Pio X, papa grande e santo

«Benedetto il Signore: non ha fatto mancare uno che esercitasse il diritto di riscatto» (Rt 4,14). Obbediente ai consigli della suocera, Rut si avvicina a Booz un non più giovane, ma saggio ed equilibrato parente di Noemi. Egli era subentrato ad un altro parente che aveva il diritto di riscatto del campo di Noemi e che aveva rinunziato per non danneggiare la sua eredità, dal momento che ciò implicava anche il prendere in moglie Rut, la Moabita. Booz riscatta il campo e sposa Rut la straniera che così viene a collocarsi nella discendenza dalla quale proverrà Gesù. Dalla loro unione, infatti, nascerà Obed, padre di Iesse, padre di Davide. Nel secolo scorso il Signore non ha fatto mancare S. Pio X (1835-1914), un papa che ha esercitato il diritto di riscatto ed una intransigente difesa dell’ortodossia della dottrina cattolica, con la lotta e la condanna del modernismo teologico con l’enciclica Pascendi Dominici Gregis e la redazione del Catechismo Maggiore. Secondo di dieci figli di una modesta famiglia di contadini, percorse il suo itinerario ecclesiastico in una successione prevalentemente pastorale e non da carriera. Entrato nel seminario di Padova, fu ordinato sacerdote nel 1858; divenne cappellano in una parrocchia; quindi arciprete, canonico e cancelliere vescovile, vescovo di Mantova, patriarca di Venezia, e nel 1904 fu eletto papa. Poliedrico nei suoi interventi ed interessi pastorali, avviò la riforma del Diritto canonico, del canto sacro, ripristinò l’età della prima Comunione e della prima Confessione dei bambini all’età dell’uso della ragione e promulgò il nuovo Breviario. La Chiesa lo ricorda per la sua santità di vita che supera di gran lunga la serie di interventi magisteriali che lo hanno reso famoso. P. Angelo Sardone

Rut e S. Bernardo, una singolare testimonianza di amore

«Dove andrai tu andrò anch’io; il tuo Dio sarà il mio Dio» (Rt 1,16). Il libro di Rut, uno dei più piccoli della Bibbia di appena 4 capitoli, fa parte della sezione ebraica degli “agiografi”. Era letto generalmente nella festa di Pentecoste. Narra la storia di Rut, una moabita, il cui nome significa “amica”. Alla morte del marito nativo di Betlemme, mentre sua cognata Orpa anch’essa vedova, assecondando l’insistenza di Noemi, la suocera comune, si accomiatò da loro e tornò nel suo paese, Rut decise di tornare con Noemi in Giudea. Le sue espressioni tenere e delicate evidenziano un amore grande ed un rispetto lodevole nei confronti della suocera il cui bene ritiene superiore a qualsiasi altro egoistico e ad una diversa sua realizzazione. Si trasferisce a Betlemme e, secondo la legge del levirato, sposa Booz, parente del marito. Da questa unione nasce Obed, futuro nonno di Davide. È un bellissimo testo che sottolinea il valore della Provvidenza di Dio e la sua misericordia anche su una persona straniera. Non è facile nella storia di sempre trovare esperienze simili corredate di affetto, di attenzione e cura di una nuora verso la suocera. Ciò sarà provvidenziale perché così Rut rientrerà nel piano genealogico che porta a Gesù. Oggi si celebra la memoria di S. Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), uno dei più grandi abati di tutti i tempi, dotto e santo, insigne cantore della Madonna, formatore di intere generazioni di Santi. Congiunse la quiete monastica con l’impegno pastorale nella soluzione dei problemi politico-religiosi del suo tempo. Il suo motto «Amo perché amo, amo per amare» lo accomuna a Rut in una esemplare testimonianza d’amore. P. Angelo Sardone

La figlia di Iefte: vittima di un crudele destino

«Figlia mia tu mi hai rovinato! Ho dato la mia parola al Signore e non posso ritirarmi» (Gdc 11,35). Uno dei Giudici minori fu Iefte, figlio di Galaad e di una prostituta. La storia che ruota attorno a lui ed al suo voto è davvero emblematica e significativa e lo assimila ai maggiori. Fu scelto da coloro che lo avevano prima ripudiato per via della sua situazione, e divenne condottiero per combattere gli Ammoniti. Per propiziarsi il Signore fece a Lui voto che al ritorno della disfatta dei nemici, chiunque di casa sua gli fosse andato incontro, sarebbe appartenuto al Signore e l’avrebbe offerto in olocausto. Malauguratamente la prima a presentarsi fu sua figlia, l’unica sua figlia, la quale assolutamente ignara della promessa del padre gli era andata incontro con tamburelli e danze per fargli festa. La disperazione del padre si espresse con drammatiche parole che si concretizzarono anche col drammatico gesto del suo sacrificio. Prima di questo il padre le spiegò il suo impegno col Signore e l’impossibilità di venire meno alla parola data. La fanciulla comprese e chiese solo di andare per i monti con le sue compagne a piangere la sua verginità. Infatti non aveva conosciuto uomo. Si tratta dell’unico caso nella Bibbia di sacrificio umano ultimato, vittima innocente di una ragione di stato. Il voto di Iefte non era strettamente necessario, né era espressione della fiducia totale in Dio, ma quasi a volerLo legare per la positiva conclusione della guerra. Si manifesta in ultima analisi come un atto superficiale ed idolatrico. La figlia piange la sua verginità nel senso che, offerta al Signore, non avrà la possibilità di essere feconda nella generazione di un figlio. Molteplici sono le considerazioni che si possono trarre. P. Angelo Sardone

La parabola degli alberi. Dio unico re in Israele

«Vieni tu, regna su di noi!» (Gdc 9,10). La condizione politica di Israele è quella di un popolo teocratico, cioè che ha Dio come unico Signore, unico vero re. Ciò lo distingue dagli altri popoli e l’esperienza dell’esodo lo conferma ampiamente. La collocazione nella Terra promessa lo incita però ad una sorta di conformazione agli altri popoli, lo induce a volere un proprio re. Si determina così un forte contrasto con la fede e l’abbandono fiducioso nell’unico Dio che è l’unico signore e il nuovo atteggiamento sa di prostituzione. Il Libro dei Giudici racconta l’evento tragico della faida familiare avvenuta dopo la morte di Gedeone. Un suo figlio, infatti, Abimelec, che non ha diritto di successione perché nato da una schiava, fa uccidere tutti i suoi settanta fratelli. Il più piccolo, Iotam, che scampa il pericolo perchè si è nascosto, come Gedeone si fa paladino dell’unica sovranità che spetta a Dio. Sul monte Garizìm proclama una significativa parabola. In essa, con l’ausilio di una intelligente simbologia agreste, induce il popolo a comprendere che non ha bisogno di essere guidato da un re umano, perché gode del sostegno e della supremazia di Jahwé. Gli alberi adoperati come immagine di stabilità e ricchezza, l’ulivo, il fico e la vite non vogliono rinunziare alle loro naturali potenzialità per governare sugli altri alberi. Il rovo spinoso è l’immagine più adatta a spiegare l’identità di Abimelec, il sanguinario dittatore che può portarli alla rovina. Qualunque potere non potrà mai eguagliare quello di Dio che non rende schiavi ed inebria con le lusinghe il popolo anche quando questi manifesta tutta la sua debolezza, la paura e l’inconsistenza di autonomia e saggezza. P. Angelo Sardone

Gedeone, il Giudice del vello

«Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo» (Gdc 6,16). Il quinto dei Giudici preposti da Dio per la salvaguardia del popolo di Israele fu Gedeone della tribù di Manasse, uomo forte e valoroso. Viveva ad Ofra nella Galilea. Le sue gesta sono riportate nei capitoli 6-8 dell’omonimo libro dei Giudici. A distanza di circa quarant’anni di pace, nell’altalena di una fede vacillante nei confronti di Jahwé e dei suoi comandamenti, Israele cade in disgrazia sotto gli attacchi furenti dei Madianiti e degli Amaleciti, popolazioni circostanti. In questo contesto attraverso un Angelo, il Signore si manifestò a Gedeone intento a battere il grano per sottrarlo ai Madianiti. Il dialogo intercorso

evidenzia lo sconforto suo e del popolo per la grave situazione dell’abbandono nelle mani dei nemici. Il Signore è deciso: «Va’ con la tua forza e salva Israele dalla mano di Madian. Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo». Pur nell’incertezza della fede, nonostante l’abbandono in Dio, Gedeone chiede un segno e si mette a disposizione per offrire ospitalità. Prepara un capretto col brodo e focacce non lievitate. L’Angelo del Signore con l’estremità del suo bastone tocca la carne e le focacce àzzime ed un fuoco proveniente dalla roccia li consuma. Il timore e la paura di avere avuto a che fare con Dio, sono attenuati dalle parole di Dio stesso che gli assicura che non morirà. Quando Dio si manifesta ed affida una missione particolare lo fa con interventi straordinari ed invita ad avere fiducia: tutto il resto lo farà Lui stesso. Bisogna crescere in questa consapevolezza ed affidarsi ciecamente a Dio. P. Angelo Sardone

I Giudici in Israele

«Gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Signore e servirono i Baal abbandonando il Signore» (Gdc 2,11). Il Libro dei Giudici documenta l’arco di storia biblica del popolo d’Israele, dal XIII secolo a.C. fino all’epoca della monarchia. I capi militari e spirituali che l’amministrano sono i Giudici, suscitati e sostenuti da Jahwé. Governano le Tribù liberandole dalle minacce dei popoli vicini mentre si consolida la presenza del popolo d’Israele nella Terra Promessa, circondata da nemici di ogni genere. Gli attacchi politici e devastatori dei popoli circostanti sono giustificati biblicamente dall’infedeltà del popolo facilmente attratto dai culti baalistici ed astartici. Quando il popolo si mantiene fedele le sue sorti sono positive e prolifiche. Quando invece è vistosamente infedele le sorti si rovesciano e cade in disgrazia di Dio. Piombano allora predatori e nemici che riducono il popolo di Israele all’estremo. Il Signore preso a compassione, suscita i Giudici. Si sviluppa però l’altalena della fedeltà: fino a quando il giudice era in vita il popolo si comportava bene ed era salvaguardato. Quando il giudice moriva, tornava a corrompersi più di prima, a seguire, servire e prostrarsi davanti ad altri dèi senza desistere da pratiche idolatre e dalla ostinata e ribelle condotta. Un ruolo pressocché analogo fu esercitato da S. Rocco di Montpellier (1350-1379), «un umile servitore di Gesù Cristo». Nonostante che la sua vita sia contornata da notizie frammentarie e leggendarie, è il santo più invocato dal Medioevo in poi, come protettore dalla peste. La sua popolarità rimane tuttora viva e la sua intercessione efficace anche in questa terribile pandemia del Covid19 e in quella più comune e corrente del peccato. Auguri a tutti coloro che ne portano il nome. P. Angelo Sardone

Maria Assunta in cielo, segno della gloria futura

«Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo» (Apc 11,10). La solennità dell’Assunzione di Maria, detta in Oriente “dormitio Virginis”, collocata liturgicamente a metà agosto è una delle feste mariane più antiche. Pio XII il 1° novembre 1950 ha dichiarato l’Assunzione dogma di fede, cioè verità rivelata. Maria, preservata dalla macchia di peccato, «terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo» (Costituzione apostolica Munificentissimus Deus). Questo mistero è anticipazione della risurrezione finale, primizia della Chiesa del cielo e segno di consolazione e di speranza per la Chiesa pellegrinante in terra. L’Assunzione di Maria non implica necessariamente la sua morte, ma neppure la esclude. Le attestazioni storiche e teologiche più significative partono dal VI secolo. «A Colei che nel parto aveva conservato integra la sua verginità è stato concesso di conservare integro da corruzione il suo corpo dopo la morte. Ciò a motivo di suo Figlio» (S. Giovanni Damasceno). Su questa grandiosa verità talora prende il sopravvento anche dal punto di vista terminologico ed augurale, il cosiddetto Ferragosto, cioè il giorno 15 di agosto. Esso designa le antiche “ferie di Augusto”, la festività istituita dall’imperatore Augusto il 18 a.C. per celebrare i raccolti, concludere i principali lavori agricoli e vivere un periodo di riposo. Nella mentalità comune anche tra i cristiani, Ferragosto sembra prevalere sulla festività liturgica mariana. Gli auguri che si sogliono fare sono infatti “Buon ferragosto” come a dire “buon quindicesimo giorno del mese di agosto” e non tanto “Buona solennità dell’Assunta”. C’è qualcosa da correggere. P. Angelo Sardone

Maria assunta in cielo

AMaria, la donna vestita di sole con la luna sotto i piedi, la corona di dodici stelle e gravida è il segno del cielo che si oppone al segno degli inferi, l’enorme drago rosso. Il bimbo da Lei partorito è la salvezza, la forza e la potenza di Dio: Gesù è primizia dei morti e primizia dei risorti, Colui che regna per mettere sotto i suoi piedi tutti i nemici, compreso la morte. Dalla bocca di Maria, benedetta tra le donne, donna di carità, chiamata beata da tutte le generazioni, sgorga il Magnificat, il cantico nuovo di gratitudine e di lode al Signore per le grandi meraviglie operate con la potenza del suo braccio. È Lui che disperde i superbi, ricolma di beni, rovescia i superbi ed innalza gli umili. Il suo soccorso è eterno ed adempie le attese del vecchio e del nuovo popolo d’Israele. Mai una sintesi così mirabile della misericordia e dell’amore di Dio è stata pronunziata da creatura umana. Dio l’ha assunta in cielo in corpo ed anima. P. Angelo Sardone

S. Massimiliano M. Kolbe: la coerenza e l’eroicità

«Noi serviremo il Signore, nostro Dio, e ascolteremo la sua voce!» (Gs 24,24). L’Assemblea di Sichem, a seguito della proposta di fede da parte di Giosuè al popolo d’Israele, ebbe la positiva ed unanime conclusione espressa con parole chiare di assenso: «Vogliamo servire il Signore!». Secondo il criterio biblico e letterario si tratta della formulazione di un patto tra Dio e le tribù di Israele, i capi, i giudici, gli scribi del popolo. Le esigenze del patto e la risposta del popolo sono espresse con il verbo “servire” e con gesti importanti come l’erezione di una pietra a testimonianza per le future generazioni. L’ingresso del popolo nella terra di Canaan avviene seguendo il patto formulato da Dio al Sinai ed ora rinnovato con un giuramento. Dio che è fedele chiede al popolo di distinguersi in analoga fedeltà. L’osservanza della Legge procura la vita, la disobbedienza, invece la morte. La volontà di Dio è il bene dell’uomo, si esprime in termini di felicità e può essere scelto dall’uomo in piena libertà. La vita del credente è un esodo verso la vera terra promessa. Nel cammino viene chiamato a ribadire la fedeltà agli impegni presi nel patto del Battesimo. Oggi ancor più di ieri, nel frastuono, nel trambusto e nella confusione dei valori per le variegate situazioni di vita, diviene difficile accogliere queste indicazioni e dare positivo assenso al patto. Una matura presa di coscienza ed una solida coerenza sostengono la comprensione e l’assunzione dei relativi impegni. Ne è prova la testimonianza cruenta del polacco Minore conventuale S. Massimiliano M. Kolbe (1894-1941), fondatore della “Milizia di Maria Immacolata” che ad Auschwitz, come oggi, offrì la sua vita in cambio di quella di un padre di famiglia, suo compagno di prigionia. Questo è autentico ed eroico servizio di fedeltà! P. Angelo Sardone

La memoria storica della Provvidenza di Dio

«Vi diedi una terra che non avevate lavorato, città che non avete costruito e frutti di vigne e oliveti che non avete piantato» (Gs 24,13). Nel corso dell’Assemblea di Sichem un dato importante è costituito dalla memoria storica raccontata da Giosuè. Il condottiero subentrato a Mosè, memore delle gesta operate da Dio, alcune delle quali da lui stesso vissute, rammenta al popolo la dovuta comprensione dei molteplici interventi di Jahwé perché il popolo possa raggiungere la Terra promessa. Tende inoltre a verificare i fatti non come frutto dell’impegno politico e guerriero del popolo e dei capi, ma come dono esclusivo di Dio e del patto stipulato con Israele. Partendo dai tempi antichi e da Terach, padre di Abramo quando ancora dimorava nella terra dei grandi fiumi della Mesopotamia e serviva altri dei, Giosuè enumera l’opera di Dio con Abramo, Isacco, Giacobbe ed Esaù, la cattività egiziana. Riconosce Mosè ed Aronne come i predestinati da Dio per l’esodo dalla schiavitù, la permanenza nel deserto e l’ingresso nella terra degli Amorrei, fino a Gerico. Il potere di Dio ha vinto tutti i popoli perchè cedessero il loro territorio al popolo le cui radici sono in Dio. Il Signore dimostra così che è tutta opera sua: è Lui che ha favorito l’insediamento del popolo d’Israele in una terra già lavorata, in città precedentemente costruite con vigne ed oliveti già piantati e coltivati. Israele comprende la lezione e non esita a dare il proprio completo assenso al Dio “sabaoth” vincitore delle schiere. Non si può e non si deve perdere mai la memoria storica e provvidenziale di quanto il Signore ha operato e continua a fare ogni giorno per ciascuno! P. Angelo Sardone