L’intercessione di Abramo

«Non la distruggerò per riguardo a quei dieci» (Gen 18,32). Si conclude con questa risposta di Dio la drammatica insistenza con la quale il patriarca Abramo, informato da Dio di ciò che sta per avvenire per Sodoma e Gomorra, supplica il Signore di non distruggere le due città corrotte moralmente. Mentre i due Angeli contemplano dall’alto le città ormai votate allo sterminio, il Signore rimane con Abramo che si fa interprete di una accorata preghiera di intercessione nel tentativo di non far perire i buoni insieme con i cattivi. Essendo segnata la sorte, il patriarca chiede con insistenza, anche col rischio di stancare la pazienza di Dio, se a causa della presenza in quelle città, prima di 50 persone giuste, scalando poi a 45, 40, 30, 20 fino a dieci, quel luogo sarà risparmiato. Oltre quel numero Abramo non osa scendere. Il dialogo è intenso: da una parte Dio misericordioso che accondiscende positivamente ad ogni singola richiesta dell’uomo, dall’altra Abramo che si fa interprete di una responsabilità collettiva dell’intera umanità a perorare la salvezza delle due città e degli abitanti, a motivo della presenza anche di pochi buoni. I profeti Geremia ed Ezechiele confermeranno in seguito che Dio sarà disposto a perdonare Gerusalemme anche se vi fosse un solo uomo giusto! Sappiamo che per Sodoma e Gomorra che si distinguevano nell’antichità per il gravissimo vizio contro la natura in abominio agli Israeliti e punito con la morte, non fu così. Furono distrutte insieme con l’intera valle, dal fuoco e dallo zolfo piovuti dal cielo. Nella storia e nel tempo si sono ripresentate situazioni analoghe di perversione. La pazienza e la misericordia di Dio sono state e continuano ad essere sempre grandi. P. Angelo Sardone

La fanciulla rediviva

La fanciulla si alzò e camminava. Aveva infatti dodici anni (Mc 5,42). L’evangelista Marco in un’unica sequenza racconta il duplice miracolo operato da Gesù sul litorale di Cafarnao a ritorno dalla traversata del lago, quasi a riprendere una attività lasciata sospesa: la guarigione della donna chiamata dalla tradizione “emorroissa” a causa delle continue perdite di sangue e la risurrezione della figlia di Giairo. Uno dei capi della locale sinagoga gli si getta ai piedi con un gesto che riconosce la grande autorità del Maestro ed invoca la salvezza della figlioletta ormai agli estremi. Mentre Gesù si muove per andare da lui, tra la tanta gente che lo circonda e lo segue, gli si avvicina fiduciosa l’emorroissa col desiderio di toccargli almeno il lembo del mantello e poter essere guarita. In effetti il contatto col mantello le procura la immediata guarigione. Timorosa ed impacciata per quel che è successo dinanzi a Gesù che aveva avvertito la forza risanante uscita da Lui, la donna gli confessa tutto: erano anni ed anni che lottava dietro i medici senza alcun risultato. Sopraggiunge la ferale notizia della morte della bambina, ma ciò non impedisce a Gesù di andare a casa del dignitario religioso insieme con i tre fidati Apostoli. Entra nella camera ardente ed ingiunge alla fanciulla morta di alzarsi dicendole in aramaico: «Talitha kumi», cioè «Fanciulla, alzati». Ed il miracolo si compie. Marco annota come entrambi i casi hanno in comune il numero dodici: tanti gli anni della malattia della donna, tale l’età della bimba. Forse non si tratta di una casualità data la frequente ricorrenza di questo numero nelle pagine bibliche. Il suo significato con multipli e derivati, sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento fa riferimento alla pienezza. Ogni incontro con Cristo ed ogni suo intervento porta sempre la pienezza in guarigione, gioia, stupore, vita nuova. P. Angelo Sardone