simili a manifestazioni di autentica debolezza. P. Angelo Sardone 

Memoria liturgica di S. Annibale Maria Di Francia

«Pregate il Padrone della messe perché mandi gli operai nella sua messe” (Mt 9,38): spese tutte le sue energie per questa nobilissima causa». Queste parole echeggiarono in Piazza S. Pietro a Roma, il 7 ottobre 1990 quando S. Giovanni Paolo II beatificò S. Annibale Maria Di Francia (1851-1927). La sua è stata una vita interamente consacrata al servizio del «Rogate», la preghiera ed azione per le vocazioni e all’amore per i piccoli e gli ultimi. Oggi la Famiglia Rogazionista sparsa nel mondo, religiosi e laici, celebra la memoria liturgica del suo Fondatore, insigne Apostolo della preghiera per le vocazioni, vero Padre degli orfani e dei poveri. L’intuizione del Rogate, colta sin da adolescente, nutrita alla scuola dell’adorazione eucaristica e della interiorità, divenne in lui una vera e propria fissazione, soprattutto quando, entrato nel malfamato Quartiere Avignone di Messina, luogo abietto e dimenticato dagli uomini, vide concretamente la realtà delle folle evangeliche stanche e sfinite e comprese l’urgenza e la necessità non solo di pregare per le vocazioni ma di essere lui per primo buon operaio del vangelo. Vocazione rogazionista e vocazione sacerdotale si fusero in un unico atto di amore a «Dio e il Prossimo». Il suo esempio e la sua passione indussero numerose anime a seguirlo. Agli Orfanotrofi Antoniani femminili e maschili (1882-1883) posti sotto la protezione di S. Antonio di Padova (1887) seguì la fondazione delle Figlie del Divino Zelo (1887) e dei Rogazionisti (1897) che devono il loro nome alla preghiera ed all’azione per le vocazioni. Instancabile samaritano accanto ai poveri e i piccoli, con l’Unione di preghiera per le vocazioni per il popolo di Dio e l’Alleanza Sacerdotale per il clero, coinvolse la Chiesa intera nell’impegno zelante dell’obbedienza al divino comando. La Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni è il segno più evidente del riconoscimento ecclesiale al suo impegno evangelico. Il suo sguardo compassionevole si posa tuttora sulla folla stanca e sfinita. Il suo messaggio carismatico è attuale ed urgente: seguirlo è un dono ed una grazia di valore inestimabile. P. Angelo Sardone

Maria visita Elisabetta

«Rallégrati, figlia di Sion, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!» (Sof 3,14). A conclusione del mese di maggio, che sin dalla fine del secolo XVI è tradizionalmente il mese mariano per eccellenza, la Chiesa celebra la Visitazione della Beata Vergine Maria a sua cugina Elisabetta. Già nel passato vetero-testamentario Sofonia, un profeta del 600 a.C., in un tempo critico e delicato per la fede e di mancanza operativa dei rappresentanti del culto a Dio, rivolge ai poveri ed a tutti quelli che confidano nel Signore, rappresentati dall’immagine corporativa di “Figlia di Gerusalemme”, una parola di speranza ed un invito alla gioia. La Figlia di Sion è notoriamente la Comunità ebraica che torna dall’esilio di Babilonia, e si identifica come popolo che riconosce il suo Dio. Maria viene personificata a questo nuovo Israele: attende il Dio che viene ad abitare tra gli uomini. La liturgia applica a Maria di Nazaret l’attribuzione nominale di Figlia di Sion. È un simbolismo che aiuta a comprendere col linguaggio biblico, la figura e la funzione di Maria, madre dei credenti, la Madre della Chiesa. Le caratteristiche sono sintetizzate da Luca evangelista nel sublime cantico del Magnificat, posto sulle labbra di Maria a seguito dell’incontro con la cugina Elisabetta. La conclusione del mese di maggio dà rilievo alla funzione che la Vergine, ormai glorificata in cielo, continua a svolgere sulla terra come madre dei redenti. La tradizione e la spiritualità rogazionista in questo giorno precede l’offerta dei cuori a Maria: sono bruciati i cuori di carta sui quali ciascuno ha riportato pensieri, preghiere, lodi e ringraziamenti a Maria. Così anche io offro alla Vergine Maria i pensieri e le preghiere del mio cuore e del cuore di ciascuno. P. Angelo Sardone

Pentecoste ad Efeso

«Discese su di loro lo Spirito Santo: si misero a parlare in lingue e a profetare. Erano in tutto circa dodici uomini» (At 19,6-7). Nella città di Efeso, punto nevralgico dell’evangelizzazione in Asia Minore, Paolo rimane circa tre mesi parlando liberamente nella sinagoga. Efeso era un porto commerciale molto frequentato e contava circa 300.000 abitanti. Il confronto con alcuni discepoli gli fa scoprire che non sanno nulla dello Spirito Santo, anzi non ne hanno mai sentito parlare. Avevano ricevuto il battesimo di Giovanni, il cui alone aveva illuminato anche quelle regioni, ma niente di più. La preoccupazione di Paolo è che il messaggio di Cristo sia accolto a partire dal suo battesimo, dall’imposizione delle mani e dal dono dello Spirito. Ciò darà la garanzia che si tratta di un percorso cristiano autentico. Dinanzi a tanta chiarezza alcuni di loro, dodici, ricevono il battesimo, l’imposizione delle mani e lo Spirito Santo. Si verificano così anche su di loro i fenomeni ed i prodigi della Pentecoste di Gerusalemme: parlano lingue diverse e profetizzano. Succede spesso che anche nel nostro tempo, si conosca poco e si parli anche poco dello Spirito Santo, l’agente fondamentale dell’evangelizzazione. Da un regime di non conoscenza, il “grande sconosciuto” definiva lo Spirito Santo il cardinale belga Leon-Joseph Suenens (1904-1996) uno dei protagonisti del Concilio Vaticano II, bisogna passare decisamente ad una conoscenza piena della sua identità e della sua indispensabile ed efficace missione nella vita della Chiesa e dei cristiani. C’è ancora tanta strada da fare! P. Angelo Sardone

Cristo ascende al cielo

«Mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi» (At 1,9). Così, con uno schizzo grafico, l’evangelista Luca sintetizza il mistero dell’Ascensione di Cristo al cielo, quaranta giorni dopo la Pasqua. Segna il passaggio ed il ritorno definitivo del Messia dalla realtà terrena a quella celeste. Il tempo post-pasquale, cioè il tempo del Risorto, era servito a Cristo per evidenziare la verità della sua risurrezione, completare gli insegnamenti sul Regno di Dio e preparare gli Apostoli alla ricezione prossima del dono dello Spirito Santo, la promessa del Padre, la potenza che scende dall’alto, la forza per la testimonianza cristiana sino ai confini della terra. Una nube sottrae il suo corpo trasfigurato dalla vista degli Apostoli che Egli stesso aveva condotto fuori Gerusalemme verso Betania. Un ultimo gesto caratterizza il saluto definitivo e l’arrivederci di Gesù: la benedizione. Un altro gesto invece manifesta la risposta degli Apostoli: si prostrano in adorazione davanti a Lui. Una caratteristica singolare determina il loro rientro a Gerusalemme: la grande gioia e la lode tributata a Dio nel tempio. Lo sguardo teso verso il cielo nel distacco fisico da Gesù, misto di dolore e gioia, viene compensato dalla promessa di due uomini misteriosi, due angeli, che rassicurano gli Apostoli ed il mondo intero che questo evento è solo il momentaneo allontanamento di Cristo dal mondo creato e dalle creature, ed evoca la preparazione alla ricongiunzione definita che avverrà alla fine dei tempi. Siamo proiettati verso l’evento escatologico, sorretti nel tempo dalla fede e dalla Grazia. P. Angelo Sardone

L’evangelizzazione di Apollo di Alessandria

«Apollo giunto in Acaia, fu molto utile a quelli che, per opera della grazia, erano divenuti credenti» (At 18, 27). Il viaggio apostolico di Paolo continua con contorni provvidenziali segnati dalla grazia di Dio, dallo Spirito evangelizzatore e da collaboratori intelligenti e pratici. Ad Efeso, giunse Apollo, un giudeo molto preparato nelle Scritture, debitamente istruito, affascinante nella dialettica, che parlava con chiarezza di Gesù. Proveniva da Alessandria dove si praticava l’esegesi biblica. La sua conoscenza però si limitava al battesimo di penitenza predicato da Giovanni. I collaboratori stretti di Paolo, Priscilla e Aquila dopo averlo ascoltato lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio. Il suo apporto sarebbe stato molto valido soprattutto nei confronti dei Giudei che non accoglievano facilmente la nuova dottrina sganciata dall’antica tradizione mosaica. Il suo contributo sarebbe servito per confutare i Giudei ostinati, con la dimostrazione, a partire dalle Scritture, che Gesù era il Cristo. Nel quadro e nel servizio dell’evangelizzazione è assolutamente indispensabile, accanto ai sacerdoti e ministri della Chiesa, la presenza di collaboratori debitamente preparati ed istruiti. Ne va di mezzo l’efficacia della predicazione e l’accoglienza del mistero di Cristo. Lo sviluppo odierno delle scienze teologiche favorisce la preparazione e la frequenza negli Istituti di scienze religiose nelle diverse diocesi. Quanto bene possono fare persone debitamente preparate che parlano e testimoniano la fede cristiana ed il mistero dell’amore di Gesù! P. Angelo Sardone

S. Paolo a Corinto

«Molti dei Corìnzi, ascoltando Paolo, credevano e si facevano battezzare» (At 18,8). Da Atene, dopo il fallimento dovuto al discorso sulla risurrezione e la relativa canzonatura subita da parte dei suoi colti ascoltatori, Paolo ripara a Corinto, nell’istmo omonimo. Qui sorgerà una delle comunità più importanti da lui fondate. Il lavoro che lo attende non è facile, ma il Signore gli conferma che anche le difficoltà che incontrerà rientrano nel disegno di Dio. La città è grande, cosmopolita, di facili costumi, punto di riferimento di intenso commercio. Alloggiava presso Aquila e Priscilla, una coppia di giudei rientrati da Roma e per mantenersi, lavorava con loro che, come lui, erano fabbricanti di tende. Quando fu raggiunto da Timoteo e Sila, si diede tutto alla predicazione cominciando come al solito dai Giudei. Dinanzi alla loro ottusa ed invalicabile ostinatezza, mettendo in pratica quanto Gesù stesso aveva detto, si scosse la polvere dalle vesti e decise di rivolgersi da allora in poi solo ai pagani. Aveva aderito Crispo, capo della sinagoga che credette insieme con la sua famiglia. Cominciò quindi da Tizio Giusto che onorava Dio ed abitava nei pressi della sinagoga. Nonostante ci fosse questa opposizione manifesta da parte dei Giudei, con la sua tenacia l’apostolo raccolse un buon risultato con tanti che accoglievano la fede e si facevano battezzare. La perseveranza premia sempre, soprattutto quando è mossa dall’unico intento di portare Cristo alle anime e di testimoniarlo con una degna condotta di vita che esalta e conferma le parole che si adoperano. P. Angelo Sardone

La cattedra dei non credenti

«Perché di lui anche noi siamo stirpe» (At 17,28). Il viaggio missionario di Paolo non conosce soste e va incontro anche a numerose difficoltà determinate soprattutto dai Giudei. A Tessalonica, l’odierna Salonicco, come in Berea, mossi da sentimenti di invidia e gelosia, i Giudei non se la danno per vinta e provocano disordini e disagi con il coinvolgimento anche delle autorità. Paolo ed i suoi compagni di missione sono costretti a fuggire. Paolo, in particolare viene condotto ad Atene in attesa che lo raggiungano Timoteo e Sila. Intanto nella sinagoga discute sia con i Giudei ed i timorati di Dio, che con i filosofi epicurei e stoici che lo definiscono “seminatore di chiacchiere”, buono per gli ateniesi a caccia di novità. È incuriosito per l’animo religioso degli abitanti della grande e famosa città, che si manifesta nei numerosi monumenti sacri tra i quali uno intitolato al dio ignoto. Prendendo lo spunto da questo, Paolo annunzia agli Ateniesi il Dio dei cristiani, il Signore del cielo e della terra, dimostra di conoscere la letteratura e cita il filosofo e poeta stoico Arato (+240 a.C.) ed un suo detto. Lo scopo della vita dell’uomo, dice, è la ricerca di Dio che se anche appare difficile è possibile: gli stessi filosofi e poeti lo hanno detto e dimostrato. Quanto è importante negli annunziatori di oggi la preparazione e la cultura che non sia uno sfoggio, ma un elemento importante di dialogo e di confronto anche con chi non crede. Una formidabile intuizione l’ebbe l’indimenticabile cardinale Carlo Maria Martini che il 1987 istituì a Milano la “Cattedra dei non credenti” che andò avanti fino al 2002, con 12 edizioni e 50 incontri. P. Angelo Sardone