A Dio nulla sfugge

329. «Nessun pensiero gli sfugge, neppure una parola gli è nascosta» (Sir 42,20).

Nel far memoria delle opere del Signore che si possono contemplare nella creazione, Ben Sira descrive con linguaggio umano la realtà creata e la potenza di Dio manifestata nella natura. La Parola di Dio è creatrice e la creazione obbedisce in pieno alla volontà del Creatore. Le sue opere sono amabili e la sua grandezza si può appena osservare come fosse una scintilla. La riflessione sapienziale è un inno alla gloria di Dio e si sofferma particolarmente sul Suo agire che parte dalla conoscenza che Egli ha della scienza e della rivelazione che fa delle tracce nascoste delle cose. Niente gli sfugge e nulla gli è nascosto. Tutto è disposto con ordine e precisione: ogni cosa è diversa l’una dall’altra e nessuna è stata fatta invano. L’uomo guarda il mondo e lo considera nella ricchezza delle leggi della natura dove nulla è incompleto. Il mistero della vita, i misteri della natura, oggetto della costante ricerca conoscitiva dell’uomo, restano pur sempre celati alla mente perché sono nelle mani di Dio: ci accostiamo a tentoni e non sempre la scoperta è precisa. La verità tutta intera appartiene a Dio ed è rivelata dalla presenza e dalla potenza dello Spirito Santo, come ha insegnato Gesù. A Dio tutto è noto: non gli sfuggono pensieri e parole. Egli è onnisciente. Nella Chiesa sin dai primi secoli, questo testo era forse adoperato come una sorta di catechismo nella istruzione dei catecumeni ed anche come libro liturgico molto in uso. I concetti espressi stimolano la riflessione per la conoscenza del mistero di Dio, con l’apporto adeguato della scienza teologica. P. Angelo Sardone

La perseveranza

«Ricompensa coloro che perseverano in te» (Sir 36,15). Nella seconda parte del suo libro di natura didattico-sapienziale, Gesù Ben Sira inserisce una preghiera di liberazione e di rinascita di Israele. Essa rivela profondamente i sentimenti del popolo ebreo che, intorno al 190 a.C. si sta preparando alla rivolta nazionale dei Maccabei. Antecedendo l’inno conclusivo dell’intero libro, la preghiera riporta evidenti connotazioni messianiche che contrastano in un certo senso con una apparente mancata speranza nella salvezza futura. La situazione del popolo è umiliante ma tranquilla. Continua comunque a sperare in una futura liberazione, ricompensa certa alla fedeltà alla Legge, nonostante la persecuzione del re Antioco IV Epifane, eccentrico e capriccioso, che si renderà protagonista di una sanguinosa severità anche verso gli Ebrei depredando il tempio di Gerusalemme. In Israele, comunque, si manterranno isole fedeli di credenti, tra i quali più tardi potrà attecchire la predicazione di Gesù. La ricompensa è promessa ed attuata con coloro che sperano e perseverano nella fedeltà a Dio ed alla sua legge. Ricompensa e perseveranza sono termini cristiani ed evangelici che fanno parte della gestione ordinaria della vita. Sono adoperati da Cristo nella sua predicazione ed affidati alla ricezione adeguata di coloro che camminano nella via del Signore. La perseveranza tante volte è minata dalla mancanza di speranza e dalle contraddizioni della vita. La ricompensa è assicurata già nel segreto della propria coscienza e si moltiplica a dismisura in base a come con generosità, impegno e fiducia, ciascuno vive ed opera. P. Angelo Sardone

«Dà all’Altissimo secondo il dono da lui ricevuto» (Sir 35,9).

Questa massima è contenuta nel libro del Siracide, detto anticamente Ecclesiastico perché in uso nella Chiesa. Risale al 180-190 a.C. e si compone di 51 capitoli e prende il nome da Gesù figlio di Sira. Affronta temi disparati come piccoli quadri che raggruppano sentenze e brevi massime. Dio è grande nell’amore e nel riversare sui suoi figli molteplici doni di natura e di grazia. Noi li chiamiamo talenti. Essi giovano alla piena realizzazione dell’uomo e permettono di servire Dio ed il mondo mettendo a frutto capacità ed ingegno collaboranti nel perfetto adempimento della volontà di Dio sull’uomo e sulla natura. I doni di grazia provengono dai Sacramenti ed alimentano la vita di Dio in noi attraverso la Grazia santificante che manifesta la presenza di Dio in noi e procurano il vero bene. I doni di natura elargiti misteriosamente da Dio secondo il suo piano di salvezza su ciascuno, nobilitano l’uomo e lo responsabilizzano nell’esercizio di un ministero che dà significato e valore alla sua vita ed alle sue opere. I doni devono essere messi a disposizione, trafficati, non possono essere conservati o messi a deposito. In un certo senso vanno ridati a Dio dopo essere passati attraverso il loro esercizio e la loro funzione. La lezione evangelica è forte ed esaustiva per far comprendere che quanto non viene esercitato e fatto fruttificare, viene tolto e dato a chi è più meritevole. Occorre dare a Dio ciò che è suo: il tempo, la gloria, il servizio, la lode. Sono tutte realtà che si sperimentano e che devono essere sempre presenti nell’offerta giornaliera. Dio ricompensa abbondantemente con fiumi di grazia e di benessere anche materiale. P. Angelo Sardone.

Maria Madre della Chiesa

«Io porrò inimicizia fra te e la donna, questa ti schiaccerà la testa» (Gen 3,15). Il progetto di amore di Dio infranto dalla colpa originale dei primogenitori trova immediatamente la soluzione con l’annuncio della salvezza che sarà operata da Cristo, l’unigenito Figlio di Dio e seconda persona della Santissima Trinità. La sua venuta sulla terra avverrà attraverso i parametri naturali: nascerà da una donna ma per opera della potenza di Dio e del suo Spirito. Maria di Nazaret fin dall’eternità è al centro di un meraviglioso progetto di dono, di sconfitta del maligno, di guida e maternità incomparabile nei confronti del Figlio e nei confronti della Chiesa, eletta creatura sgorgata dal costato aperto di Cristo sulla croce. La sua costante presenza nella vita e nell’opera di Gesù, continua nella vita della Chiesa sin dai suoi primi passi. Ella è madre delle membra di Cristo (S. Agostino) nato come capo e generato nel corpo (S. Leone Magno): quindi è Madre di Cristo e Madre delle membra del suo corpo mistico che è la Chiesa. Il titolo di Maria «Madre della Chiesa, da sempre caro al popolo di Dio e ricorrente nelle considerazioni dei Padri sulla maternità divina di Maria, fu dichiarato con la sua autorità apostolica da S. Paolo VI il 21 novembre 1964, a conclusione della terza Sessione del Concilio Vaticano II. S. Annibale M. Di Francia la definisce tale nella prima celebre preghiera per le vocazioni, il 1880. Papa Francesco ha voluto la memoria liturgica obbligatoria il lunedì successivo alla solennità di Pentecoste per favorire la crescita del senso materno della Chiesa e la genuina pietà mariana. La ricorrenza conferisce ulteriore intensità al mese mariano P. Angelo Sardone

Pentecoste

. «Apparvero lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo» (At 2,3-4). La festa della Pentecoste richiama etimologicamente il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua. La ricorrenza ebraica, detta anche Festa delle settimane, celebrava il dono della Legge a Mosè sul monte Sinai, ricevuto il terzo mese dall’uscita dall’Egitto. Il conteggio dei giorni ricalcava la tradizione degli Esseni che li contavano a partire dall’ottava di Pasqua. Lo storico ed evangelista Luca documenta che a Gerusalemme vivevano e in quel giorno erano anche convenuti per la festa, Giudei di tutte le nazioni del mondo che parlavano lingue diverse, una presenza universale. Al compiersi della festa che, secondo la consuetudine ebraica cominciava al calar del sole del giorno prima, mentre erano le 9 del mattino, lo Spirito Santo discese sugli Apostoli e Maria rinchiusi nel Cenacolo. La manifestazione è tipica delle teofanie: rumore, vento impetuoso, fuoco che questa volta va a posarsi come lingue sul capo di ciascuno. Il risultato è sorprendente: cominciano a parlare lingue diverse sotto l’azione dello Spirito. È il fenomeno cosiddetto della “glossolalia”: ciascuno li sentiva parlare nella propria lingua e proclamare le grandi opere di Dio. L’evento si ripeterà più volte nel corso della narrazione lucana. Tutti erano stupiti e coinvolti positivamente in un avvenimento completamente fuori dell’ordinario per la sua portata e le sue conseguenze. Eppure, gli Apostoli non erano ebbri di vino ma esecutori di quanto già previsto nella Scrittura dal profeta Gioele. Da allora la Chiesa, creatura di Gesù, è guidata e governata dallo Spirito Santo che illumina, dà vita e dirige alla pienezza di Dio e del suo Cristo. P. Angelo Sardone