La saggezza di alcuni amministratori

«Costui persuade la gente a rendere culto a Dio in modo contrario alla Legge» (At 18,13). A Corinto, dove Paolo dimorò un anno e mezzo, i Giudei infastiditi dal suo insegnamento ed inferociti contro di lui, lo condussero unanimi in tribunale davanti a Gallione, proconsole dell’Acaia. Chiedevano conto e ragione del suo insegnamento che ritenevano contrario alla Legge mosaica, allora protetta dalla legge romana. Egli non faceva altro che insegnare la Parola ma evidentemente il suo modo di porgerla ed il messaggio sotteso, non si allineava affatto col loro modo di vedere. L’unico modo per reagire era quello di tradurlo dinanzi alla pubblica autorità. Paolo, dal canto suo si sentiva fortificato non dalla sua capacità di sopportazione, ma dalla grazia del Signore che in una visione gli aveva assicurato che non gli sarebbe stato fatto alcun male, anzi lo aveva incoraggiato a continuare a parlare col medesimo tono. Vi era infatti un popolo numeroso che Cristo stesso andava formandosi. Illuminato e colmo di buonsenso fu proprio Gallione che si tirò fuori ritenendo che quelle questioni di nomi e di usi, appartenessero esclusivamente alla mentalità ebraica e non rientravano in un misfatto o un delitto degno di essere da lui giudicato. Invece ebbe la peggio Sostene, il capo della sinagoga, artefice della insurrezione, che fu malmenato dalla gente esasperata. Paolo continuò il suo ministero. Tante volte si vuole fare entrare l’autorità civile sottoponendo al giudizio profano verità che appartengono al credo ed al deposito della fede. La saggezza di alcuni amministratori pubblici, per fortuna, riconosce e demanda all’autorità religiosa costituita il potere di intervento, evitando ingerenze importune e fuorvianti. P. Angelo Sardone

S. Annibale Maria Di Francia: 19 anni dalla canonizzazione

«Ai Rogazionisti e alle Suore Figlie del Divino Zelo lasciò il compito di adoperarsi con tutte le forze perché la preghiera per le vocazioni fosse incessante e universale». Queste mirabili espressioni sono parte integrante dell’omelia pronunciata da S. Giovanni Paolo II domenica 16 maggio 2004 nella Messa di canonizzazione di S. Annibale Maria Di Francia. Si compiva così il desiderio di tanti cuori ed il lungo itinerario canonico processuale durato quasi sessant’anni, da quando il 1945 era stata avviata a Messina l’inchiesta diocesana culminata il 7 ottobre 1990 con la beatificazione. Il traguardo del riconoscimento della sua santità, poneva un tassello determinante nella vita della Chiesa per la conoscenza e lo sviluppo del carisma della preghiera ed azione per le vocazioni, chiodo fisso della vita e dell’opera del canonico messinese che per esso non si era sottratto a fatiche e lavoro estenuante con uno zelo sovrumano. Tutta la sua esistenza, infatti, era stata impostata sulla pericope evangelica della compassione di Gesù verso le folle stanche e sfinite come pecore senza pastore, la constatazione dell’abbondanza della messe e l’obbedienza al divino comando: «Pregate dunque il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe» (Mt 9, 36-38). Tutto questo, a partire dal Quartiere Avignone di Messina tra i poveri e gli orfani per i quali si fece vero padre. Il coinvolgimento di Papi, Cardinali, Vescovi, Sacerdoti e fedeli nella Sacra Alleanza e nell’Unione di preghiera per le vocazioni, una vera e propria “crociata”, perché la preghiera per le vocazioni fosse costante e divenisse universale, raggiunse l’apice quando S. Paolo VI nell’anno 1964 istituì la Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni. A noi figli e figlie di S. Annibale, religiosi e laici, spetta il compito e la grave responsabilità di pregare per le vocazioni, diffondere questo spirito di preghiera perché diventi universale, essere operai compassionevoli nella cura dei fanciulli e dei giovani e nell’evangelizzazione e soccorso ai poveri. Si realizza così l’anelito del Cuore di Gesù ed il carisma di S. Annibale, insigne apostolo della preghiera per le vocazioni. P. Angelo Sardone

Lidia: una fedele discepola

«Lidia, dopo essere stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò dicendo: Se mi avete giudicata fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa. E ci costrinse ad accettare» (At 16,15). Avviata appena l’evangelizzazione dell’Europa, dopo essere salpati dall’isola di Samotracia, Paolo approdò nella città romana di Filippi, primo distretto della Macedonia dove rimase alcuni giorni. Il giorno di sabato, destinato alle riunioni dei Giudei, lungo un fiume distante due kilometri ad ovest della città, dato che non c’era una sinagoga, e dove ci si riuniva per la preghiera, Paolo parlò alle sole donne, probabilmente là convocate da Lidia, una commerciante di porpora, di Tiàtira, credente in Dio. Ella aveva manifestato grande interesse alla predicazione di Paolo fino al punto di chiedere il battesimo unitamente a quelli della sua famiglia. Il rapporto spirituale si traduce immediatamente in uno squisito atteggiamento umano di relazione sensibile ed affettuosa che culmina nell’invito pressante rivolto ai missionari a sostare nella sua casa ed accogliere la sua ospitalità. Paolo che si manteneva col suo lavoro, accetta l’offerta della neofita che si presenta come fedele al Signore. Nel servizio evangelizzatore è veramente un dono di Dio trovare donne di questo genere che, attratte dalla Parola e mosse da un affetto riconoscente, puro e maturo verso il ministro del Signore e non puerile e passeggero, invitano a condividere non solo il pasto ma anche il calore sacro della casa e della propria vita. Nel mio ministero ultra-quarantennale ho avuto ed ho tuttora la grazia e la gioia di vedere rinnovarsi nei miei confronti con abbondanza e varietà di persone e luoghi, questi esempi biblici che tanto hanno contribuito alla mia maturità umana, sacerdotale, spirituale e relazionale. Un vero dono di Dio e non un’effimera comparsa! P. Angelo Sardone